Loro, di Robert A. Heinlein

(dall’antologia “Il mestiere dell’Avvoltoio”, Urania 1603, Mondadori, Euro 4,90)

di Mauro Antonio Miglieruolo

Tanto “ho parlato bene” del “Tesseratto”, racconto formidabile, altrettanto mi sento in obbligo di dire male di quello che nell’antologia viene dubito dopo.

05marzo-Mest.Avvoltoio-HeinleinUra1603Ricoverato in un ospedale psichiatrico il protagonista, che esibisce straordinarie facoltà di ragionamento e autocontrollo, spiega al medico curante i motivi che lo inducono a diffidare di tutte le persone con le quali entra in relazione. Egli è in effetti l’unico essere umano esistente sulla terra, tutti gli altri individui che vi agiscono sono “parte in commedia” di una recita tesa a ingannarlo, manichini di carne che recitano, mentono, lo raggirano. Anche la moglie, che pure ammette di avere amato (ma, si può amare un manichino?), svolge cinicamente il suo ruolo nel complotto. Sembra di essere di fronte al tipico atteggiamento paranoico di tanti che, con i loro comportamenti, denunciano l’esistenza di turbe mentali. Si scoprirà alla fine che ha ragione. Il complotto esiste e progetta già come eliminare l’autoconsapevolezza che il protagonista ha fortunosamente acquisito.

961aTema dickiano, svolto molto poco dickianamente. E direi anche molto poco heinleinianamente.

Il racconto per la verità è ben condotto, con la solita abilità narrativa alla quale Heinlein ci ha abituati. Pecca tuttavia nella sostanza, non possedendo obiettivo e senso, anche uno solamente ludico. Mancanza grave per qualsiasi tipo di racconto, gravissima quando si tratti di un racconto di fantascienza. L’alterazione della realtà che costituisce il punto di partenza di qualsiasi costruzione narrativa non ortodossa, necessità di essere ricondotta ad essa da un qualche elemento che la possa giustificare. A che scopo violare le regole della quotidianità se non per porre meglio in evidenza, incongruenze, assurdità, iniquità e prospettive che pure sono nella quotidianità?

56050.00Il modo con cui ognuno assolve a questo compito determina l’immagine dello scrittore. Non vi è scrittore senza una sua specifica modalità di affrontare il problema. Sheckley ad esempio trova a volte le proprie ragioni narrative nel ghignetto (che a volte è franca risata) che inserisce nelle pieghe della narrazione, senza per altro neppure nasconderlo, a spese (scapito) di questo o quel protagonista, emblema di determinati risibili limiti umani. Van Vogt invece, cantore dell’ipertrofia dell’IO, da dominare per mezzo di una sorta di atletica dell’intelligenza, se ne serve per aprire praterie sconfinate ai super-poteri ai quali immagina potrà avere accesso molto presto l’umanità. Dick trova il suo senso nella dichiarata assenza di senso che proclama esservi nelle rappresentazioni solipsistiche dei suoi protagonisti (che probabilmente sono anche le sue e teme siano di tutti gli uomini); suggerendo che il falso (un falso d’autore) domina la realtà e che l’unica certezza è costituita dall’incertezza di ciò che viviamo.

73055-coverIn questo racconto invece non esiste senso. Né esistono significatività delle quali prendere atto. Tutto, a un esame anche un po’ approfondito, appare insensato. Insensata la congiura, insensato l’opporsi alla congiura, insensato l’atto stesso di mettersi a tavolino per scrivere un racconto del genere. Heinlein non ci offre uno straccio di indizio che possa giustificare il finale (in quanto lettori smaliziati lo possiamo pur immaginare, ce lo possiamo aspettare, di suo però non semina alcun dato che risulti funzionale); o di motivazione alle preoccupazioni del protagonista. Il quale, da parte sua, nello rappresentarsi quella che appare una perfida gratuita congiura (non ha altra motivazione che l’ingannarlo), dà agli avvenimenti una effettiva risposta malata, da effettivo paranoico. Si chiude in se stesso, manifesta rifiuti, rompe le relazioni con l’ambiente che lo circonda. Se non è pazzo, si comporta da pazzo. Da dove viene allora la soluzione che afferma che non lo è? che ha visto bene nei fatti? Che il complotto esiste? Potremmo, sfegatati fan di Heinlein, dedurre che è pazzo e ha ragione nello stesso tempo (non è detto che un pazzo debba necessariamente pronunciare il falso), ma lo scrittore non fornisce alcun elemento che ci induca a crederlo. Neppure l’argomento esistenziale che la quotidianità, esaminata in una certa ottica, può effettivamente essere descritta in termini complottisti. La società tutta costituisce un gigantesco complotto teso a far di noi quello che non siamo e che invece conviene alla società che noi si sia. Cioè sudditi buoni bravi, laboriosi (quando decide di assegnarci un lavoro) e obbedienti. Questa società non è tesa, come afferma, alla realizzazione delle persone, ma al loro assoggettamento. Anzi, teme le persone (altri direbbe cittadini) liberi e criticanti, che desidera trasformare in individui, soggetti che nell’illusione che ogni uomo è un’isola accettano di essere costretti entro gli angusti limiti previsti per i sudditi (proclamati liberi). Anzi, meglio se neppure si attenta a avvicinarsi a essi.

aieit76Il momento peggiore comunque è dato dal finale. Arbitrario, gratuito, appiccicato al resto per dargli la conclusione che dovrebbe avere (tra l’altro è molto prevedibile, non apporta l’effetto sorpresa di tanti ottimi racconti di fantascienza) e che potrebbe avere se fosse preparato. Da dove scaturisce quella soluzione che conferma i suoi peggiori timori? Non altro che dalla impossibilità di una chiusura diversa, diversa dal canone fantascientifico che si è stabilito e stabilizzato con il tempo: dalla necessità di dargliene uno che dovrebbe costituire, ma che non costituisce, il rovesciamento delle aspettative e prospettive. La necessità dello schema narrativo applicato, dopo aver fatto mostra di una certa buona educazione narrativa, su un vuoto di ispirazione. Molto poco, troppo poco per un autore del suo livello.

citizen-of-the-galaxyNaturalmente potrei sbagliare. Mi piacerebbe anzi che qualcuno mi mostrasse, esponendo altri dati, che ho sbagliato e dove ho sbagliato. Nell’attesa della confutazione, non rimane altro, mi attesto sui dati raccolti. Perciò, alla breve, un racconto da dimenticare. Inserito in una antologia che raccomando caldamente di comprare.

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