articoli di Pino Cabras, Maria Giovanna Bosco, Maria Antonietta Pirrigheddu, Stefano Baudino, Mauro Pili e una petizione del Gruppo d’intervento giuridico
Tempesta Eolica in Sardegna: un assedio speculativo al patrimonio dell’Isola – Pino Cabras
La Sardegna è in pericolo. È sotto attacco, non ci sono più dubbi. Ed è la vittima della degenerazione più estrema e paradossale di un tema nato sano, ossia l’ambiente e la sostenibilità, ormai trasformato in una minaccia devastante.
Sorretto dall’ideologia “green” combinata con la dismisura delle locuste finanziarie, sta prendendo forma un assalto speculativo volto a deturpare per sempre l’intero paesaggio della Sardegna.
Navi cariche di mastodontiche turbine eoliche stanno approdando con la stessa minacciosa imponenza metallica dei carichi di missili e blindati che vediamo nei porti polacchi con destinazione Ucraina. Non è un caso: la logistica di chi vuole controllare un territorio in modo integrale tende ad assomigliarsi, e gli strateghi che la comandano hanno lo stesso set di pensiero, spesso gli stessi conti correnti. Passano per le stesse porte girevoli di Davos. Perciò i lunghi carichi di eliche e di torri d’acciaio appaiono con lo stesso lugubre impilaggio di una batteria missilistica da portare al fronte. Ma qui il fronte siamo noi. È una guerra al nostro paesaggio e al nostro respiro.
Sbarchi segreti e strategie occulte
Le acque del porto di Oristano in questi giorni hanno visto l’arrivo della “Uhl Frontier”, una nave che, nonostante tentasse un arrivo di soppiatto, non ha potuto nascondere la verità del suo carico: gigantesche pale eoliche, preludio di un’invasione programmata.
Le foto pubblicate da L’Unione Sarda sono molto chiare. Questo movimento non solo nasconde operazioni di grande portata, ma rappresenta la punta dell’iceberg di una strategia più ampia e inquietante.
È l’avanguardia ormai visibile di una cosa a cui forse per abitudine non volevamo credere fino in fondo, nonostante fosse annunciata nei documenti denunciati da tanti sindaci esposti alle carte del Sacco della Sardegna.
Nessuno, prima che arrivi la guerra, riesce a immaginarla davvero nella sua esatta portata. Ora è impossibile non vedere, non sapere, non sentire la minaccia con una prossimità che scandisce ormai i minuti.
Una disparità allarmante
La Sardegna si trova nel mirino di speculatori energetici, con progetti eolici che superano di sei volte la media nazionale in termini di richieste di connessione. A fronte di una potenza complessiva progettata di 58 Gigawatt per la sola Sardegna, l’isola si confronta con una realtà nazionale che vede regioni come la Sicilia e il Friuli Venezia Giulia fermarsi rispettivamente a 16,8 (non pochi comunque) e 1,2 gigawatt. La Lombardia (che è la regione industriale e popolosa che sappiamo) è destinataria di progetti che sono quaranta volte più piccoli dell’attacco alla Sardegna. L’Isola verrebbe trasformata in una colonia estrattiva da cui ricavare un volume di energia sufficiente a coprire i bisogni di più di 50 milioni di individui. La Spagna intera. O la Corea del Sud. O l’Argentina e l’Uruguay insieme. Una disparità che grida vendetta e solleva dubbi su chi realmente beneficerà di questa energia in surplus. Non certo la popolazione locale, che dovrebbe svendere l’intera sua storia a un brutale sfruttamento del suolo, dell’aria, delle connessioni sociali a un potere soverchiante che usa l’orripilante stile estrattivo di un qualsiasi Congo belga.
Violazioni e impatti irreversibili
Il caso che riguarda la Basilica di Saccargia è emblematico: turbine alte come grattacieli minacciano di deturpare il contesto di un monumento storico meraviglioso, per non parlare dello sfregio sistematico e senza remore del paesaggio nuragico, così come di ogni altro bene identitario. Centinaia di torri da duecento metri destinate a spossessare ogni pezzo dell’anima che lega insieme popolo, cultura e natura: un genocidio volto a sopprimere nel tempo brevissimo di un blitz militare qualsiasi indipendenza economica e morale di una comunità in declino, alla quale si vuole infliggere il colpo di grazia.
Un’isola come questa è un mondo, ed è un mondo che sarà presto inghiottito e dimenticato nei flussi digitali delle borse occidentali. La decisione di proseguire, nonostante i pareri contrari, è stata forzata attraverso un sistema di cavilli, società opache, scatole cinesi, che si piega inesorabilmente ai desideri delle corporazioni con sovrana indifferenza rispetto ai bisogni dei cittadini e con totale emarginazione degli enti territoriali.
Il profitto dietro il “progetto”
Un singolo impianto eolico da 1 megawatt può generare fino a 150.000 euro annui in incentivi. Con una capacità totale che promette ritorni finanziari superiori agli 8 miliardi di euro, è chiaro che la spinta verso l’eolico in Sardegna è solo la caricatura grottesca di un’iniziativa “verde” mentre appare più una corsa all’oro moderna, un Far West senza epica, una brutale invasione condotta a spese dell’ambiente e della collettività.
