«Lo scrivere è cercare un altro mondo»

Due parole sull’antologia «Fuoribusta» di Sandro Sardella

Sardella-cop

Chi passa spesso qui in bottega Sandro  ormai lo conosce. Quasi sempre di sabato con una «nota d’acqua» (nel suo stile inimitabile) dedicata a persone, eventi, libri o talvolta con i suoi bei versi e/o disegni.

Operaio, impiegato alle poste, pittore, poeta. Arrabbiato. Desiderante. Tanti libri tradizionali, ancor più ciclostilati. Preferisce le strade alle stanze chiuse, versi in ogni forma. Più conosciuto a San Francisco che nella natia Varese.

«Sono in un corpo a corpo con la parola

tengo la mutanda piena di libri di scuola»

racconta in «Sono & non sono cenere sulla tua mano?» del 2014.

«Sono stato nella credenza del comunismo

mo’ mi trovo nel frigorifero del consumismo».

Come scrive Beppe Costa nel presentare questo «Fuoribusta» – edizioni Seam: 96 pagine per 10 euri – Sardella «fa parte di quella schiera di poeti e artisti italiani che non hanno seguito né seguono la rotta della poesia per poltrone comode, salotti e parrucchieri che ti fan bello per presentarti al pubblico con una nuova opera».

Ironico e duro. Versi come rose parlando d’amore, versi come armi quando parla contro chi vive succhiando il nostro sangue.

Operaio certo. Ma di che tipo? Sentite questi versi scritti il 1 maggio 1980, appunto sotto il titolo «Operai».

«marchiati dal ’69

(n. di ricordi/n. di piacere)

Operai

sì, operai

violenti / estranei / brigatisti

scansafatiche / assenteisti

Operai

consacrati

responsabilizzati da

Partiti&Sindacati

Operai

buoni per far numero

in piazza

in produzione

e in votazione

Operai

sacrificati dalla “Repubblica

fondata sul Lavoro”

Operai

sette morti

sconosciuti al giorno

Operai

vecchi consumati

davanti

un bicchiere di vinaccio

Operai

sanguinanti per

i 61 fiat, 4 alfa ed altri

Operai

soli con se stessi

soli senza se stessi

Operai

che bella razza!».

Anche se siete troppo giovani per cogliere il riferimento ai “61 Fiat, 4 Alfa” il senso complessivo è chiarissimo.

D’altronde eccolo a ribadire:

«Ho disertato la logica dell’industria la storia che ingessa ho

disertato gli stili e talvolta le

belle maniere».

E poi:

«Ho scritto versi spettinati quel tanto che riuscivo per trovare luoghi dove le logiche non

siano di marmo».

Così scrive Sardella in «Letterina fosforescente» (del 2011) che in questo libro precede i cuori che tremano e gridano, le lacrime, le fiamme di «Gaza City – Rasa discanto» (del 2014).

«Lo scrivere è cercare un altro mondo» e «la fuga dal lavoro operaio rende mobili le frontiere» nel lungo serpente di «Graffiti & frequenze».

Poesie che sfrecciano, fra la «mutanda», la Grecia, «l’Italia della bruttezza», il fango e il mondo. Ce n’è una dedicata ad Amiri Baraka che trovate in “bottega” – è qui: Quasi Polaroid Blues – e c’è la «Stagioni raminghe» con il verso che è diventato quadro (o viceversa?) e poi coloratissima copertina di questo libro che fareste bene a regalare-regalarvi.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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