Bombardamenti sulla Siria: lettera a Fouad Roueiha

di Karim Metref

Risposta a un post di Fouad Roueiha messo su Facebook:

Caro Fouad,
FouadHo letto con molto interesse la tua lettera a chi si oppone ad un eventuale intervento militare Nato in Siria. Prima di tutto voglio dirti che mi dispiace tanto e che capisco il tuo dolore e le tue paure. Le capisco più di molti perché le ho già vissute. Ma ti devo dire che anche io sono uno di quelli contro l’intervento militare. Forse non in chiave vetero staliniana … ma, contro, lo sono e con forza e cerco di spiegarti le mie ragioni senza giudicare la tua posizione né quella di qualcun altro. .
Per quelli che, in opposizione al campo dei cattivi, considerano che Assad sia dalla parte dei buoni ho dedicato vari interventi per dire che la cosa non è così semplice. Uno di questi, in chiave ironica l’ho scritto per descrivere l’imbarazzo di tutti di fronte alle manifestazioni di Piazza Taksim e Gezi Park. Una presa in giro sia di chi scrive quello che le forze della Nato vogliono, sia di chi non pensa con testa propria ma aspetta quello che diranno gli stati occidentali per essere contro come nella buona vecchia guerra fredda.
L’ottusità e la testardaggine dei vecchi “tovarish” è un conto, l’accettare le bombe come mezzo di gestione dei conflitti è un altro. Io non sono pacifista o “pacifinto” come hai scritto. Mi considero Nonviolento e voglio credere che la violenza non sia il rimedio per i mali dell’umanità.
Eppure una situazione molto simile a quella che vive oggi la Siria, io l’ho vissuta in diretta, preso in mezzo ad un regime corrotto e criminale e una opposizione ancora più criminale. Io ce l’ho fatta ma ho visto tanti amici e compagni cadere intorno a me di quelli che come me non volevano sostenere né la pesta né il colera. Ma anche tanti altri esseri umani di tutte le età che non avevano nemmeno idea di chi li uccideva e del perché. Questo per dirti che quello che tu senti oggi, io l’ho vissuto. Non l’ho solo sentito raccontare.
In un dibattito sulla Siria, un po’ di mesi fa, avevo proposto questa bozza di piattaforma per una dichiarazione comune. Nessuno sostegno a Assad e alle sue forze criminali. Ma nemmeno un sostegno incondizionato alle forze dell’opposizione.
Tu chiedi alla gente: dov’era quando Assad massacrava la sua gente? Io ti chiedo: dov’era chi vuole oggi bombardare? Dov’era quando l’opposizione democratica tentava di creare una iniziativa di dialogo e di negoziato? Perché nessun dollaro andato ai gruppi armati è andato alle iniziative di pace?
Vuoi sapere dov’era la gente quando Assad massacrava. Ebbene era esattamente laddove eravamo io e te quando Saddam massacrava i suoi. Dove eravamo quando Gheddafi massacrava i suoi. Eravamo a chiederci, a cercare di capire qualcosa a pensare, a sentirci impotenti… Hanno fatto quello che io e te abbiamo fatto nel caso dell’Iraq e forse anche della Libia (non mi ricordo bene, ma mi sembra che non eri molto favorevole alle bombe di Sarkozy e Cameron. O sbaglio?). Ti ho conosciuto negli ambienti anti-guerra. Credo che prima che tocchi direttamente ai tuoi cari, abbiamo avuto più o meno le stesse posizioni.
Ma non è per criticarti. Lo capisco benissimo. Una discussione simile ho avuto con molti amici iracheni all’epoca dell’intervento nel loro paese. Poi con Farid Adli nei giorni dell’intervento in Libia. Farid anche lui era un fervente oppositore all’intervento in Iraq. Ma smisi di parlare con lui di questo quando disse in un dibattito tra lui e me su Radio Popolare che i carri armati di Gheddafi erano a 100 metri dalla casa dei suoi… Io che conosco l’angoscia di sapere che gli assassini sono a pochi passi dalla tua famiglia, non potevo andare oltre. Non si può pretendere da nessuno di accettare tale paura senza reazione fosse anche violenta. Io ho rispetto per le sue paure e per il suo dolore proprio perché so di che si tratta. E così rispetto anche le tue.