La ribellione dell’Isola
Siamo appena agli inizi. Le comunità sarde non staranno a guardare. La reazione popolare spinge a mobilitazioni e richieste di moratoria. La Giunta regionale intervenga decisamente per impedire che il patrimonio di questa terra sia sacrificato sull’altare della speculazione energetica. Questo è il momento di ascoltare la voce dei cittadini. Gli speculatori hanno nel frattempo mobilitato i più agguerriti studi legali. Sono preparati a ripetere anche qui le tante storie di malagiustizia in cui i padroni universali si sdraiano sulla sfera pubblica. Draghi, in nome delle semplificazioni, aveva creato il contesto giuridico per favorire lo stupro dei territori. A un tentativo di stupro si reagisce difendendo i nostri corpi. Poi andranno fatti anche i conti con le teste dei tiranni.
In che direzione va l’energia? Il caso Thyrrenian Link
Comitati locali e molti cittadini sardi segnalano con forza il caso del “Tyrrhenian Link”. Questo super cavo elettrico è parte di un progetto infrastrutturale che mira a migliorare la distribuzione dell’energia tra la Sardegna e il continente, in entrambe le direzioni. I comitati si sono mobilitati contro l’approdo di tale infrastruttura a Terra Mala, esprimendo timori per l’impatto ambientale e paesaggistico che potrebbe derivare dalla realizzazione di questi grandi interventi energetici. La comunità locale ha chiesto un incontro con la presidente della Regione per discutere gli sviluppi ulteriori. Il tema è chiaro: se soltanto in eolico si sta progettando una potenza che alimenterebbe una Corea, e se si uniscono i terrificanti campi fotovoltaici che sloggeranno gli agricoltori impoveriti e aggiungeranno altri stupri paesaggistici, allora la direzione dell’energia elettrica va in una sola direzione. E anche la direzione dei benefici. Il sospetto è che il cavo sia lo sbocco finale e definitivo di quella specie di sbarco militare che per ora vediamo al porto di Oristano.
L’equivoco di fondo sulle rinnovabili
C’è una considerazione più di fondo. I grandi campi eolici e fotovoltaici, nel funzionare come megacentrali, rischiano di centralizzare il controllo dell’energia nelle mani di pochi, allontanandosi dall’ideale di un sistema energetico democratico e accessibile a tutti. Questo modello limita la partecipazione di piccoli produttori e comunità, che invece potrebbero trarre grandi benefici da impianti di piccola e piccolissima scala, distribuiti su tutto il territorio.
I sistemi decentralizzati trasformano ogni edificio, dalle case agli uffici, in una mini-centrale energetica autonoma, riducendo la dipendenza da infrastrutture remote e massicce, oltre a minimizzare le perdite energetiche dovute al trasporto su lunghe distanze. L’integrazione con le smart grid, o reti intelligenti, potenzia ulteriormente questo approccio, ottimizzando il consumo e la condivisione di energia in base alle effettive necessità, rendendo il sistema più efficiente e sostenibile.
Abbracciare questa visione significa non solo promuovere l’efficienza, ma anche sostenere l’autosufficienza, l’innovazione locale e un futuro energetico più equo e sostenibile per tutti.
L’assalto alla Sardegna se ne frega di questo approccio autenticamente ambientalista, perché il green che si vuole imporre è quello del modello Davos, del World Economic Forum: autoritario, opaco, verticale, distruttivo. Se elimini contadini e popoli dai loro suoli, rendi vile il prezzo dei beni agricoli, ma avrai tanta energia che vanterà una falsa decarbonizzazione per produrre cibi scadenti, sbobbe per nuovi poveri. Il nuovo totalitarismo passa anche da questo.
Democrazia o tritolo
È imperativo che la Sardegna riscopra il potere di una pianificazione consapevole ed equilibrata. Le decisioni future devono bilanciare le possibilità della tecnologia e l’integrità del patrimonio, garantendo che l’energia prodotta serva veramente le necessità dell’isola e non quelle di entità che hanno il cuore in chissà quale fondo d’investimento. Servirà una grande forza democratica. Altrimenti vincerà il tritolo, se non saranno date altre scelte.
da qui
La speculazione eolica e fotovoltaica come colonialismo energetico – Maria Giovanna Bosco
L’alta Gallura, come altre zone in Sardegna, è soggetta ad un attacco di speculazione energetica da parti di imprese che mirano al lucro di breve periodo garantito anche dagli incentivi pubblici, in un’autentica fase di colonialismo che rischia di minare l’identità culturale ed economica del territorio.
