«L’impero virtuale»
Uno studio di Renato Curcio su «colonizzazione dell’immaginario e controllo sociale»: a Imola sarà presentato la sera del 26 novembre (*)
«Internet è tante cose: uno sviluppo del capitalismo globale, una tecnologia innovatrice, un nuovo panottico di sorveglianza, una possibilità di controllo a distanza dei lavoratori, una produzione di identità virtuali, un’opportunità per mille operazioni di hackeraggio benefiche e malefiche, una possibilità di velocizzare e ampliare le nostre comunicazioni orizzontali e tante tantissime altre cose ancora». A pagina 8 – cioè nell’introduzione – Renato Curcio riassume alcuni aspetti della contraddizione fra Internet, «assunta come principale istituzione colonizzante», e «i suoi singoli utilizzatori» che è al centro di «L’impero virtuale» – sottotitolo «Colonizzazione dell’immaginario e controllo sociale» – uscito da Sensibili alle Foglie (www.sensibiliallefoglie.it: 112 pagine per 15 euri).
Da questo primo «tante cose» si intuisce che l’analisi di Curcio non rientra in un’ottica manichea o, per dirla con le sue parole, «non si colloca nella polarizzazione che spartisce schematicamente gli approcci fra apocalittici e integrati». Titolo e sottotitolo indicano più la sudditanza che le possibilità positive ma nel libro i discorsi restano molto più aperti e comunque «chiara appare la possibilità di immaginare pratiche di decolonizzazione personale e collettiva per istituire nei luoghi ordinari della vita varchi di liberazione».
Considero una scortesia per chi legge raccontare troppo nei dettagli la trama dei libri (o dei film) e nel caso di analisi complesse – come è «L’impero virtuale» – a questa “scortesia” si aggiunge un problema: se riassumo le tesi del libro indubbiamente la mia selezione sarà di parte, insomma rispecchierà inevitabilmente un solo punto di vista; se invece scelgo ampi brani… finisco per copiare il libro un po’ come quelle “mappe” della Terra di cui parla un famoso racconto di Borges (per essere davvero dettagliate diventano della stessa grandezza del territorio da mappare).
Scelgo dunque di presentare «L’impero virtuale» in tre flashes più due note e un PS per chi ha voglia di farsi un altro giro in “bottega”.
I TRE FLASHES
Il primo flash è un giudizio di insieme. A me sembra un ottimo libro, articolato e approfondito. Avevo letto molto intorno a questo tema che, per varie ragioni, mi inquieta e mi inquieta ma rimanevo sempre insoddisfatto per la superficialità del punto di vista. L’analisi di Renato Curcio spazia sulle nuove tecnologie dando informazioni e riflettendo, sfuggendo i luoghi comuni ma senza la saccenza di tanti pretesi opinion leader che scambiano il loro pensiero-ombelico per il culo di ogni mondo possibile.
Il secondo flash è sull’illusione della “rivoluzione” dall’alto. Mi spiego con un mio esempio (nel libro Curcio ne farà altri). Ho conservato nel mio archivio un numero del settimanale «Internazionale», per la precisione il 1121 del 25 settembre: nella copertina rossa campeggia un pugno chiuso che strappa tre spine, con sotto questo riassunto «La tecnologia digitale ha introdotto nuovi modi di lavorare e consumare. Tempo libero, attività in rete e gratuità saranno la moneta di scambio futuro». E’ un lungo articolo di Paul Mason, ripreso dall’inglese «The Guardian» che la copertina rilancia con un clamoroso (da esultare o da tremare, a seconda dei punti di vista) «La fine del capitalismo è cominciata». Stronzate. Come spiega benissimo «L’impero virtuale». Ma stronzate affascinanti e “colonizzanti”. Da capire bene.
Il terzo flash è sul lavoro (anche quello volontario e/o creativo, immaginando queste due parole sia con le virgolette che senza). Questo libro di Curcio, come del resto tutto il suo lavoro da sociologo, mette il lavoro al centro della scena. Io la penso come lui. E visto che oggi è lunedì… riprendo un mio pezzullo che qui in “bottega” ho appunto intitolato «Ogni lunedì». Eccolo riassunto: «A proposito dei due quotidiani più venduti in Italia. Se di lunedì passo da un giornalaio vedo due grandi pile con i supplementi economici in omaggio. Il primo si intitola (sobriamente, con il solo vezzo di una “e” caduta) CorrierEconomia, il secondo (stile tipico da chic-megalomani) ha una doppia titolazione: Affari & finanza in alto e sotto New economy, aziende, borse, risparmio. Noterete che è omessa la parola “lavoro”. Nella econo-mia niente viene prodotto senza i lavoratori e le lavoratrici; nella econo-loro c’è solo la ricchezza (innocente per definizione) e i diritti di chi lavora sono un fastidio, anzi un costo da tagliare. Casomai la stanchezza o l’età mi facessero dimenticare in che mondo vivo, passando in edicola vado a lezione di menzogna e di violenza ogni lunedì».
Prima di finire…
Siccome sotto la mia ascella destra abita (un fatto ben noto) Severo De Pignolis gli lascio spazio. «Buondì Renato, ho molto apprezzato il libro anche per le note precise e per un paio di passaggi divertenti… in un libro così serio. Però ti segnalo un errore e un dubbio. L’errore è nella nota 17 a pagina 104: parlando del coltan scrivi che in Congo “dal 1998 a oggi si contano più di 4 milioni di morti”; purtroppo sono molti di più, forse il doppio, anche se la “comunità internazionale” non ha interesse a contare i morti “scomodi”. Il dubbio invece è a pag 19 dove citi Julian Huxley: è vero che fu lui a introdurre il concetto di “ibridi transumani”, ripreso anche dal suo più famoso fratello Aldous, ma forse questo discorso meritava due righe in più, tra scienza e “buona” fantascienza. Magari in un prossimo libro?».
Non aggiungo altro.
E’ un libro che vale leggere. Per riflettere, meglio per discutere (magari litigare) di questioni tanto importanti quanto taciute… perché viviamo al tempo dei dibattiti sull’aria fritta e ogni riferimento al “clima” è vero quanto falso.
DUE NOTE (per chi naviga in “bottega”)
1 Sulla “servitù” volontaria del lavoro e dell’essere “sempre connessi” ho scritto qualcosa, recensendo «Mobilitazione totale» di Maurizio Ferraris; è qui: ARMI: “dove sei?”… Rispondi subito
2 Sulla possibilità di una “cyber rivolta” ho da poco letto un affascinante romanzo (non è fantascienza) ovvero «Homeland» di Cory Doctorow; ne ho parlato (in termini entusiastici) qui: «Ci dicono che questa è la nuova normalità».
POST SCRIPTUM
In “bottega” delle ricerche di Renato Curcio si è spesso parlato (troppo poco, a ben rifletterci). Vi segnalo il recente Trovare «un bel nome per ogni inferno» che ragiona su «La rivolta del riso» , sottotitolo «Le frontiere del lavoro nelle imprese sociali tra pratiche di controllo e conflitti biopolitici», ma anche Dispositivi totalizzanti e risorse di sopravvivenza nelle grandi aziende della distribuzione.
(*) «L’impero virtuale» sarà presentato a Imola il 26 novembre – alle 21 – all’archivio storico della Fai, in via Fratelli Bandiera 19: nel cortile interno, si entra dal parcheggio dell’Ospedale Vecchio.