L’ultimo rapporto sul futuro

di Giorgio Ferrari (*)

con 30 slides che mostrano i diversi approcci fatti (negli ultimi 50 anni) sul futuro del mondo

“La scienza non pensa, perché

non è il suo compito”.

Martin Heidegger

I cambiamenti climatici hanno fatto irruzione sulla scena mondiale, grazie soprattutto a una miriade di giovani che hanno imposto all’attenzione di tutti e tutte i messaggi inascoltati degli studiosi del clima, anche se non tutta la comunità scientifica è d’accordo sulle loro conclusioni.

L’accoglienza che viene dal mondo politico (con qualche eccezione come gli Usa di Trump) e dai media internazionali verso questo messaggio lascerebbe intendere che siamo di fronte a una svolta epocale, ma è bene non farsi illusioni e proseguire nelle mobilitazioni.

Nel generale entusiasmo che ha coinvolto anche me ho l’impressione che ci stiamo perdendo qualcosa. Nelle trenta slides che seguono ho cercato di esplicitare questa mia impressione, mettendo a confronto i diversi approcci che sono stati fatti sul futuro del mondo negli ultimi 50 anni. Quello che segue quindi non è un resoconto impossibile di qualcosa che deve ancora avvenire ma un esame comparativo fra diversi scenari possibili che riguardano le sorti del pianeta. Sperando di non dimenticare l’umanità che lo abita.

I rapporti presi in considerazione sono: “I limiti dello sviluppo” (Club di Roma, 1972); “Rapporto Brandt Nord-Sud” (Commissione Brandt, 1980); “Immaginando l’impensabile” (Pentagono, 2003); IPCC reports (Organizzazione meteorologica mondiale-ONU, 1990-2018).

Le prime 22 slides contengono un’illustrazione sintetica del contenuto di questi rapporti. Dal punto di vista dell’andamento dei fenomeni in corso risultano particolarmente significativi il grafico riguardante il DDT (slide 4) e quello della temperatura terrestre e della concentrazione di CO2 (slide 16). Nel primo grafico si vede come la concentrazione di una sostanza immessa nell’ambiente perdura nel tempo anche se l’uso di questa sostanza viene interrotto. Ciò è dovuto al ritardo insito nei processi naturali e ci fa capire che se il controllo dell’inquinamento (di qualunque tipo) viene messo in atto solo a seguito della rilevazione di un danno, è molto probabile che la situazione subirà ulteriori peggioramenti prima di mostrare qualche segno di miglioramento.

Nell’altro grafico (slide 16) si vede come i valori attuali della temperatura terrestre e della concentrazione di CO2 in atmosfera abbiano raggiunto (e per la CO2 superato) i livelli di 140 mila anni fa e che all’epoca, per tornare ai valori preesistenti (più bassi), ci siano voluti all’incirca 20 mila anni.

Dai raffronti di questi rapporti (con l’esclusione di quello del Pentagono) emergono alcune considerazioni sintetizzate nella slide 23.

Le slides 25-27 intendono problematizzare l’approccio “generalista” al tema dei cambiamenti climatici, in cui istanze ambientaliste di vario orientamento convergono oggettivamente con gli interessi di istituzioni finanziarie e imprenditoriali sovranazionali.

Le ultime tre slides infine raffigurano i diagrammi di flusso concettuali del modello di funzionamento dell’economia-mondo, centrato su produzione/consumo di merci e sfruttamento dell’energia.

In conclusione a me sembra che:

– gli effetti dei cambiamenti climatici in corso dureranno ancora per moltissimo tempo, anche nell’ipotesi di riuscire ad azzerare le emissioni in atmosfera entro il 2050;

– per azzerare le emissioni in atmosfera dovrebbe realizzarsi su scala globale “il modello tutto elettrico” ovvero fare in modo che gli usi finali dell’energia (trasporti, riscaldamento, etc) siano quasi esclusivamente di tipo elettrico. Ciò necessita di una enorme crescita della potenza elettrica disponibile che implica il rilancio dell’energia nucleare (e la lobby del settore si è già attivata);

– il modello “tutto elettrico” presuppone la realizzazione di una rete elettrica capillare in grado di sostituire per funzione e diffusione quella che, per esempio, è la rete dei combustibili nel settore trasporti. Il che significa cablare città e reti autostradali con costi elevatissimi che solo una parte del mondo sviluppato può affrontare;

– strategicamente il “modello tutto elettrico” ingloba anche le esigenze prospettate dalla IV rivoluzione industriale basata sull’automazione (e quindi elettrificazione) di settori importanti della produzione e distribuzione di merci e della erogazione di servizi su cui stanno investendo una parte del capitale finanziario internazionale e numerose multinazionali;