In queste settimane in Gallura, così come in altre zone della Sardegna, si dibatte su progetti relativi all’installazione di una iperbolica quantità di pale eoliche e impianti fotovoltaici per ottemperare agli ‘sfidanti obiettivi europei di decarbonizzazione’ (Terna, 2024). In una regione già gravata da 31 basi militari, – il 65 per cento di quelle presenti in tutta Italia (Arcai, 2024) – e drasticamente depredata delle aree boschive in duecento anni di dominio sabaudo (Casula, 2017), anche il territorio dell’alta Gallura è soggetto all’interesse di multinazionali del settore energetico che, forti del quadro normativo, sono persino legittimate ad espropriare terreni privati, deturpando il paesaggio e le acque costiere della regione con la costruzione di nuovi impianti.
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna S.p.A. al 31 marzo 2024 risultano ben 809, pari a 57,67 GW di potenza (Figura 1). 57,67 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti (GIG, 2024).
Figura 1. Istanze di connessione nella regione Sardegna.
Fonte: Terna (2024)
L’alta Gallura, in particolare, è contraddistinta da un susseguirsi di colline, rocce e vallate di macchia mediterranea, zone adibite a pascolo e rocce spettacolari, aree archeologiche uniche oltre che da zone costiere dalla fragilità e bellezza incomparabili. L’impatto anche solo visivo delle pale eoliche, di cui alcune alte oltre 200 metri, come quella già in costruzione nei pressi nella zona del Marganai nel Sud Sardegna (L’Unione Sarda, 2024), è semplicemente devastante.
Gli impianti eolici, le cui pale dissacrano il profilo del territorio in quanto idealmente destinate ai deserti o ad aree off-shore lontane dalle coste, determinano anche un danno diretto sulla salute umana a livello uditivo e neurologico (Hanning, 2009; Havas & Colling, 2011), oltre che a flora e fauna. Dove sono installate le pale eoliche, gli uccelli spariscono e le rotte migratorie vengono deviate. Sotto i pannelli fotovoltaici, certo non sono possibili coltivazioni. La riduzione delle aree verdi naturali, fattore che incrementa la concentrazione nell’aria di anidride carbonica, entra in contraddizione con l’ideologia della ricreazione delle aree pristine supportata dalle istituzioni comunitarie. A ciò si aggiunge l’altro grave problema ecologico che riguarda lo smaltimento degli impianti a fine vita, i cui costi sono esorbitanti. Se costruiti per poi essere abbandonati, con un risparmio sui materiali come è già stato documentato nella zona di Calangianus, insiste sulla comunità anche il costo della bonifica.
Questa depredazione denota un atteggiamento coloniale che mira a cancellare tradizioni culturali e il nesso che gli abitanti instaurano con il loro territorio in nome di investimenti che di “green” hanno ben poco. Tali progetti calati dall’alto, infatti, non solo eliminano pascoli e aree agricole, ma non creano nemmeno un incremento di posti di lavoro (perché gli “esperti” vengono perlopiù chiamati da fuori area e la manutenzione è minima). Si riduce inoltre il valore dei terreni e delle abitazioni che si trovano anche a distanze ragguardevoli e si creano minacce economiche anche per il settore turistico che costituisce una fonte primaria di reddito per tutta l’area.
Voler forzosamente imporre modelli di sviluppo ideati altrove e per altri contesti sul territorio sardo sembra inteso a sradicare un modello di gestione agri-turistica a favore di un asservimento ad una produzione energetica che verrebbe peraltro destinata a soggetti terzi, dato che la Sardegna è già autonoma dal punto di vista energetico. Peraltro, l’extra-produzione non potrebbe nemmeno essere assorbita dalla rete per limiti di capacità (GIG, 2024).
Ancora più grave è che, benché esistano alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale e territoriale, queste non vengono nemmeno prese in considerazione e gli enti preposti si fanno beffe delle alternative ragionate e sostenibili – come la collocazione di pannelli fotovoltaici su tutti i capannoni e fabbricati industriali compresi quelli in disuso (Confartigianato Sardegna, 2023). A dar prova della scarsa sensibilità del soggetto pubblico nei confronti dei temi legati alla sostenibilità sociale ed ambientale, vi è la recente pronuncia del Consiglio di Stato che ha rigettato un ricorso della Regione Sardegna contro il potenziamento di un parco eolico proprio alle spalle della celebre Basilica della SS. Trinità di Saccargia (La Nuova Sardegna, 2024).
Non si può cancellare il sospetto di essere in presenza di un tipico schema di “regulatory capture” (Dal Bó, 2006), fenomeno in cui le gerarchie lobbistiche riescono a piegare il decisore politico alle proprie logiche espansionistiche e predatorie. In questo caso, il bene pubblico, inteso come benessere sociale, economico ed ambientale, è soppiantato, anche attraverso il posizionamento di figure chiave in ambito istituzionale, dalla logica di arricchimento e speculazione che vanno a remunerare ristrette élite a discapito della stragrande maggioranza delle persone. Tale tendenza di lungo periodo alla redistribuzione dei redditi e della ricchezza in favore di un’accentuata polarizzazione presso pochi soggetti è ben rilevata sia a livello finanziario che industriale, ed è quindi coerente con questa interpretazione.
