Lo strano popolo degli hucheros
di Gustavo Duch (*)
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Ho raccolto le informazioni da una rivista specializzata in antropologia, dove in uno dei suoi articoli si fanno congetture sul perché la popolazione di una remota e poco conosciuta etnia soffra di tre disturbi patologici che finiscono per colpire in modo sostanziale il suo modello di vita. (**)
La pratica del cannibalismo
Il primo di questi disturbi sembra essere una mutazione genetica legata al cromosoma Y che fa sì che venga mantenuta una struttura sociale patriarcale molto rigida, tanto che, per quanto raccontato nell’articolo, si potrebbe dire, senza esagerare, che questa società sembra un plotone dell’esercito dove solo i maschi coraggiosi ed eterosessuali, godono di tutti i privilegi.
Privilegi che sono presenti in tutti gli scenari di vita, nelle loro case, nei campi, nelle scuole… arrivando ad abituali situazioni di maltrattamento e sfruttamento delle donne.
I maschi adulti sono i proprietari delle terre e sono loro che al tramonto si ritrovano nelle piazze dei loro villaggi per vendere i prodotti dei raccolti. Invece, i compiti che hanno assegnato alle donne, come la cura della casa, della famiglia o dei piccoli orti, sono attività che nella loro società rimangono invisibili ed emarginati. Come spiega l’articolo, il predominio di questa mascolinità mal intesa, è responsabile di un modello di società ossessionata dal pensiero di produrre quanto più possibile e dal disprezzo verso tutto ciò che garantisce la riproduzione delle loro stesse vite. Non sorprende quindi il fatto che i loro territori siano occupati da pochissime ed enormi monocolture, dove alle volte si incontrano bambine e bambini che, sfruttati, lavorano al servizio degli uomini dominanti.
A quanto pare, e questa è la loro seconda patologia, la maggioranza dei membri di questa comunità – e la totalità dei suoi governanti – nascono con una deformazione al nervo ottico che altera il campo visivo. [Questa deformazione] fa sì che vedano tutto quanto girare attorno a loro stessi. Vale a dire: loro sono al centro di tutto. Non affermano che il Sole, i pianeti e le stelle ruotano attorno alla Terra, come si affermava nell’antichità: sono invece convinti che l’universo, il Sole, i pianeti e le stelle ruotino attorno a loro stessi. Non è che credono di essere i prescelti del creato, così come tante religioni hanno insegnato ai propri seguaci: ritengono di essere essi stessi divinità, detentori di poteri magici; si sentono sovrannaturali, in senso letterale, cioè al di sopra della Natura, che maltrattano senza alcun rispetto.
È così grande il loro disprezzo verso quelli che non sono come loro e tanto grande è la loro ossessione produttivista che, quando vedono altri esseri, non fanno altro che immaginare il modo per trarne vantaggio. Per esempio, quando vedono una mucca, vedono solo le sue mammelle. E quando vedono un maiale, ah!, quando vedono un maiale, vedono solo il suo completo utilizzo tanto da confonderlo con un salvadanaio che idolatrano come loro divinità. Da questo deriva il loro nome, hucheros [hucha, salvadanaio e cerdito, maialino] poiché il dio che adorano è il maialino-salvadanaio e lo servono ingrassandolo con monete, fino all’atto rituale del suo sacrificio. Racconta il testo che quando nascono i loro figli, gli regalano un maialino-salvadanaio che mettono sul comodino affinché li protegga e li guidi sulla buona strada della sacra accumulazione.
Come qualsiasi società umana, rivolgono canti e preghiere al loro dio. Inginocchiati di fronte a lui, pregano per il miracolo dell’ingrasso perpetuo. Secondo un’ipotesi dell’articolo, forse, è questa stessa deformazione ottica che fa loro credere di vivere in un mondo piatto e infinito e, senza la coscienza di un pianeta sferico e finito, vivono in questa alienazione che li porterà alla loro sicura estinzione.
dal sito servindi.org
Con molto stile, essendo eruditi negli eufemismi, i loro governanti definiscono la credenza dell’ingrasso illimitato del maiale divino, con i termini di “generare ricchezza” o “la logica della crescita”; nelle loro bandiere esibiscono come motto un “plus ultra” e nelle scuole commerciali insegnano che bisogna “mangiarsi il mondo”. Sì, sì, come possiamo vedere gli hucheros sono una delle poche etnie che ancora pratica il cannibalismo: mangiarsi il mondo, mangiare sé stessi.
