Lei – parlo di Hrc – è diversa da Trump… non meglio
recensione a «Hillary Clinton regina del caos» di Diana Johnstone, una lettura indispensabile per capire il disastro Usa che verrà
«Uno», nel senso di uno qualunque, si risveglia da un coma decennale (metafore a parte, può capitare) e scopre che Trump non è solo il presidente degli Usa – roba vecchia – ma imperatore del mondo. «Uno» scappa in un bosco ma avrà uno choc ancora più atroce…
Siamo in una delle geniali «Storie e Notizie» – Se Trump diventa presidente: il regno di Trump – di Alessandro Ghebreigziabiher: lettura che vi consiglio assai.
Questa di Trump presidente è la possibile “cattiva notizia” del futuro prossimo. Per abitudine discorsiva adesso vi aspettate che qui si prosegua con la “buona notizia” magari rivestita di leggera ironia: sono davvero spiacente di comunicarvi che Hillary Clinton è pericolosa (“diversamente” catastrofica) quanto Donald Trump.
Per quel poco che contano i presidenti degli Usa – dovreste ormai sapere che non sono loro a prendere le decisioni importanti ma “la macchina” che li controlla – che vinca Trump o Clinton ci aspettano 4 anni d’inferno con minime varianti.
Alcune pessime cose sapevo di Hillary Rodham in Clinton., d’ora in poi Hrc per brevità. Molte altre “pessimissisime” informazioni le ho apprese leggendo «Hillary Clinton regina del caos» di Diana Johnstone, pubblicato da Zambon – 248 pagine per 15 euri – nella traduzione di Cristiano Screm. Un libro indispensabile. Pieno di informazioni preziose su quello che Hrc dice, su quello che ha fatto come Segretario di Stato, su chi la consiglia e chi la finanzia.
Fin dall’inizio Diana Johnstone ci invita a non credere nella stantia recita della “libertà” di scegliere solamente fra il «Poliziotto Cattivo», cioè il Partito Repubblicano, e il «Poliziotto Buono», cioè il partito Democratico. «Entrambi recitano la loro parte» ma sono soggetti a «miliardari e lobby».
Come si è comportata HRC in Honduras nel 2009, appoggiando il golpe, basterebbe già a far capire cosa intende Diana Johnstone chiamandola «regina del caos», abile sostenitrice dell’«ordine distruttivo esistente». Ma tutto il libro documenta, in modo implacabile, che «la politica estera di Hillary Clinton equivale all’applicazione al mondo intero di una Dottrina Monroe su vasta scala». Senza dimenticare i molti modi in cui gli Usa «manipolano le Nazioni Unite» o l’utilizzo degli alleati-servi.
Il secondo capitolo del libro – «Manipolazioni multiculturali» – è quello che si presta maggiormente ad aprire una discussione. Da una parte l’autrice mostra benissimo «la cortina di fumo ideologica», il costante uso dei due pesi e delle due misure nei giudizi degli Usa, la costante cooptazione di parte della «società civile» (in ogni Paese) nella sfera d’influenza statunitense; e per inciso le miserie dell’Europa e la sparizione della sinistra. Dall’altra parte il modo in cui la propaganda sulle libertà religiose e sulle identità sessuali (che gli Usa hanno “scoperto” da poco in casa loro) viene macinata nel tritacarne della globalizzazione made in Usa – a volte con clamorosi contraccolpi – viene analizzato da Diana Johnstone con una lucidità e profondità del tutto controcorrente. Oggi gli Usa predicano la necessità di intervenire in alcune zone del mondo per prevenire «genocidi». Che a decidere cosa è un genocidio siano gli Usa che hanno preferito non vedere cosa accadeva in Ruanda e Congo (e prima hanno ucciso milioni di vietnamiti, ricorda Johnstone) è assurdo; basta grattare un po’ la polvere della propaganda per vedere che agli Stati Uniti interessa intervenire solamente dove ci sono ricchezze da controllare o potenziali avversari economici da distruggere.
Il terzo capitolo racconta e analizza la Clinton che da donna tradizionale (e dunque poco apprezzata dai militari) deve costruirsi l’immagine di aggressiva, disposta a tutto, amante delle armi. Impressionante l’analisi dello «smart power» come elaborato da HRC nel suo libro «Scelte difficili» e poi nella pratica da Segretario di Stato. Di certo spiacerà a chi sostiene Amnesty International ma bisogna prendere molto sul serio quanto qui documenta Diana Johnstone su come gli Usa, attraverso Suzanne Nossel, abbiano controllato la sezione statunitense di Amnesty nonché Human Rights Watch: intrecci poco conosciuti… o per meglio dire notizie censurate. Un discorso analogo per Avaaz, «l’associazione che organizza proteste on-line», e forse per il teorico della nonviolenza Gene Sharp: vengono riciclati dagli interessi Usa senza colpa o sono in qualche modo complici?
Il quarto capitolo è sul ciclo di guerre della “famiglia Clinton” nell’ex Jugoslavia. Il quinto sulla Libia, «una guerra tutta per lei» cioè per HRC. Il sesto capitolo si intitola con un eufemismo «Non capire la Russia» ma forse avrebbe potuto chiamarsi «La nuova guerra che gli Usa e la Nato stanno preparando». Sempre documentatissimi, questa è la forza della Johnstone.
L’ultimo capitolo – «Il partito della guerra» – è quasi un riassunto di clichè, bugie, arroganze che dominano le scelte politiche di HRC. Invece della Clinton guerrafondaia servirebbe un «partito della pace». Meglio se «apartitico e trasversale» suggerisce l’autrice.
E vale citare le frasi finali del libro: «Gli Stati uniti non possono continuare a dominare il mondo. La domanda è: possono gli Stati Uniti dominare se stessi? Il buonsenso è antico e semplice. Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza. Questo è un insegnamento che quasi chiunque dovrebbe essere in gradi di capire».
Un paio di notarelle a margine.
Ho scritto prima che i presidenti Usa sono controllati da una “macchina”. Se vi state chiedendo quando è successo posso indicare due date simbolo: il 14 aprile 1950 accadde un “fattaccio” e il 17 gennaio 1961 qualcuno se ne preoccupò. Come ricorda Diane Johnstone fu sotto Harry Truman il 14 aprile 1950 che arrivò «NSC-68» cioè il documento 68 del Consiglio di Sicurezza Nazionale (leggete a pagina 28 e seguenti perché rappresentò la svolta) mentre il presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower – un generale non un frikkettone – nel suo discorso d’addio alla presidenza, appunto il 17 gennaio ’61, denunciò i pericoli del Mic cioè del «complesso militare-industriale»
Pur preziosissimo per le ragioni che ho spiegato, il libro della Diana Johnstone ha un difettuccio che non voglio tacere. Qualche volta liquida le possibili obiezioni in modo sbrigativo, oppure schematizza troppo (a esempio nel paragone fra anarchici e capitalisti del secondo capitolo) o elude la scarsa credibilità democratica di Russia o dell’Ex Jugoslavia. Provo a spiegarmi bene: non è dubitabile che il democraticamente eletto Putin (un voto regolare come quello di Obama) faccia ammazzare giornalisti scomodi ma questo non giustifica l’aggressione Usa alla Russia. In un libro così ponderato ci sono però frasi davvero infelici: «i musulmani di Bosnia decisero di interpretare la parte delle vittime per eccellenza» per dirne una. Sono difetti gravi ma “minori” in questo contesto perché il cuore del libro è altrove e perché non inficiano tutto il resto; ci tenevo però a dire il mio disaccordo su alcuni contenuti e sullo stile a volte “sbrigativo”.
Come concludere?
Pur se annuncia un incubo, o proprio per prepararsi a esso, secondo me bisogna leggere e meditare «Hillary Clinton regina del caos». Continuare a illudersi è insensato, tanto più dopo le delusioni di Obama. Mentre scrivo sembra che saranno loro due – Donald e Hillary come affettuosamente li chiamano i media – a “correre” per la carica di presidente. Grandi cambiamenti starnazzano i sedicenti esperti. In effetti Trump rappresenta la novità del primo “tizio” (è un miliardario, però) che travolge la macchina di un partito mentre HRC sarebbe la prima donna alla Casa Bianca, come Obama è stato il primo presidente “afro”…e si è ben visto il quasi nulla che ha fatto in politica interna e i disastri all’estero. Che poi, dietro i lustrini o le bravate, le scelte politiche di democratici e repubblicani siano le stesse – cioè orribili – di sempre o peggio… non interessa ai leccaculo degli Usa. Ci aspettano 4 anni terribili soprattutto se a livello mondiale non nascerà un vero, forte movimento contro il nuovo imperialismo.
Possibile dubbio: anche Bernie Sanders è solo sceneggiata? Lì effettivamente una novità esiste: rimando anche a Il fenomeno Sanders: cosa significa e dove va? qui in “bottega”. Se, da perdente per la carica delle presidenziali, Sanders potrà “sconvolgere” il Partito Democratico nel prossimo quadriennio o se lo ammazzeranno prima (come nella “migliore” tradizione degli Usa) lo vedremo. Sappiamo bene che c’è comunque un’altra America che lotta contro l’Amerika. Non si tratta di essere “antiamericani” ma contro il capitalismo e contro l’imperialismo incarnati in quel complesso militar-industriale che tutti e tutto vuole stritolare sotto il suo dominio.