Guatemala: Lolita Chavez ritorna in Ixim Ullev…

e non ritorna sola!!

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Il 27 giugno 2024 ha segnato settanta anni dal colpo di stato che i militari  guatemaltechi, sotto la regia della CIA, realizzarono contro Jacobo Arbenz, presidente democraticamente eletto nel paese centroamericano.

Fu un colpo di stato con il marchio della United Fruit Co., una prova di forze delle grandi multinazionali per affermare il proprio potere in complicità con le forze militari latinoamericane.

Il 28 giugno 2024 ha invece segnato quindici anni dal colpo di stato parlamentare in Honduras che ha  destituito il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya, colpevole di un pericoloso (per gli Stati Uniti) avvicinamento al Venezuela e di voler promulgare una assemblea costituente.

Proprio il 26 giugno di quest’anno c’è stato un fallito colpo di stato in Bolivia messo in atto da una parte delle Forze Armate per rovesciare il presidente democraticamente eletto Luis Arce.

Così si scrive la storia del continente di Abya Yala, colpi di stato e contro colpi di stato, militari e multinazionali che dominano la scena, spogliazione dei territori e frustrazione delle fragili democrazie.

Ma la storia del continente latinoamericano è anche altro: la storia di una ostinata ribellione, mai doma.

Come la storia di Lolita Chavez, da sette anni costretta in esilio in Europa, a seguito di minacce, criminalizzazioni costanti, attacchi armati che la obbligarono a fuggire dal suo paese, dove lottava contro le multinazionali e il loro accaparrarsi delle risorse naturali. (1)

Lolita Chavez è una delle figure di riferimento del femminismo comunitario in Guatemala; ecco cosa aveva scritto alcuni fa:

“Crediamo che ci sia bisogno di lottare contro il patriarcato, perché abbiamo vissuto la violenza e la tortura applicate ai popoli originari e anche ai nostri corpi, quindi diciamo che il nostro corpo è il nostro primo territorio da difendere. Però, allo stesso tempo, non possiamo rimanere ancorate solamente al corpo o all’individualismo e non possiamo rimanere zitte davanti all’avanzare del modello estrattivista. Perché in quel caso sarebbe un tradimento nei confronti di un popolo millenario che durante la sua storia ha sempre lottato per l’esistenza di tutti gli esseri viventi. È molto importante lottare contro le multiple oppressioni. Per esempio, i femminismi separatisti generano molte divisioni e molta debolezza nei territori, dove noi invece dobbiamo generare la forza collettiva che si costruisce necessariamente in comunità. E la comunità si costruisce con la partecipazione dei bambini, delle bambine, degli uomini, delle donne, degli anziani e delle anziane”(2)

 

Lolita ha deciso di rientrare in Guatemala, dopo aver vinto la causa giudiziaria contro di lei, accusata di aver sequestrato un rimorchio carico di armi e droga, quando Lolita non sa nemmeno guidare.

Di rientrare quindi in Ixim Ullev (il nome tradizionale con cui le popolazioni indigene locali definiscono il Guatemala), ma dalla porta principale e non da sola: l’ha infatti accompagnata una delegazione internazionale, composta da esponenti cileni, argentini, messicani, honduregni, uruguaiani, italiani, kurdi, baschi e altri ancora (3)

Perché Lolita aveva dichiarato che sì, sarebbe ritornata ma non da sola, bensì in comunità e accompagnata dagli spiriti ancestrali che avrebbero camminato con lei.

Il viaggio è stato un pellegrinaggio collettivo, passando per le assemblee comunitarie di San Cristóbal de las Casas in Chiapas, di Milpa Alta a Città del Messico; poi fermandosi nella comunità La Esperanza in Honduras, dove è stata accolta dal Copinh, l’organizzazione creata dalla difensora Berta Cáceres, assassinata per la sua lotta in difesa del Rio Gualcarque. Infine il rientro nel suo paese.

