Libia, l’opera di quattro centesimi
di Bozidar Stanisic
Ultimo giorno del mese di agosto 2011, ore 8.10: il gr di Radiouno ha appena trasmesso un servizio sulle ore contate del regime libico, aggiungendo alla fine che c’è un grande pericolo per gli operai stranieri, soprattutto di colore, di essere scambiati con i mercenari pagati da Ghedaffi. Un ragazzo eritreo, l’unico in una quindicina dei suoi compaesani che riesce a comunicare qualcosa in inglese, aggiunge una notizia agghiacciante: i documenti, le cosiddette tessere per i rifugiati, rilasciate (a molti africani che lavoravano in Libia) dall’Alto commissariato Onu non valgono più di una carta straccia.
Quindi i capi dei ribelli contro Ghedaffi, le cancellerie i ministeri di guerra dei Paesi occidentali che hanno aderito alla campagna butta-bombe-da-10.000 metri (eroicamente, è ovvio), per non parlare della Nato (con la chiara intenzione di non vedere i barconi che affondano nel Mediterraneo) – tutti costoro se ne infischiano dei più deboli. Se riescono a sopravvivere convincendo i loro persecutori libici (quelli della parte simpatica) ok. Se no, va bene lo stesso.
Tanto dell’Onu generalmente si infischiano in molti, soprattutto quelli con nome sonoro di Comunità internazionale.
Chi non ha imparato che i forti sono più forti se esistono i più deboli, basta che torni nel banco dell’asino (delle elementari di una volta, ma è rimasta una metafora interessante) e impari come vengono pavimentate le strade della Storia. Finché non impara la lezione sulle idee magnifiche che volano con le ali dei porci, non andrà avanti. Chiaro?
Chiaro un tubo.
Povero Brecht era comicamente buffo con la sua ironia nella “Opera di tre soldi”.
Noi, nel nostro oggi, siamo tragicamente buffi: in Italia paghiamo, dal 28 giugno, quattro centesimi al litro di carburante per la campagna libica. E li paghiamo in santo silenzio.
Si va al mare, si va in montagna, si parte per le isole felici di tre palme e si torna, ma le marmitte dei nostri veicoli, anche se meno taciturne di masse turistiche, buttano fuori solo i gas bruciati? O c’è almeno qualche goccia di sangue? Altrui, chiaramente. Quella che è più conveniente.
Le guerre c’erano da sempre, dicono i menefreghisti. Pare che siano già pronte la bottiglie di champagne – ovviamente con l’etichetta sarkozyana, probabilmente con la colla del suo battistrada mediatico conosciuto come B. H. Levy, che una volta veniva a Belgrado e non solo là a insegnare altri cosa dovesse fare un intellettuale vero – ma prima del cin-cin arriveranno alle nostre orecchie e ai nostri cuori le grida degli innocenti africani? Colpevoli solo perché volevano lavorare in uno Stato che permetteva loro di mandare aiuti alle loro famiglie nel resto dell’Africa, ma ora sono le vittime dei ribelli, indicati come i “giusti” dalla parte del Primo e Migliore Mondo, insaziabile delle risorse naturali altrui.
Ogni loro lacrima è un segno su quanto sono secche le nostre anime. Che malattia è? Ci serve un medico o la diagnosi sulla malattia da quattro centesimi la sappiamo già? Anche i passeri la saprebbero canticchiare: è l’indifferenza.
bisogna riuscire ad urlare questi pensieri per rompere il silenzio dei pacifisti professionisti che stanno preparando la marcia perugia assisi, a proposito qualcuno ha letto cosa scrive flavio lotti?