Sembra lecito chiedersi chi sia il soggetto intenzionato a deturpare e cannibalizzare il territorio. Quali sono, inoltre, i guadagni a cui sta puntando? In presenza di alternative reali e dimostrabili, si punta solo al profitto economico derivante dalla vendita di energia, oppure si cerca di minare anche le attività locali? Se fosse così, l’intento si trasformerebbe da speculativo a propriamente criminale.
Riferimenti…
da qui
Sardegna ciabatta energetica
diMaria Antonietta Pirrigheddu (attivista del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica)
Stavolta il solito ritornello “Ce lo chiede l’Europa” può andare a farsi benedire. L’Europa, infatti, ci chiede l’esatto contrario. Ma noi siamo italiani, facciamo a modo nostro e i ritornelli li usiamo quando ci conviene. Soprattutto se si tratta della Sardegna.
Già, la Sardegna, questa terra un tempo meravigliosa che nel giro di un paio d’anni probabilmente non esisterà più: l’intento è di trasformarla in un polo industriale, destinato a produrre energia elettrica da trasportare chissà dove.
Questi sono i programmi per noi, per il nostro sviluppo. E per salvare la terra dal cambiamento climatico. Eh sì, perché a quanto pare per salvare la terra è necessario smettere di coltivarla, togliercela e consegnarla alle multinazionali. Così il pianeta sarà salvo.
Per capire cosa sta accadendo dobbiamo partire dall’inizio, dalla cosiddetta Transizione energetica. Ovvero la necessità sacrosanta, che nessuno contesta, di smettere di utilizzare combustibili fossili come carbone e metano per la produzione di energia elettrica e transitare verso “fonti rinnovabili” come il sole, il vento e l’acqua.
L’Europa si è proposta di arrivare alla totale decarbonizzazione entro il 2050, passando per vari step. Il primo step ci attende nel 2030, quando l’Italia dovrà installare sull’intero suolo nazionale una potenza di 70 Gigawatt per la produzione da fonti rinnovabili.
Ora, 70 diviso 20 regioni fa 3,5 Gigawatt a testa… Ma siccome noi sardi siamo notoriamente generosi e avvezzi ad essere colonizzati, la bozza del decreto nazionale ce ne assegna 6. E questo nonostante produciamo già molta più energia di quanta ne consumiamo.
Però sta succedendo una cosa strana: invece di prepararci ai 6 Gigawatt per il 2030, ci ritroviamo già oggi con quasi 58 Gigawatt pronti da installare. Quasi dieci volte tanto!
Grazie al famigerato decreto Draghi e a causa di delibere indegne firmate dalla Regione Sardegna negli ultimi anni, sono arrivate qui come avvoltoi aziende e multinazionali da ogni parte del mondo, per spartirsi la nostra terra e piazzarvi i loro impianti colossali.
Si è stabilito che i due terzi della nostra Isola possano essere sventrati, perforati, riempiti di cemento, devastati, depredati. I due terzi del nostro suolo possono essere sottratti all’agricoltura, alle aziende agro-pastorali, alle aziende turistiche e agrituristiche, ai nostri progetti, al nostro futuro, a noi.
Non per darci opportunità ma per toglierci ogni opportunità.
Ad oggi le richieste di allaccio sono 809, ma crescono di giorno in giorno. Se le pratiche presentate andassero in porto, verrebbero impiantate sulla terraferma 3.000 turbine eoliche alte fino a 240 metri (da sommarsi alle 1.200 già esistenti), altre 1.300 turbine di 320 metri davanti alle spiagge, visibilissime anche a decine di km di distanza, e quasi 50 km2 di pannelli solari su campi e pascoli. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le innumerevoli autorizzazioni già concesse!
Numeri da far accapponare la pelle. Solo per il foto e agrivoltaico, quasi 50.000 nuovi ettari verrebbero sottratti alle nostre attività e ai nostri paesaggi per riempirli di specchi di silicio, che nel giro di due decenni (o ancor prima se dovesse arrivare qualche grandinata) si trasformerebbero in sconfinate discariche a cielo aperto. Eppure l’Europa ci raccomanda di evitare ulteriore consumo di suolo, un bene primario essenziale per contrastare i cambiamenti climatici.
Su tutto questo, migliaia di tralicci alti 49 metri con infiniti km di fili sospesi.
Ora immaginatela, questa immensa landa industriale in cui saremmo costretti a vivere, con il terribile ronzio che ci accompagnerebbe giorno e notte. Immaginatevi le migliaia di luci rosse intermittenti che cancellerebbero le nostre notti stellate… Quelle notti e quel silenzio che fanno della Sardegna una terra celebrata ovunque, e che noi non avremmo più.
Se tutto ciò dovesse realizzarsi – e sta già accadendo – la Sardegna sarà irrimediabilmente sconvolta nei suoi panorami unici, nella biodiversità, nella ricchezza naturale, storica, archeologica, culturale e identitaria.
A fronte di quali vantaggi?
Per noi non è contemplato alcun risparmio in bolletta né, tanto meno, alcuna compensazione in denaro, ora vietato per legge. Sono previsti solo “interventi di miglioramento ambientale”.
Cioè?
Di solito il miglioramento consiste nel ripristino delle strade distrutte per il trasporto delle enormi pale. Talvolta i progettisti sono più premurosi, arrivando addirittura a costruire, in cambio dei territori violentati, graziose siepi oppure altalene e scivoli per bambini. O noccioleti per la produzione di nutelle. Verremo ripagati anche con “campagne di sensibilizzazione per il cittadino”, per persuaderlo della bontà degli atti speculativi.
D’altronde gli europei di un tempo, quando andavano a colonizzare l’America latina, si conquistavano la fiducia degli indigeni regalando collanine e altre cianfrusaglie. Il sistema è identico.
Per loro, invece?
Da 900.000 a 1.200.000 euro all’anno per ogni turbina eolica! Cifre anche maggiori per quelle in mare.
Oltre al danno la beffa: una parte di questo milione esce dalle nostre tasche, perché gli incentivi, magnanimamente concessi dal Governo italiano, vengono prelevati dalle bollette. In pratica lo Stato prende i nostri soldi e li dona agli speculatori che sbarcano qui, come la famosa JP Morgan. Non è fantastico?
Tra 25-30 anni questi impianti saranno già arrivati a fine vita, salvo incidenti nel frattempo. Chi provvederà allo smaltimento?
Certamente non le ditte installatrici: in molti casi si tratta di aziende con 10.000 euro di capitale sociale, magari organizzate in un sistema di scatole cinesi, che falliscono o spariscono presto. Chi subentra non si sente affatto in dovere di onorare impegni presi da altri. Perciò i rottami sono tutti nostri e dovremo occuparci noi di smaltirli. Come? Affrontando spese enormi e andando ad inquinare altri territori.
Ma i terreni che ospitano gli aerogeneratori non saranno mai più bonificati, perché il basamento (circa 1.300 metri cubi di calcestruzzo) non può essere eliminato: verrà lasciato lì, rendendo sterile il terreno in eterno. È questa l’idea comune di “energia pulita”.
Ecco perché parliamo di SPECULAZIONE. Loro si prendono la nostra terra e il nostro futuro e in cambio ci gettano qualche osso, per tenerci buoni.
Spesso, però, manco quello. Le truffe sono all’ordine del giorno, sia ai danni di privati che delle Pubbliche Amministrazioni. Sono sempre più numerosi i proprietari di terreni che si rivolgono agli avvocati, prima di firmare i contratti di concessione, perché cominciano a rendersi conto che è facilissimo cadere in trappola.
Se l’affare non dovesse andare in porto, tuttavia, si può sempre ricorrere agli espropri. Imprese private che espropriano altre imprese private: ogni infamia è concessa, in nome della pubblica utilità.
Sono molti gli amministratori che si oppongono, ricevendone addirittura minacce; altri invece ricercano il vantaggio personale. L’inerzia della Giunta Solinas, appena decaduta, ha favorito qualunque tipo di malaffare.
Ci sono soluzioni al disastro incombente?
Certo: basterebbe recepire le direttive europee. L’energia necessaria al nostro sostentamento, e anche in sovrappiù, potrebbe essere prodotta dal fotovoltaico sui tetti sia pubblici che privati, senza ulteriore consumo di suolo; dallo sviluppo dell’idroelettrico – che stranamente non viene preso in considerazione – ed eventualmente dal geotermico di bassa profondità. Si potrebbero potenziare gli impianti eolici già esistenti, sfruttando le nuove tecnologie ma rispettando l’estensione e le altezze attuali, senza altro concedere. Redigere piani energetici locali e concordati con le comunità, che non distruggano l’economia e il tessuto sociale come invece fanno questi impianti di taglia industriale. Piani che rispettino il territorio e la nostra dignità.
Sono queste le soluzioni suggerite dai 14 Comitati che si sono costituiti per difendere la Sardegna dall’assalto, riunendosi in un Coordinamento regionale. I Comitati chiedono con urgenza una moratoria, per stoppare almeno momentaneamente i progetti e avere il tempo di fare scelte migliori, una Legge regionale di recepimento delle direttive UE, la possibilità di partecipare alla redazione di un piano energetico regionale.
Si attendono i primi passi della Giunta Todde, che molto ha promesso in campagna elettorale. Si è già perso troppo tempo. Intanto gli speculatori avanzano in gran fretta e con arroganza, favoriti da vent’anni di norme nazionali che facilitano incredibilmente ogni tipo di autorizzazione, scavalcando le comunità locali.
La nuova Amministrazione Regionale verrà messa immediatamente alla prova. Alessandra Todde vorrà e sarà capace di tutelare la sua terra, pur rispettando il fine comune della transizione energetica? Sarà capace di condurci all’obiettivo senza barattare la Sardegna?
