L’incubo di David Ranta
di Grazia del Comitato Paul Rougeau (*)
Come è accaduto ad altri detenuti riconosciuti innocenti e liberati dopo una lunghissima prigionia, David Ranta è stato sopraffatto dalla grande gioia per la liberazione che si è trasformata in angoscia.
A Brooklyn, 23 anni fa, Chaim Weinberger, un corriere della Pan American Diamond Corporation, uscì di casa per recarsi all’aeroporto con una valigetta piena di pietre preziose. Nell’atrio vide un giovane biondo, che cominciò a seguirlo. Chaim accelerò il passo, riuscì a balzare sulla sua auto e a fuggire velocissimo verso l’aeroporto, in tempo per vedere che il giovane aveva estratto la pistola e stava correndo per raggiungerlo.
Mentre Chaim si allontanava, l’anziano rabbino Chaskel Werzberger stava mettendo in moto la sua auto. Il ladro, colto dal panico, gli sparò un colpo alla testa e lo scaraventò fuori dall’auto che usò per darsi alla fuga. Il rabbino fu portato d’urgenza in ospedale ma morì pochi giorni dopo. L’efferato omicidio suscitò uno scalpore immenso, perché la vittima era una persona nota, stimata e molto amata, nonché uno dei sopravvissuti di Auschwitz.
Il sindaco offrì una taglia di 10.000 dollari. La polizia fu posta sotto pressione affinché acciuffasse subito il colpevole. Interrogò vari malviventi nel tentativo di rintracciare il ladro omicida. Una telefonata anonima suggerì di controllare un certo Joseph Astin, un ladro alto, di bell’aspetto e biondo, ma Astin pochi giorni dopo morì in un incidente automobilistico.
L’investigatore Louis Scarcella, che fu messo a capo della squadra incaricata delle indagini, fece visita in carcere a Drikman e Bloom, due delinquenti imputati di furti e violenze. Questi, nella speranza di ottenere uno sconto di pena, gli confezionarono una storia plausibile: gli dissero che Bloom era stato coinvolto nell’organizzazione del tentato furto di preziosi, ma che un loro conoscente, David Ranta, un ladruncolo drogato, era l’omicida.
La fidanzata di Drikman disse agli investigatori di aver visto Ranta e Bloom incontrarsi per organizzare il colpo. A Bloom fu garantito di non essere perseguito per l’omicidio e gli fu ridotta in modo sensibile la pena per gli altri reati, quelli che aveva commesso.
Scarcella arrestò Ranta dopo sei mesi dall’omicidio del rabbino e dichiarò in tribunale che questi (dopo 26 ore di interrogatorio praticamente ininterrotto) aveva confessato la sua colpevolezza. Nessuna prova fisica lo legava all’omicidio.
Il caso era pieno di pecche, ovviamente. Il portavalori, che aveva visto bene in viso il ladro, testimoniò al processo di essere sicuro che Ranta non fosse il colpevole. Quattro dei 5 testimoni non lo riconobbero come il colpevole nel primo confronto. Alla fine però la giuria lo giudicò colpevole. A maggio del 1991 ricevette una condanna a 37 anni e 6 mesi di reclusione in un carcere di massima sicurezza. Buon per lui che non ebbe la pena di morte come chiedevano a gran voce gli ebrei.
David Ranta dichiarò in tribunale di essere innocente e che i testimoni e i poliziotti che lo avevano incastrato erano tutti corrotti. «Spero che Dio faccia emergere la verità perché molte persone dovranno vergognarsi di ciò che mi hanno fatto».
Quattro anni dopo, sorsero i primi dubbi sulla possibile innocenza di Ranta: Teresa Astin si presentò a dire che il defunto marito era venuto a casa, il giorno dell’omicidio di Werzberger, spaventatissimo, dicendole di aver fatto del male a qualcuno, che qualcosa di molto grave era successo. «Piangeva, era terrorizzato» disse la vedova che era al corrente di particolari dell’omicidio che nessun altro conosceva. La moglie trovò poco dopo Joseph Astin nel bagno che smontava una pistola. Nonostante questa testimonianza, il caso di David Ranta non fu riaperto.
Sedici mesi fa – dopo oltre un ventennio dai fatti – a Ranta si è finalmente presentata l’occasione di far riaprire il caso davanti al nuovo procuratore distrettuale. Furono iniziate serie indagini sul comportamento della polizia e si scoprì che l’ investigatore Scarcella era responsabile di alcune delle condanne più dubbie.
Uno dei testimoni (che aveva 13 anni all’epoca del delitto) dichiarò che quando si presentò alla polizia per il riconoscimento dell’omicida in un confronto all’americana, un investigatore gli disse che avrebbe «dovuto riconoscere» l’uomo con il naso grosso. Egli allora indicò David Ranta perché era quello con il naso più grosso degli altri.
