Lo straniero – Albert Camus
L’ho riletto dopo tanti anni, è ancora più bello. E’ una storia “semplice”, ma dentro c’è un mondo. Rileggendolo adesso trovo echi di Bartleby, anche lui preferiva di no, Meursault appare un uomo senza qualità, non ha ambizioni, non prende mai posizioni decise, solo una volontà appare, ferrea, niente religione e niente preti, sia con il magistrato, sia in cella, in attesa della fine. Sembra quasi che lui non abbia speranza, non voglia speranza, e questo lo rende diverso da qualsiasi altro colpevole.
Ancora, trovo echi di Kafka, nella seconda parte del romanzo, l’uomo e la Giustizia.
Ma questo non è Melville, non è Kafka, è Camus ( “L’unica giustificazione possibile per Dio è che non esiste”).
Inizia così:
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.” Questo non dice nulla: è stato forse ieri.
L’ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l’autobus delle due e arriverò ancora nel pomeriggio. Così potrò vegliarla e essere di ritorno domani sera. Ho chiesto due giorni di libertà al principale e con una scusa simile non poteva dirmi di no. Ma non aveva l’aria contenta. Gli ho persino detto: “Non è colpa mia.” Lui non mi ha risposto. Allora ho pensato che non avrei dovuto dirglielo…”