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Per contatti: coordinamentogallura.stopeolico@gmail.com
da qui
Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! Firmiamo e diffondiamo la petizione popolare!
Nessun cittadino che voglia difendere il proprio ambiente e il proprio territorio, salvaguardando contemporaneamente il proprio portafoglio, può lavarsene le mani.
Quanto sta accadendo oggi in Italia nell’ambito della transizione energetica sta dando corpo ai peggiori incubi sulla sorte di boschi, campi, prati, paesaggi storici del nostro Bel Paese.
Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.
E’ ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolare per la moratoria nazionale delle autorizzazioni per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili!
La petizione popolare, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), si firma qui https://chng.it/MNPNNM9Q62…
…Scheda – la realtà della speculazione energetica, con particolare riferimento alla Sardegna.
La realtà della speculazione energetica è di banale quanto spaventosa evidenza.
Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.
Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo.
La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria, qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.
La cartografia elaborata dalla Soprintendenza speciale per il PNRR è emblematica di quanto sta accadendo nell’Isola.
Ma questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.
I motivi del “no” al Far West energetico in Sardegna.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 marzo 2024 risultano complessivamente ben 5.678, pari a 336,38 GW di potenza, suddivisi in 3.642 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 144,84 GW (43,06%), 1.897 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 101,14 GW (30,07%) e 139 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 90,41 GW (26,88%).
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 marzo 2024 risultavano complessivamente ben 809, pari a 57,67 GW di potenza, suddivisi in 524 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 22,99 GW (39,87%), 254 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,86 GW (29,23%) e 31 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 17,82 GW (30,90%).
57,67 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica,dati Terna, 2021).
Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti.
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche.
Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.
Le normative di salvaguardia provvisoria.
La delega contenuta nell’art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea) sull’attuazione della direttiva n. 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili prevede esplicitamente l’emanazione di una specifica “disciplina per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita’ dell’aria e dei corpi idrici, nonche’ delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi”.
Disciplina a oggi non emanata, sebbene alcune disposizioni precedenti siano recenti, come il Piano energetico regionale della Sardegna 2015-2030 – Individuazione delle aree non idonee all’installazione di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili (deliberazione Giunta regionale n. 59/90 del 27 novembre 2020).
In attesa della pianificazione delle aree idonee e non idonee, l’art. 6, comma 1°, del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in relazione all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è stata individuata una “fascia di rispetto … determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”.
Successivamente, con l’art. 47, comma 1°, del decreto-legge n. 13/2023, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 41/2023, la fascia di tutela è stata ridotta a “tre chilometri” per gli impianti eolici e a “cinquecento metri” per gli impianti fotovoltaici.
Detta fascia di rispetto risulta, quindi, nel caso delle centrali eoliche estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e/o con vincolo paesaggistico (artt. 136 e ss. e 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
A esse dovrebbero quantomeno aggiungersi le aree ricadenti nella Rete Natura 2000, S.I.C., Z.P.S., Z.S.C. individuate ai sensi delle direttive n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica.
Appennino Umbro-Marchigiano, Monte dei Sospiri dopo la realizzazione della locale centrale eolica (2016)
Le proposte alternative.
Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta: sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
La nuova Presidente della Regione autonoma della Sardegna Alessandra Todde ha annunciato in proposito: “Abbiamo già pronta una bozza di moratoria da presentare, in attesa del completamento della mappa delle aree idonee e vorrei che si affronti immediatamente. Sappiamo già che la moratoria potrà essere respinta e impugnata ma vuole essere un segnale forte per chiudere in fretta sulla mappa delle aree idonee a livello nazionale e dare delle regole che si possono mettere in campo per proteggere quelli che per noi sono beni non negoziabili, ambiente, paesaggio e beni culturali, e li difenderemo“.
In realtà, la prima cosa necessaria sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
La Regione autonoma della Sardegna è coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza permanente delle Regioni e Province autonome (delibera del 31 marzo 2016, vds. deliberazione Giunta regionale Sardegna n. 37/26 del 21 giugno 2016): in quella sede può esser approvata una proposta di moratoria nazionale da portare alla Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome, così da farla divenire provvedimento a efficacia nazionale.
Siamo ancora in tempo per cambiare registro.
In meglio, naturalmente.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
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La Cina si è comprata mille ettari di Sardegna per costruire un mega parco fotovoltaico – Stefano Baudino
La più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici della Repubblica Popolare cinese, la Chint, si è accaparrata dall’azienda spagnola spagnola Enersid il più importante progetto solare mai concepito a livello europeo, allungando i suoi tentacoli su mille ettari di terreni nel nord della Sardegna. A dare il via all’operazione era stato un accordo sopraggiunto negli ultimi giorni del 2023, ufficialmente formalizzato lo scorso 19 aprile, che prevede un corrispettivo di oltre 7,2 milioni. Il progetto, che è al momento ancora in fase di sviluppo, contempla impianti fotovoltaici da 360 MW e 40 MW (82,5 MWh) di batterie di accumulo, che verranno combinati con coltivazioni e pascoli di pecore. Nel frattempo, cittadini, network di associazioni e autorità locali già da anni in trincea contro la realizzazione dei maxi-impianti progettati in varie zone dell’isola, promettono battaglia.