In questo pellegrinaggio-festa-commemorazione-denuncia messa in piedi da Lolita e dalla carovana internazionalista, è stata anche ricevuta con festa e cerimonie nella Plaza de las Niñas de Guatemala a Città del Guatemala, piazza così ribattezzata in ricordo delle 44 bambine assassinate in una “casa sicura” l’8 marzo del 2017. In questa occasione, intorno ad un fuoco sacro, sono stati ricordati i nomi di tutte quelle bambine, vittime anch’esse della violenza patriarcale. Con loro, era sicuramente presente lo spirito di Norita Cortiñas, madre de Plaza de Mayo, che proprio in quel 2017 si era precipitata a Città del Guatemala per abbracciare le madri delle vittime e con loro chiedere giustizia (4)

Sempre a Città de Guatemala, Lolita è stata ricevuta anche dall’attuale presidente del Guatemala, Bernardo Arévalo, che ha ricordato di sapere bene come si vive in esilio: infatti suo padre, Juan José Arévalo, ex presidente guatemalteco, fu costretto a fuggire dal paese a causa del governo di Jorge Ubico.

Proprio mentre era in esilio in Uruguay, nacque Bernardo, che ora, dopo essere stato deputato per il Movimiento Sevilla, è stato eletto Presidente del Guatemala a gennaio del 2024.

Durante l’incontro tra il neo-presidente e Lolita Chavez, la fondatrice di Prensa Comunitaria, Quimy De León ha voluto ricordare che Arévalo è potuto essere eletto presidente grazie alle lotte collettive soprattutto indigene, quelle lotte che hanno portato a 106 giorni di sollevazione pacifica e da cui proviene anche la lotta di Lolita. (5)

Che ha chiesto ufficialmente al Presidente di concretizzare la difesa dei difensori e difensore, di rispettare i processi di autonomia territoriale del popolo K’iché e di altri popoli indigeni originari in resistenza, vincolati alla Madre Terra, di porre fine agli sgomberi violenti e le violenze perpetrate contro le comunità, e generare le condizioni perché altri attivisti costretti all’esilio possano ritornare in patria, come ha potuto fare Lolita. Il presidente ha espresso la volontà politica di attuare nella direzione di cambiamenti a favore delle popolazioni indigene.

Nella festa di accoglienza, rallegrata di canti, letture e interventi, non è mancata la speranza, l’allegria, la speranza, il coraggio, in particolare di quelle donne che hanno scelto di mettere in discussione un sistema patriarcale colonialista, sognando e riuscendo finalmente a rompere le catene imposte da secoli.

Così è avvenuto anche nella terra K’iché, dove una grande cerimonia ha accolto la sorella rientrata dall’esilio, rompendo frontiere, inaugurando comunità nuove che hanno radici in quei territori corpi così importanti nella cosmovisione dei femminismi comunitari.

Ripete sempre Lolita in questo pellegrinaggio di ritorno “Fiorirà nuovamente Ixim Ulev” (6)

Persino i semi, le piccole piante e i fiori si avvicinano contenti e desiderosi di essere parte di questa gran festa.

Ed io, che ho avuto l’onore di conoscere e conversare con Lolita Chavez in un suo viaggio a Torino, vi parteciperò da lontano, anche solo con questa breve nota, ricordandomi ciò che mi aveva detto Lolita: io sono te e tu sei me.

 

  1. In Bottega qui https://www.labottegadelbarbieri.org/solidarieta-a-lolita-chavez/
    e qui https://www.labottegadelbarbieri.org/dal-guatemala-pluriversi-femministi-e-indigeni/
  2. vedere https://ilmanifesto.it/estrattivismo-e-repressione-la-lotta-indigena-e-globale/?fbclid=IwAR2je_SVHtbZ0PHJX0LBGP5ABVee2p0QAFG_tR55_lSHqEHL4o4A-E6z_Bc
  3. Le foto che commentano la noto sono di Ugo Zamburru, che ha partecipato alla carovana di accompagnamento di Lolita. La foto di copertina è tratta dall’articolo di desinformemonos sotto citato
  4. Nora Cortiña è morta a maggio di quest’anno, a 94 anni.
  5. https://desinformemonos.org/lolita-en-ixim-ulew-la-reciben-las-comunidades-en-resistencia-las-feministas-y-el-presidente-arevalo/  
  6. Il riferimento è alla celebre frase di Julia Esquivel, poetessa, teologa e attivista per i diritti umani guatemalteca.

*Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento OdV

Teresa Messidoro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *