Lenin prende per tempo le distanze da Stalin
Il Partito, salvo Trotsky, non l’ascolta.
Da: Pierre Broué, Storia del Partito Comunista dell’URSS (Sugar Editore, 1966, pag 201-203)
Lenin e l’ascesa dell’apparato
Tornato all’attività politica dopo il primo attacco, Lenin concentra la propria attenzione sul problema dell’ascesa della burocrazia, da lui già accusata durante la progressiva ripresa di contatto con la vita politica. Dolendosi delle «menzogne e delle vanterie comuniste» che gli fanno «atrocemente male al cuore», cerca tra i compagni di lotta l’alleato e il confidente di cui ha bisogno prima di ogni offensiva. Secondo Trotsky, è a lui che Lenin propone, nel novembre, «un blocco contro la burocrazia in generale e contro l’ufficio organizzazione in particolare. » Il 14 dicembre, Lenin ha un secondo attacco che lo lascia semiparalizzato. Il giorno 15 detta una nota che rimarrà come suo testamento: il testo, pubblicato nel 1925 per interessamento di Max Eastman, verrà a lungo denunciato come un falso dai dirigenti russi, prima di venir convalidato nel 1956 da Krusciov, con l’esito che si sa. In esso Lenin commenta qualità e difetti dei principali dirigenti bolscevichi, prevede la possibilità di un conflitto tra Stalin e Trotsky, consiglia di evitarlo, senza peraltro suggerire soluzioni.
Nei giorni successivi Lenin subisce un autentico choc: la rivelazione degli avvenimenti accaduti in Georgia. L’Armata Rossa era entrata in Georgia nel 1921 per sostenere un’«insurrezione» bolscevica. La resistenza alla dominazione russa è viva e nasce da un sentimento nazionale molto vivo tra i comunisti georgiani. Nell’estate 1922, si ribellano al progetto del commissario alle nazionalità, Stalin, che prevede la formazione di una repubblica federale che comprenda la Georgia, l’Armenia e l’Azerbagian, destinata ad aderire all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, allo stesso titolo della RSFSR, la Bielorussia e l’Ucraina. Il 15 settembre il Comitato Centrale del Partito Comunista Georgiano prende posizione contro il progetto, sostenuto da Ordzonikidze, segretario dell’ufficio regionale della Transcaucasia. La protesta presso Lenin di Budu Mdivani, dirigente del Partito Comunista Georgiano, provoca un primo urto tra Stalin e Lenin che lo accusa di essersi mostrato «troppo frettoloso». Ma alla metà di ottobre, quando il Comitato Centrale del partito russo approva il piano di Stalin, i comunisti georgiani, nonostante l’appello di Lenin alla disciplina, rifiutano di piegarsi. Ordzonikidze, da Riflis, tenta allora di annullare la loro resistenza con i sistemi messi a disposizione dall’apparato e costringe il Comitato Centrale georgiano a dimettersi. L’operazione, probabilmente ispirata da Stalin, della quale Ordozonikidze è soltanto l’esecutore, viene condotta risolutamente, con ricorso alla repressione poliziesca e alla violenza. Gli appelli dei comunisti georgiani provocano la costituzione di una commissione d’inchiesta presieduta da Dzerdzinsky: la commissione darà carta bianca all’azione condotta da Ordzo-nikidze. Allontanati dall’ufficio organizzatore, separati dalla loro organizzazione, i dirigenti georgiani riescono tuttavia a raggiungere Lenin e a presentargli un dossier schiacciante sull’azione intrapresa contro di loro in Georgia da Stalin e Ordzonikidze.
Lenin scopre all’improvviso la portata del danno e se lo rimprovera in termini per lui inconsueti: «Credo di essere terribilmente colpevole nei confronti dei lavoratori russi per non essere intervenuto abbastanza vigorosamente e radicalmente in questa questione». Le «potenti forze che sviano lo Stato sovietico dalla giusta strada devono essere identificate: esse emanano da un apparato che ci è del tutto estraneo e che rappresenta un miscuglio di sopravvivenze borghesi e zariste», «appena appena coperto da una vernice sovietica». È questo che respinge nuovamente il paese in un «pantano di oppressione». Contro Stalin, da lui indicato in maniera eloquente nella discussione del caso georgiano, Lenin ha parole molto dure: «II georgiano che considera con disdegno questo aspetto della questione, che lancia sdegnose accuse di «socialnazionalismo» (mentre lui stesso non soltanto è un vero, un autentico socialnazionalista, ma anche un brutale aguzzino) questo georgiano attenta in realtà alla solidarietà proletaria di classe».
Queste frasi vengono dettate da Lenin il 30 dicembre. Il 4 gennaio egli aggiunge nel suo testamento il poscritto su Stalin denunciandone la brutalità e raccomandando di escluderlo dalla segreteria. In seguito Lenin rende pubblico il suo attacco trattando in un articolo apparso sulla «Pravda» del 23 gennaio le «insufficienze della Ispezione Operaia e Contadina», il settore di Stalin, al quale aveva già rimproverato, in una lettera scritta nel settembre 1921, di cercare di «prendere» o «smascherare» le persone piuttosto che «migliorarle». Il 6 febbraio uscirà un nuovo articolo sulla questione — l’ultimo articolo di Lenin — intitolato Meglio meno ma meglio. Accusa Stalin, sempre senza nominarlo: «Le cose sono ripugnanti, con l’apparato di Stato», «non c’è peggiore istituzione dell’Ispezione». Bisogna distruggere «la burocrazia, non soltanto nelle istituzioni sovietiche, ma nelle istituzioni del partito». Per tutti i lettori attenti della «Pravda», questa è una bomba: Lenin denuncia pubblicamente Stalin. Trotsky è il solo ad aver dato un resoconto delle esitazioni, ben comprensibili, dell’ufficio politico, nel pubblicare questo articolo. Kuibjscev avrebbe persino proposto di stamparlo in un unico esemplare destinato a tacitare il malato. Ma la complicità degli altri non è garantita. Lenin, d’altronde continua i suoi attacchi: il rapporto Krusciov ha definitivamente confermato, oltre che precisato, il resoconto fatto due anni più tardi da Kamenev e Trotsky circa l’incidente sopravvenuto, tra Stalin e la Krupskaja che costringe Lenin a indirizzare, nella notte dal 5 al 6 marzo, una lettera di rottura a Stalin. Il giorno 9 Lenin subisce un terzo attacco, che lo priva definitivamente della parola. Il partito bolscevico viene privato del suo capo nel momento in cui, più che mai, ne avrebbe bisogno: il paese è scosso da una grave crisi economica, la Germania è sul punto di veder scoppiare la rivoluzione così a lungo attesa. Lenin è in agonia.