La frazione di territorio direttamente interessata dal progetto sarà quella che va da Palmadula, nella punta a Nord-Ovest della regione, fino alla borgata di San Giorgio (Sassari), coinvolgendo anche Scala Erre, non lontana da Porto Torres. L’allarme suona anche a Guspini, dove sono previsti numerosi progetti agrivoltaici. A destare molta preoccupazione è, in particolare, il fatto che una grossa fetta del progetto coinvolge zone costiere, siti di interesse comunitario e aree protette, nonché luoghi che si trovano non distanti da rovine archeologiche, come nel caso dell’antica città di Neapolis. Subito dopo l’annuncio della chiusura della transazione, Enerside ha ottenuto dai cinesi ben 7,2 milioni di euro per il progetto – che al momento è in fase di Via (valutazione di impatto ambientale) da parte del ministero dell’Ambiente –, ma continuerà a ricevere pagamenti fino all’approvazione finale da parte di Stato e Regione, che dovrebbe avere luogo entro la fine dell’anno prossimo. Per Enerside si tratta della terza operazione avvenuta negli ultimi anni, per un totale di circa 700 MW venduti nel nostro Paese e in Brasile. Ciò che immediatamente salta all’occhio è che la Chint non è un acquirente qualunque. Dal lontano 1995 è “sezione generale” del Partito Comunista Cinese, di cui divenne “comitato” nel 1998, e fa segnare 18 miliardi di dollari di ricavi. La sua filiale italiana, con sede a Venezia, vede un giro di affari attorno ai 40 milioni di euro. Da questo business, i cinesi incasserebbero circa 107 milioni di euro all’anno. Che, se proiettato in avanti per almeno vent’anni, farebbe fruttare oltre due miliardi di euro.
Negli ultimi anni, la popolazione sarda è in lotta per la tutela del patrimonio paesaggistico e naturale dell’isola contro quella che è una vera e propria “invasione” di pale eoliche e di distese di pannelli fotovoltaici. In Sardegna sono infatti state presentate 809 richieste di allaccio di impianti di produzione di energia rinnovabile alla rete elettrica nazionale che, in caso di semaforo verde, produrrebbero 57,67 Gigawatt di potenza, coprendo di fatto tutti i quadranti dell’isola, comprese vaste aree costiere. Il Centro Studi Agricoli ha lanciato l’allarme, denunciando come ben 200.000 ettari rischiano di essere compromessi. Le proteste contro la speculazione eolica e fotovoltaica si sono intensificate nelle ultime settimane, con cortei, sit-in e flash mob in molte province. E, specie alla luce delle novità emerse, la battaglia è destinata a proseguire.
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Il Governo cerca un porto per l’invasione eolica – Mauro Pili
Entro il 18 maggio l’Autorità di Sistema della Sardegna dovrà avanzare le candidature: grandi manovre nelle banchine sarde
Le grandi manovre sono iniziate da tempo, sotterranee e d’alto bordo. I “signori del vento”, con “basisti” e complici terrestri, si sono mossi come se sapessero tutto. Come se dagli incauti Palazzi di Roma qualcuno li avesse preallertati: cercatevi un porto per sbarcare in Sardegna. Lo hanno fatto, in ordine sparso, con mille sotterfugi e infiniti lasciapassare, come se al momento giusto dovessero arrivare puntuali all’appuntamento “sussurrato” dal Governo. Un passaggio chiave, dove molte maschere potrebbero calare, dove i messaggi cifrati si potrebbero tradurre in un attimo in atti politici, amministrativi e istituzionali.
I tempi dell’invasione
A dettare i tempi è un anonimo ufficio della Capitale, al secolo Dipartimento Energia del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Da quell’anfratto ministeriale è partito il cablogramma, rigorosamente cifrato e silenzioso, riservato alle Autorità Portuali, con una missione e una scadenza rigorosa, quella del 18 maggio. Diciotto giorni dal passaggio di Sant’Efis a Giorgino per scoprire le carte, per svelare quei piani sempre sottotraccia, confusi tra migliaia di carte progettuali e concessioni tanto contrastate quanto irruente. La missione è scandita nell’avviso pubblico destinato agli addetti ai lavori. L’oggetto del bando non ha il dono della sintesi.
Cercasi porti eolici
Per leggerlo tutto d’un fiato serve una bombola subacquea: «Acquisire manifestazioni di interesse per l’individuazione, in porti rientranti nelle Autorità di sistema portuale o in aree portuali limitrofe ad aree nelle quali sia in corso l’eliminazione graduale dell’uso del carbone, di aree demaniali marittime con relativi specchi acquei esterni alle difese foranee da destinare, attraverso gli strumenti di pianificazione in ambito portuale, alla realizzazione di infrastrutture idonee a garantire lo sviluppo degli investimenti del settore della cantieristica navale per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare»…
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Ma quale moratoria delle autorizzazioni per impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili vorrebbe fare la Regione autonoma della Sardegna? – Gruppo d’intervento giuridico
La Giunta regionale presieduta dall’on. Alessandra Todde ha approvato la deliberazione n. 11/3 del 30 aprile 2024, Disegno di legge concernente “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali“.