La fidanzata di Drikman ritrattò la sua testimonianza, dichiarando di aver inventato tutto. Anche Drikman ritrattò, dicendo di aver incastrato Ranta con l’aiuto del detenuto Bloom e degli investigatori.
David Ranta, che ora ha 58 anni, il 21 marzo scorso è stato dichiarato innocente e scarcerato.
«Signor Ranta, dirle che sono desolata per ciò che ha dovuto sopportare è veramente poco e del tutto inadeguato, ma glielo voglio dire ugualmente» ha detto la giudice Miriam Cyrulnik asciugandosi gli occhi.
«Sono vissuto in una gabbia, sono stato spogliato e umiliato. Potrò di nuovo entrare in contatto con la gente, decidere della mia vita» ha dichiarato David Ranta appena libero. Uscito dal tribunale il 21 marzo scorso, con il suo avvocato e una borsa contenente le sue poche cose, Ranta ha detto di sentirsi come soffocato, come se si trovasse sott’acqua, travolto dall’emozione.
La sua emozione è stata davvero troppa e si è trasformata in angoscia: David Ranta è stato colpito da un infarto nel secondo giorno di libertà, mentre si trovava in un albergo a festeggiare con i suoi cari. Adesso è ricoverato in ospedale.
«Rientrare nel mondo esterno – ha detto il suo avvocato, Pierre Sussman – dopo quasi un quarto di secolo in prigione può essere un’esperienza estremamente disorientante».
Ci auguriamo che David possa riprendersi e godere ancora della libertà e della dignità che gli è stata deliberatamente negata per tanti anni, i migliori anni della sua vita.
(*) Il numero 204 del «Foglio di collegamento» si apre con un’altra bella notizia, quella dell’abolizione della pena di morte in Maryland, cui speriamo si possa aggiungere a giorni quella dell’abolizione in Delaware. Come vedete le pena di morte cade pezzo a pezzo anche nel Paese che ne costituisce quasi l’emblema e che, data la sua grandezza, potenza e notorietà, dà il cattivo esempio a tutto il mondo.
Un’altra notizia che ci concede un almeno temporaneo sollievo è la sospensione dell’esecuzione in Florida di Paul Howell, il condannato cattolico assistito spiritualmente dal nostro amico Dale Recinella (a proposito di Dale: abbiamo ancora alcune copie del suo libro «Nel braccio della morte», chiedetecele: vale la pena leggerlo).
Un articolo parla della pessima scelta di Barack Obama per il nuovo capo della CIA, un uomo che tace e acconsente alle violazioni dei diritti umani e che, per quanto riguarda gli “assassinii mirati” con i droni, se ne fa addirittura promotore.
Notate l’articolo sul processo intentato in Guatemala contro uno dei maggiori responsabili delle decine di migliaia di “sparizioni” e degli ancor più numerosi omicidi che si ebbero in quel Paese nel corso della dittatura militare durata un trentennio.
Fra i tanti articoli che riguardano Paesi di vari continenti ve ne sono alcuni, come quello su David Ranta, che sembrano racconti inventati per suscitare la meraviglia del lettore, ma sono storie vere.
SOMMARIO del numero 204 (febbraio-marzo 2013)
Vinta la difficile battaglia abolizionista in Maryland
La pena di morte potrebbe essere abolita anche in Delaware
Sospesa l’esecuzione di Paul Howell assistito da Dale Recinella
David Ranta, vittima senza fine della “giustizia”
«Sono terrorizzato, voglio vivere, non voglio morire»
Vivo per miracolo non potrà più essere condannato a morte
L’Arabia Saudita ignora le proteste internazionali
Zio Sam, il grande fratello
Pervicace scelta di Obama: Brennan a capo della CIA
Pesanti condanne ai capi del SISMI per il rapimento di Abu Omar
In Guatemala prosegue il processo contro il generale Montt
Scambio di battute in Internet sugli zingari che puzzano
Notiziario: Georgia, Iraq, Maldive, Pakistan, Sri Lanka, Texas, Usa
ATTENZIONE: La nostra ASSEMBLEA ORDINARIA dei soci si svolgerà domenica 2 giugno a Firenze, nel prossimo numero troverete l’ordine del giorno e le istruzioni per parteciparvi.
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Segnalo una pagina interessante su «il manifesto» dell’11 aprile (credo la si possa recuperare sul sito). Un articolo di Giuseppe Acconcia illustra il report 2012 di Amnesty International su pena “capitale” ed esecuzioni sul mondo: il sommario chiarisce «dubbi sui dati cinesi; aumento delle esecuzioni in Iraq, in Giappone e per reati legati alla morale». Il rapporto completo è ovviamente leggibile sul sito di Amnesty.
A fianco c’è un articolo di Marco Cinque sugli Stati Uniti: la posizione “pilatesca” di Obama e «il boia al lavoro soprattutto in 4 Stati: Arizona, Oklahoma, Texas e Missisippi».
Grazie, Daniele. Leggere qui da te (noi) è sempre arricchimento..
c.