L’infodemia è peggio della pandemia
58esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega
Fuori dai denti: la normalità non ci riavrà
Come qualcuno aveva temuto, la normalità è tornata con tutto il suo carico di orrore quotidiano tanto che c’è chi sadicamente si augura un ritorno di pandemia per fermare il sistema dell’infodemia e dell’ecocidio controllato! Ieri un ragazzo indiano mi ha fatto osservare quello che molti di noi osservano e non dicono: ogni persona che guida un’automobile, da solo, senza limiti di sorta, avvelena l’aria che respirano decine o centinaia di persone; e non saranno gli incentivi ad acquistare la bicicletta a fermare questo scempio.
Infodemia indica una malattia dovuta a disinformazione e/o a informazione allarmista. E’ un termine usato recentemente. Nel suo libro Virus sovrano, Donatella Di Cesare sostiene che ha prodotto più danni del virus corona.
La questione è drammaticamente semplice: l’ecocidio va fermato con tutte le forze che abbiamo, pena la fine della speranza di poterlo “battere”.
Giorni fa in una pista ciclabile in aperta campagna tra Poggibonsi e Siena ho visto uno che andava in bicicletta con la mascherina! Così come famigliuole con bambini che passeggiavano con la mascherina. Un esempio lampante di infodemia: c’è chi porta la mascherina perché ha paura delle multe e del giudizio altrui ma tutto questo è pompato da campagne mediatiche devastanti, non ultima quella di cui è protagonista Lino Banfi.
Come il ragazzo indiano anche un vigile urbano di Verona diceva – all’inizio di aprile, su Radio 1 – che sarebbe uno scempio nello scempio rivedere file di automobili condotte da solitari autisti.
Un martirio autoinflitto con conseguenze penose per l’aria che respiriamo, una schiavitù economica: ecco cos’è l’automobile. Non garantisce l’autonomia, anzi la nega. E noi continuiamo (molti di noi) a credere in questo mito di merda. Già 50 anni fa Ivan Illich e altri come lui mostravano il lato oscuro e castrante di questa industria cancerogena.
I mezzi pubblici dovrebbero essere gratuiti. In parte è così adesso, per via del “dopo covid”: sui treni pochissimi controlli dei biglietti, in compenso il nuovo biglietto è la mascherina (mezza pena).
Ma si peggiora: oltre il biglietto e la mascherina, entrambi strumenti di controllo, ci sono l’App Immuni, i vaccini e i microchip. Su questi elementi dobbiamo concentrarci e ragionare. L’APP immuni la stanno spacciando come qualcosa di inevitabile: la solita infodemia di tv, Radio, giornali (tranne qualche eccezione: Avvenire, il manifesto…). L’APP immuni è indiscutibile ovvero non possiamo discuterne; eppure le conseguenze non le sappiamo bene. Però ci sono 130 milioni di euro che il governo italiano ha stanziato per la ricerca sui vaccini, senza valutare se la terapia del plasma fosse plausibile… forse perché avrebbe fatto guadagnare poco ai grossi imperi farmaceutici.
Adesso ci aspetta il microchip (alcuni esperimenti li stanno facendo) con i braccialetti elettronici e tutto il resto.
Fra le questioni “dimenticate” c’è il 5G. Qui sotto alcuni link per approfondire.
La morale è che al di là di tutto, continua la strategia di trattarci (dall’alto e tra di noi) come bambini idioti.
https://www.che-fare.com/iaconesi-immuni-app-coronavirus/
Il disegno è ripreso dal sito di Medicina Democratica. Visto che ci siamo, la “bottega” consigli anche questa lettura: Marinella Correggia: Covid-19: «rivelazioni» e conferme di giugno
QUESTO APPUNTAMENTO
Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]
per poter evadere dalla schiavitù dell’auto ci vorrebbero delle alternative valide, ma è già evidente che i mezzi pubblici – già insufficienti prima del covid – ora ulteriormente depotenziati dalle ‘misure di sicurezza sanitaria’, sono ancora più esigui.
Un esempio concereto? ieri, domenica, ho partecipato a un trekking ‘letterario’ a Monte Sole (appennino bolognese, luoghi dell’eccidio di Marzabotto, nonché solcati dai più bei sentieri della provincia) promosso dai Wu Ming. I partecipanti erano più di 200. Il programma iniziale prevedeva partenza a piedi da Vado, valico di Monte Sole e arrivo a Pian di Venola; le tratte Bologna-Vado e Pian di Venola-Bologna con i treni regionali della linea per Bologna-Prato all’andata e della linea Bologna-Porretta-Pistoia al ritorno, niente auto.
Ebbene no: i posti contingentati per covid sui trenini appenninici sono al massimo 150 e il nostro gurppo non esauriva ovviamente i passeggeri. Aggiungere una carrozza? sia mai! gli organizzatori a malincuore hanno dovuto cambiare litinerario, prevedendo un circuito ad anello con partenza e arrivo sempre a Vado, in modo da lasciare la possibilità di spostarsi in macchina da Bologna.
Ma non è tutto. Nonostate ciò, ossia nonostante che molte persone erano venute in macchina, al ritorno diverse decine di persone, me compresa, intendevano comunque rientrare a Bologna da Vado in treno. Solo che il treno è arrivato da Prato già pieno. Dato che avevamo fatto il biglietto quasi tutti in stazione e la macchinetta elettronica non aveva avuto niente da eccepire, pensavamo che i posti ci fossero, ma si vede che nessuno aveva comunicato al sistema il numero di posti disponibili. Vabbè, saliamo sul treno e siamo pigiati in piedi, il capotreno non prova neanche, da solo, a far scendere delle persone (il treno successivo sarebbe passato oltre 3 ore dopo e rischiava il linciaggio). Ma il treno sta fermo mezz’ora, a un certo punto l’altoparlante ci informa che si stanno cercando ‘soluzioni per evitare il sovraffollamento’ (mentre siamo tranquillamente sovraffollati dentro al treno fermo). alla fine dicono che è stato previsto un autobus alternativo a Pianoro, due fermate più giù, e si parte. Arrivati a Pianoro altra sosta: il capotreno implora dall’altoparlante i passeggeri di collaborare e scegliere l’autobus. una trentina di persone scendono dal treno (l’autobus, a posti contingentati anche lui, non potrebbe accoglierne di più). Il treno è ancora sovraffollato secondo gli standard-covid ma la situazione è alleggerita, dunque prosegue il viaggio per Bologna centrale.
Da notare che il tragitto Vado-Bologna dura poco più di mezz’ora, sicché se avessero mandato avanti il treno senza tante storie non sarebbe cambiato nulla a livello di rischio contagio e avremmo tutti evitato un ritardo, ma con simili esperienze e senza nessuna certezza dell’orario di arrivo, chi, disponendo di un’alternativa, continuerà ad arischiarsi a prendere il treno?
E perché la Regione Emilia-Romagna continua a pubblicizzare i percorsi di ‘trekking col treno’ in Appennino se poi nel week end, quando più plausibilmente gli escursionisti praticano il trekking, i posti soo troppo pochi e rischiano di non poter scendere dalle montagne?
Ero presente anch’io, sia alla scarpinata che sul treno di ritorno per Bologna, e confermo quanto riportanto aggiungendo che la compagnia ferroviaria fa schifo, gente non solo incapace di prevenire un surplus figuriamoci di trovare una soluzione rapida nel momento di difficoltà. Vergogna, ladri