“In questo momento c’è un far west e un vuoto normativo, abbiamo preso del tempo per mettere delle regole e per poter negoziare con lo Stato, sia per quanto riguarda l’individuazione delle aree idonee, sia per l’apertura della revisione della paesaggistica che è competenza concorrente con lo Stato“, così ha spiegato la Presidente della Regione autonoma della Sardegna Alessandra Todde ha spiegato l’obiettivo dello stop per 18 mesi: “non è una moratoria, ma una sospensiva” alla realizzazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili in Sardegna.
Un fermo “non tanto delle autorizzazioni, perché le istruttorie sono di competenza nazionale, quanto della loro realizzazione e messa in opera“.
In realtà, quindi, non c’è stato alcuno stop al far west degli oltre 800 progetti presentati per quasi 58 GW di potenza (quasi 30 volte la potenza degli impianti oggi esistenti in Sardegna, ben 7 volte l’obiettivo al 2030 stabilito in sede comunitaria). C’è stata l’approvazione di un disegno di legge che dovrà seguire il consueto iter in Consiglio regionale per la sua eventuale approvazione nel testo finale che l’Aula consiliare deciderà.
Il disegno di legge prevede “il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull’occupazione di suolo” anche per gli “impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili le cui procedure di autorizzazione o concessione sono in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge” (art. 2) in attesa dei decreti del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che individuino le aree idonee e non idonee per l’installazione di tali impianti (direttiva n. 2018/2001/UE, art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53) e del successivo adeguamento del piano paesaggistico regionale (P.P.R.), comunque non oltre 18 mesi.
Per la verità, non si tratta di rose e fiori, al di là di alcuni commenti entusiasti.
Innanzitutto, nulla vien detto sui numerosi progetti di centrali eoliche offshore e non pare si sia tenuto adeguatamente conto della previsione del pur noto art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.
La giurisprudenza costituzionale è stata estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023; sentenza Corte cost. n. 11/2022; sentenza Corte cost. n. 177/2021; sentenza Corte cost. n. 106/2020). In particolare, lo Stato “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che … non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021)”.
Una norma regionale che preveda la moratoria delle procedure ovvero la sospensione delle autorizzazioni delle centrali eoliche e fotovoltaiche sul proprio territorio regionale verrebbe con altissima probabilità ancora una volta impugnata per conflitto di attribuzioni (art. 127 Cost.) dallo Stato davanti alla Corte costituzionale con esiti abbastanza prevedibili.
Non solo.
Lo stop proposto sarebbe “non tanto delle autorizzazioni, perché le istruttorie sono di competenza nazionale, quanto della loro realizzazione e messa in opera“: questo significa che un progetto potrebbe esser autorizzato, ma non potrebbe esser concretamente realizzato, determinando lo scontato avvio di azioni risarcitorie nei confronti della Regione.
Come si vede, le perplessità (per non dir altro) sul piano giuridico non sono poche e nemmeno di poco conto.
Una soluzione giuridicamente percorribile appare, invece, quella della moratoria nazionale, una sospensione di qualsiasi procedura e autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
La Regione autonoma della Sardegna è coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza permanente delle Regioni e Province autonome (delibera del 31 marzo 2016, vds. deliberazione Giunta regionale Sardegna n. 37/26 del 21 giugno 2016): in quella sede può esser approvata una proposta di moratoria nazionale da portare alla Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome, così da farla divenire provvedimento a efficacia nazionale.
Una moratoria nazionale sarebbe più che giustificata.
Ricordiamo che in tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 marzo 2024 risultano complessivamente ben 5.678, pari a 336,38 GW di potenza, suddivisi in 3.642 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 144,84 GW (43,06%), 1.897 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 101,14 GW (30,07%) e 139 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 90,41 GW (26,88%).
La Soprintendenza speciale per il PNRR, organo del Ministero della Cultura, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto che “è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024), cioè 4,7 volte l’obiettivo previsto a livello europeo.
Ed è proprio una moratoria nazionale l’obiettivo della petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) che ha già ricevuto più di mille adesioni in meno di 24 ore.
Nessun cittadino che voglia difendere il proprio ambiente e il proprio territorio, salvaguardando contemporaneamente il proprio portafoglio, può lavarsene le mani.
Quanto sta accadendo oggi in Italia nell’ambito della transizione energetica sta dando corpo ai peggiori incubi sulla sorte di boschi, campi, prati, paesaggi storici del nostro Bel Paese.
Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.
E’ ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolare per la moratoria nazionale delle autorizzazioni per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili!
La petizione popolare, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), si firma qui https://chng.it/MNPNNM9Q62.
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una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.