«L’ordine delle cose»
di Alessandra Daniele (*)
“Consiglio a Salvini di imitare un po’ più Minniti: fare di più, e parlare di meno”: Marco Travaglio, Tagadà, La7, 13 febbraio 2019
Corrado è un tipo efficiente e ordinato.
La sua vita privata è serena. La sua reputazione professionale è ottima.
L’ordine è la sua piccola mania. Colleziona souvenir dei paesi dove va per lavoro, bottigliette di sabbia che dispone per sfumatura di colore.
Corrado è un funzionario del governo italiano, addetto a organizzare gli accordi con le milizie libiche, e il finanziamento dei lager in Nordafrica.
Corrado è un uomo di legge. Alla domanda “Hai mai ucciso qualcuno?” risponde che sì, ha lasciato morire di fame un detenuto cercando di farlo parlare.
Corrado è Eichmann.
Con L’ordine delle cose (2017) Andrea Segre ha realizzato un film su Eichmann, sugli Eichmann contemporanei. L’unico film sulla dottrina Minniti-Salvini, e l’ha fatto prima che fosse ufficiale.
Con uno stile impeccabile, e grazie anche alla straordinaria interpretazione di Paolo Pierobon in un ruolo apparentemente semplice, e in realtà difficilissimo, Andrea Segre ha realizzato uno degli unici tre o quattro film italiani dell’ultimo decennio che valga la pena vedere, che dicano qualcosa di vero, attuale, e importante sulla realtà.
Secondo Salvini, in Libia la guerra non c’è, o comunque non ce n’è abbastanza.
Ci sono (testuale) “ancora pochi morti”. Quindi i profughi in arrivo dalla Libia non avrebbero il diritto allo status di rifugiati.
Il ministro che imbraccia il mitra assicura “I profughi veri vado a prenderli io in aereo”, scegliendoli come ha già fatto una volta, cosa che ci ricorda continuamente la propaganda leghista.
Periodicamente anche l’Italia sceglie qualcuno a cui riservare in via del tutto esclusiva la propria ipocrita, auto-assolutoria compassione condizionata. Un token: i ragazzini dell’autobus dirottato, la bambina esclusa dalla mensa scolastica.
Intanto, anche in materia di ordine pubblico e apartheid urbano, Salvini continua a seguire le orme di Minniti.
Boomtown (2005) di Russell T. Davies suggerisce un’intuizione geniale e inquietante: i carnefici di massa, i burocrati dello sterminio, quando scelgono occasionalmente qualcuno da risparmiare, usano all’inverso gli stessi criteri soggettivi e arbitrari adoperati dai serial killer per scegliere le loro vittime. Il colore dei capelli, degli occhi, uno sguardo, un sorriso, un incontro casuale con il carnefice basta a decidere il destino della vittima: sommersa o salvata.
Corrado è un carnefice di massa, un burocrate dello sterminio, abituato alla disumanizzazione sistematica delle vittime, che per lui devono restare solo numeri. Un incontro casuale, e un attimo d’empatia imprevista decideranno quale vittima del lager cercherà di risparmiare, ma solo per un attimo, prima di riconsegnarla all’ordine delle cose.
Perché Corrado è un tipo ordinato.
(*) ripreso da www.carmillaonline
Splendido e agghiacciante film