Però mi chiedo: quante volte dovremo vivere questo stesso incubo prima di capire che le bombe non hanno mai risolto niente? Non l’hanno fatto in Afghanistan. Non l’ha fatto in Iraq. Non l’ha fatto in Libia. I 3 paesi sono ancora ridotti a una specie di Mad-Max orientaleggiante dove il territorio rurale è controllato da varie milizie etnico-confessionali e le città sono in mano a delle mafie nominate dalle multinazionali occidentali.
La bilancia delle forze militari pende decisamente dalla parte dei cattivi (Assad e gruppi integralisti), le forze democratiche non pesano niente nel conflitto armato. Anche perché non le sostiene nessuno. Tu dici che le forze integraliste sono solo una piccola parte dell’opposizione. Forse è così. O sarebbe così se non fosse per le decine di migliaia di uomini armati giunti da mezzo mondo. L’Algeria sola conta migliaia di “volontari” andati in Siria a combattere (solo i morti Algerini ufficialmente identificati in Siria sono 246), la Tunisia uguale. Per non parlare dei Libici e dei tanti altri giunti nel paese da tutte le parti del mondo per portarlo dalla padella alla brace.
L’amico Gabriele Del Grande ci racconta delle cose molto simpatiche da lì, di come comitati di quartieri sono gestiti dall’opposizione non integralista etc. Ma sono solo gocce nell’oceano. Altre voci di amici siriani che stanno in Siria (non embedded da nessuna delle due forze in campo) o nei dintorni raccontano ben altri scenari. Il mio amico Hamed (di cui ho parlato due volte: qui e qui) lui ad esempio ci ha creduto nella Aleppo liberata e ci è andato. Siccome è stato riconosciuto e denunciato da gente di Damasco come militante di sinistra ha preso 20 frustate sulla schiena. Non l’hanno ucciso solo perché tutti sapevano che era appena uscito dalle carceri di Assad. Poi se n’è tornato a Damasco con la coda tra le gambe. Per fortuna questa settimana mi ha chiamato da Atena. In qualche modo è riuscito a fuggire dalla trappola in cui era preso: tra l’incudine e il martello.
Una vittoria militare di Assad o delle orde jihadiste sarebbe comunque una catastrofe immane. Non so quale delle due sarebbe peggio. Sinceramente non lo so. E solo tramite una soluzione negoziata possiamo sperare in una salvezza del paese e della sua gente. Io ci credo. E credo che se non è possibile ora è solo perché nessuno, proprio nessuno ha investito nella pace in questa zona del mondo. Chi vorrebbe la pace in Siria? La Turchia o l’Arabia Saudita che dall’inizio hanno soffiato sul fuoco della violenza? La Russia o l’Iran che vogliono mantenere in Assad il loro ultimo alleato nella zona? I paesi della Nato che vogliono anche a Damasco un governo fantoccio loro (e non di altri) come ormai tutti gli altri nella regione? I vicini? La Giordania? Israele?
A nessuno interessa la pace in Siria e nessuno manderebbe i suoi “boys” a morire per l’interesse del popolo siriano. I bombardamenti Nato vorranno dire solo aggiungere morti ai morti. E per me che siano popolazioni pro o anti-Assad a morire (ammesso che le bombe possano scegliere) è un crimine ugualmente. E la morte chiama solo la morte.

Oggi tocca alla Siria. É un paese che adoro e mi vengono le lacrime quando ci penso. Ma tutti gli indicatori dicono che, fra qualche anno, potrebbe toccare all’Algeria. Il mio paese ha tutte le condizioni per svegliare gli istinti predatori di chi si sta mangiando il mondo a pezzettoni. Una posizione strategica essenziale per il controllo dei flussi tra Mediterraneo e Africa sub sahariana. Una delle più importanti riserve di idrocarburi al mondo. Un fondo sovrano ricco di centinaia di miliardi di Dollari, una dirigenza impresentabile anche se ancora amica di tutti, come lo era ghaddafi fino a poche settimane prima della sua caduta…
Con la Libia ridotta a quella che è oggi. Un Sahel da tempo trasformato in autostrada di tutti i traffici e un regime marocchino tradizionalmente ostile, ci vuole poco a far entrare elementi di sovversione armata da tutte le parti. Poi l’esercito algerino che non è mai stato uno stinco di santo farà il resto.
Se questo succederà domani, io dico sin da adesso: anche se un presidente americano o francese dirà che c’è un genocidio in corso e dirà che l’esercito ha usato armi di distruzione di massa, anche se i ribelli faranno vedere file di bambini morti e diranno che quelle sono vittime dell’esercito, anche se tutti i paesi del mondo (soprattutto quelli che hanno di più soffiato sul fuoco di quella guerra) si diranno preoccupati… non accettate che Algeri sia bombardata, per favore. Non è quella la soluzione. Non lo è stata per Kabul, né per Baghdad, né per Tripoli, né lo è oggi per Damasco e non lo sarà per nessun altro paese. Mai!
Un abbraccio, fratello.