Altre pratiche non civili
Come dicevamo prima, con questa deformazione nella vista, tutto ciò che vedono lo interpretano come merce che si può vendere, fatto che li porta a praticare un’agricoltura senza logica alcuna. A differenza di qualsiasi cultura civile, gli hucheros non indirizzano l’agricoltura verso la soddisfazione di un’alimentazione sana e sufficiente per la popolazione: la dirigono invece verso quei mercati che possono offrire il maggiore rendimento economico. Si può notare così che in molti dei loro territori si soffra di fame cronica malgrado i buoni raccolti, i quali viaggiano verso altri luoghi dove invece predomina il sovrappeso e gran parte di quanto ricevuto viene sprecato. Invece di gestire con moderazione le risorse marine, pescano così tanto che i loro mari sono ormai esauriti. Infatti, i conflitti esistenti tra di loro sono originati da chi può controllare la produzione: per questo motivo, sia nel passato che nel presente, tra gli hucheros si scatenano guerre per appropriarsi della terra fertile.
Landgrabbing. Immagine da EcoDias
Infine, patologicamente parlando, è necessario spiegare ciò che gli oftalmologi hanno classificato come una “degenerazione progressiva delle cellule della retina che provoca uno pseudodaltonismo acquisito“. Succede così che, man mano che crescono, le bambine e i bambini hucheros, confondono i colori in maniera tale che solo il bianco sembra avere valore. Con questi occhi malati, disprezzano quegli esseri umani che non fanno parte della loro “civiltà”, che non convivono nella loro “cultura huchera”. Ci sono gruppi di paleontologi che analizzando il loro Dna, affermano che questa etnia discende direttamente da Colombo e da altri conquistadores, e ciò non ci deve sorprendere perché è proprio in questo modo che loro si comportano.
“Gli altri” – dicono gli hucheros -“sono selvaggi ed inferiori e sono qui per servirci”. Gli altri sono le donne marocchine che sotto la plastica e le fumigazioni raccolgono i pomodori che loro mangeranno tutto l’anno; gli altri sono quelli che come rondini riposano sulle recinzioni che gli hucheros hanno installato circondando il loro confine e impedendo, con proiettili di gomma o colpi di manganello, le migrazioni; gli altri sono i pescatori della Somalia e del Kenia che oggi soffrono la fame perché lì gli hucheros hanno i pescherecci più potenti al mondo e trasformano quello che, assieme a tutte le ricette a base di maiale ingrassato, è uno dei loro piatti più apprezzati: il tonno in scatola.
Una cattiva alimentazione
Il loro pseudodaltonismo, come dicono gli specialisti, li conduce anche ad un disprezzo interno. Viene odiato tutto ciò che non fa parte del loro stile di vita. Sono consumisti, urbanisti, piace quello che è urbano mentre ciò che è rurale, contadino, popolare per loro è ripugnante. Il loro modo di parlare li tradisce. Nei film di buoni e cattivi che le loro reti televisive trasmettono in continuazione, i cattivi sono i “villani”, vale a dire coloro che vivono nei villaggi, al di fuori delle città. Il loro dizionario definisce il contadino come una persona rozza, ignorante. Inoltre, fin da piccoli, nelle scuole primarie, gli alunni sono obbligati a rispettare e memorizzare le regole urbane, dicendo senza dire, che ciò che è rurale è abominevole.
Immagine tratta da GreenReport
Poiché non apprezzano coloro che producono cibo, non pagano gli alimenti come spetterebbe. Disprezzando le diete tradizionali, sono andati modificando il loro metabolismo digestivo e oggi gli hucheros, come fenomeno dell’evoluzione mai visto, si sono trasformati nei primi esemplari capaci di vivere cibandosi di plastica e petrolio che viene loro venduto in negozi uniformi che chiamano grandi magazzini. I filosofi sono dell’opinione che abbiano un carattere freddo, artificiale, metallico, perché, naturalmente, sono ciò che mangiano.
Si sono allontanati così tanto che hanno quasi eliminato la cultura contadina. Forse perché se questa cerca equilibrio e stabilità, diventa una minaccia contro il loro sogno di crescita perpetua. Forse perché è la paura di trovare ciò che porta all’autonomia che li spinge ad emarginare questo modo di vivere.
Tuttavia non si rendono conto che in questo modo, generando povertà e fame nel mondo, hanno condotto la propria popolazione a vivere dentro una bolla falsa, vulnerabile e pericolosa. La loro ipertrofia androcentrica, antropocentrica ed etnocentrica, non è solo responsabile di una crisi globale sul Pianeta ma è anche il limite principale che impedisce loro di affrontare le sfide che si trovano di fronte.
Dunque, alla fine è tutta una questione di cosmovisione.
Una visione, una cultura dell’accumulazione che danneggia la propria esistenza e che impedisce di guardare con gli occhi sani di chi protegge e coltiva la vita.
(*) Recuperato da «Comune Info» (pubblicato con autorizzazione dell’autore) che indica come fonte il blog di Gustavo Duch, cioè gustavoduch.wordpress.com; la traduzione è di Daniela Cavallo.
(**) Il testo è il seguente “Por una recampesinización ecofeminista: superando los tres sesgos de la mirada occidental” di Marta Soler Montiel e David Pérez Neira.