L’estrazione mineraria sulla pelle delle donne
In tutta l’America latina, a partire dal Perù, le donne sono in prima fila contro le multinazionali minerarie, ma sempre più oggetto della criminalizzazione e della violenza.
di David Lifodi
foto tratta da http://defensorasnoestansolas.com
Mujeres y conflictos ecoterritoriales è un libro scritto da Rocío Silva Santisteban che racconta quanto sia devastante, soprattutto sulla pelle delle donne, l’estrattivismo minerario. Secondo i dati riportati dall’autrice, nel periodo 2003-2017 sono state criminalizzate 102 donne e il 10% del totale dei morti provocati dall’industria mineraria è di genere femminile.
Le comunità indigene e contadine che in tutto il continente latinoamericano lottano contro le miniere a cielo aperto sono costrette a fare i conti con un impatto devastante a livello economico, sociale, ambientale e culturale. In più, le donne devono fare i conti, loro malgrado, anche con violenze di natura fisica e sessuale. Sotto quest’ultimo aspetto, tra i casi più preoccupanti vi è quello peruviano. La multinazionale britannica Rio Blanco Copper S.A., dopo una lunga battaglia giuridica, è stata costretta a concedere almeno un indennizzo ad un gruppo di 32 contadini (tra cui donne) che nel 2005 erano stati torturati all’interno della sua sede. Sempre in Perù, durante la dura opposizione delle comunità al progetto Conga, quello che ha fatto registrare nel corso degli anni le maggiori proteste, più volte la polizia nazionale, inviata dallo Stato contro i suoi stessi cittadini su indicazione delle imprese minerarie, si è rivolta alle donne che protestavano insultandole con i peggiori appellativi e con un repertorio tipicamente machista.
Il progetto Conga dell’impresa mineraria Yanacocha, la più grande miniera d’oro dell’intera America latina, situata nel dipartimento peruviano di Cajamarca, è stato quello che ha provocato il maggior numero di morti e feriti secondo la Coordinadora Nacional de Derechos Humanos, la quale indica le forze armate come le maggiori responsabili delle violenze contro le donne. “L’universo femminile non solo è denunciato e perseguitato, ma anche oggetto di una violenta campagna mediatica che le mette permanentemente sotto accusa”, spiega l’avvocata Mirtha Vázquez, impegnata a tutelare legalmente le lottatrici sociali in Cajamarca, contro le quali, negli ultimi anni, le denunce sono cresciute del 30%.
Di recente Emperatriz Bolaños, una delle leader più in vista contro Yanacocha, è stata detenuta arbitrariamente dalla polizia, nonostante fosse lei ad aver bisogno di protezione a causa delle minacce ricevute. Prima le hanno ucciso i suoi cani come avvertimento, poi, pochi giorni dopo, ha trovato un messaggio anonimo in cui era scritto: “La pallottola costa un sol, abbiamo già ammazzato i tuoi cani e adesso proseguiremo con te e con i tuoi figli”. Tra coloro che hanno criticato maggiormente il progetto Conga anche Sara Guerra, che per questo motivo ha perso il suo lavoro all’Istituto nazionale di statistica nel 2012 e da allora sta incontrando enormi difficoltà nel trovare una nuova occupazione. Eppure il clima ostile non è riuscito a fermare le donne, sempre più in prima fila nelle lotte per fermare l’estrazione mineraria, forti anche dell’esempio di Máxima Acuña. Quest’ultima è stata assolta dalla Sala penale di appello di Cajamarca per l’accusa di usurpazione della terra mossa dalla stessa Yanacocha, che pretendeva di espropriare terre di sua proprietà nella Laguna Azul. La donna nel 2016 è stata insignita del Goldman Environmental Prize.
Nello scorso mese di aprile la polizia peruviana e funzionari dell’impresa mineraria svizzera Glencore, una delle maggiori produttrici di rame a livello mondiale, hanno effettuato una vera e propria irruzione nella comunità di Alto Huarca en Espinar (Cusco) insultando e picchiando le donne alla guida delle proteste contro l’estrazione mineraria. Ormai la polizia si è trasformata nel braccio armato delle multinazionali minerarie con il beneplacito dello Stato peruviano, che pure nel 2016 aveva lanciato il Plan nacional contra la Violencia de Género, in teoria dedicato anche a prevenire la violenza di genere nei conflitti ecoterritoriali.
Infine, in un contesto in cui lo Stato non solo risulta assente, ma non intende tutelare in alcun modo il diritto alla salute ambientale, le imprese talvolta hanno buon gioco nel dividere la comunità, promettendo cibo e altri favori a coloro che si dichiarano disponibili a propagandare la causa dell’estrazione mineraria, allo scopo di corrompere le autorità comunitarie, distruggere l’equilibrio su cui si fondano e alterare profondamente il tessuto sociale di quelle zone divenute terra di estrazione mineraria. Spesso, infatti, finisce per dilagare il consumo di alcool e vi sorgono veri e propri postriboli per gli operai al servizio dell’industria mineraria, peraltro a loro volta sfruttati e senza alcun diritto.
Come si può facilmente immaginare, anche in questo caso a farne le spese sono le donne, ma finché la polizia, protetta dallo Stato, si potrà permettere di urlare matamos las cholas difficilmente per loro cambierà qualcosa.