Karim Metref

Allegato: Il post di Fouad su Facebook:

<< Vedo fioccare le dichiarazioni indignate di tanti “compagni” che in 2 anni e mezzo evidentemente non si erano accorti che la mia terra era violentata dalla guerra e che di ingerenze esterne ce ne sono tante e tante. In risposta a tutti questi ignavi che oggi si sono svegliati solo perchè a minacciare la mia gente sono bombe a stelle e strisce ed in base a valutazioni geopolitiche, non creto per condivisione della sofferenza del mio popolo, voglio ripubblicare uno sfogo che avevo scritto sotto un post di fabio amato, responsabile esteri del PRC, un paiuo di settimane fa. Da allora è cambiato che l’intervento USa sembra più probabile e che ora parlare di Siria è più trendy.

Ci avete lasciati soli, nel silenzio, quando ispirati dal grido di libertà dei nostri fratelli anche le nostre voci hanno riempito le strade e le nostre uniche armi erano speranza, dignità e voglia di democrazia. I nostri canti per la democrazia, per l’unità e la non-violenza hanno riempito l’aere delle nostre piazze che hanno visto nascere la storia, mentre i selciati antichi si tingevano del nostro sangue. Per 6 mesi nessuno ha risposto alle provocazioni, alla feroce repressione, all’assedio di intere città private d’acqua ed elettricità in piena estate. Quando poi sono finite le guance da porgere, quando i nostri partigiani (come fecero i vostri) salirono sulle montagne rischiando non solo le loro vite ma anche quelle dei loro cari, allora ci avete condannato. Quando eravamo sotto la soverchiante superiorità del fuoco nemico, alimentato dalle uomini, armi e carburanti di Iran, Russia, Libano, Iraq e persino dell’ Europa voi non avete mosso un dito per impedire il flusso di morte verso la nostra terra, evidentemente quello è l’Impero del Bene. Ma se schiacciati dal piombo, l’esplosivo ed i mig del Bene i nostri partigiani hanno accettato il (tutt’altro che disinteressato) aiuto degli antagonisti dell’Impero che piace a voi, finalmente avete potuto dar sostanza alle infamanti accuse che fin dalla prima ora ci avete rivolto. E non mostratemi cartine e statistiche, analisi e numeri, quelli van bene “in società”, nei vostri salottini, ma non per chi ha sentito le parole e le voci di chi è sceso in piazza… pensate che strano, in Siria i ragazzini non si chiedono quali potenza internazionale tragga vantaggio dal loro manifestare, scendono in piazza per il loro diritto al futuro, per aver la dignità di scegliere il proprio destino, per pretendere la democrazia, slogan che mi sembra di aver sentito da tante altre parti, anche da parte vostra in Piazza San Giovanni o sotto MOntecitorio, nonostante l’Italia appaia come un paradiso di democrazia confrontata con la nostra terra.
Tranquilli “compagni”, gli States (che l’Italia accolse a braccia aperte, quando i nazi-fascisti ne violentavano le terre) non interverranno semplicemente perchè non è loro interesse quindi senza troppi sforzi otterrete il risultato auspicato da tovarish Fabio… ma i 1500 morti di Ghouta, che si aggiungono alle 100.000 vite spezzate da Assad e compagni, non sono un casus belli ma una vergogna per l’umanità e per voi in particolare, voi che amate atteggiarvi a paladini degli oppressi e degli ultimi ma siete sordi se il nemico di quegli oppressi non è quello “tradizionale”, se quel che avviene non risponde alla vostra narrazione del mondo.
Cari ignavi o saputelli giudici dell’altrui storia, fateci un favore però: non venite a piangere i nostri bambini, non versate lascrime al funerale della nostra nazione, non siete invitati.

p.s.
Un ringraziamento particolare a tutti coloro che (come avviene sempre in queste occasioni), a seguito di quanto ho scritto e dall’alto della loro conoscenza della mia persona, della mia terra, della real politic e della geopolitica internazionale vorranno definirmi ratto, jihadista, tagliagole, spia al soldo del mossad…. il vostro contributo sarà davvero prezioso.>>

Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

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