– la fusione del concetto di sviluppo sostenibile con le idee liberiste si presenta, da un lato, come il tentativo di una parte del capitale di uscire dalla crisi rilanciando un ciclo di “accumulazione sostenibile” e dall’altro come possibile incorporazione dei movimenti sociali e ambientali in un nuovo blocco egemonico;

– se non si svincola l’economia-mondo dal rapporto organico che c’è tra modo di sfruttamento dell’energia e modo di produzione capitalistico, le soluzioni ipotizzate per abbattere le emissioni in atmosfera possono risultare inefficaci, dal momento che tendono ad agire sugli effetti ultimi dell’inquinamento e non sulle cause originarie. In tali circostanze potrebbero aver luogo comunque sconvolgimenti climatici di portata inimmaginabile, tali per cui l’umanità intera verrebbe a trovarsi nelle condizioni prospettate dal rapporto del Pentagono:

Dato che le risorse e le condizioni del pianeta non sono più in grado di sostenere le necessità dell’attuale popolazione, solo la guerra potrà definire la forma della vita sulla Terra.

Forse quello che ci stiamo perdendo è una visione di insieme, un punto di vista olistico sui problemi del mondo. Se nel secolo scorso si ragionava dei limiti dello sviluppo e delle disuguaglianze che quello sviluppo aveva creato, oggi non si va oltre l’esposizione di fenomeni sintomatici che affliggono il pianeta, senza troppo curarsi dell’umanità che lo abita. Si parla molto di giustizia climatica e poco di giustizia sociale; alla centralità della politica si preferisce la centralità della scienza, ma poi si finisce per dare ancora credito all’inveterato ossimoro dello sviluppo sostenibile.

Vero è che la politica ha deluso anche le più tiepide aspettative e che i politici sono risultati falsi e bugiardi come gli antichi dèi, ma attenzione a fare degli scienziati i custodi del nostro futuro perché anche loro hanno contribuito a renderlo incerto in nome del progresso e della ragione: ma si è rivelata una ragione che non pensa, al pari della scienza di cui è figlia.

(*) Per ulteriori approfondimenti scrivere a Giorgio Ferrari presso: archiviomovimentiroma@autistici.org

L’IMMAGINE QUI SOPRA è di Zerocalcare

Redazione
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8 commenti

  • sono alquanto sconcertato da questo sunto delle innumerevoli presunte diagnosi sullo stato del pianeta e sul suo futuro …
    quando si arriva a condividere la tesi che: “le risorse del pianeta non sono in grado di sostenere le necessità dell’attuale popolazione” …
    si finisce immancabilmnete per concludere che
    “Ancora una volta solo la guerra potrà deninire la forma della vita sulla terra”
    1) è una ignobile falsità dire che le risorse del pianeta non basteranno mai !!! NON BASTANO PERCHé C’E’ UNA GIGANTESCA DISTRIBUZIONE DISEGUALE DELLA RICCHEZZA !!! L’AFRICA ha oggi l’1% della ricchezza del mondo! l’America Latina il 3%, l’India l’1%, America del Nord ed Europa il 70% !!! il retso l’Asia …
    se ci fosse una distribuzione meno diseguale e se le risorse (non quelle tossiche di carbone, petrolio, uranio, gas) andassero a beneficio di tutti si potrebbe vivere decentemente anche il OLTRE 10 MILIARSI di UMANI (e senza plastica) … chi inquina e devasta i territori e costringe alle migrazioni disperate ?
    2) la guerra che si prospetta -come vorrebbero alcuni militari e geoingeneri- sarebbe la cosiddetta guerra climatica per eliminare qualche miliardo di umani !!!
    allora per favore non veicoliamo imposture che prefigurano la TANATOPOLITICA (ossia il lasciar morire i dominati della terra a beneficio dei dominanti)

    • Daniele Barbieri

      caro Salvatore, grazie del commento. Però, secondo me, hai letto in fretta e sei finito in un equivoco: nel presentare gli scenari (di altri, non suoi) e sintetizzarli, Giorgio Ferrari NON intendeva approvarli ma segnalare problemi e soluzioni che questi “esercizi di previsione” pongono (e/o sollecitano e/o influenzano). Per quel che intendo io – e per come lo conosco – non vedo Giorgio d’accordo con il Pentagono neppure su come si prepara il caffè. A ogni modo se lui crede ti risponderà in blog e penso sarà interessante per tutte/i approfondire anche questo punto. Io aggiungo solo – da “non esperto” – che sull’esaurimento delle risorse (a prescindere dall’iniqua divisione, dallo sperpero folle di ogni giorno, dai luuuuuuuunghi tempi per risanare ecc) molte analisi sono preoccupatissime, come ricordano i calcoli annuali fatti per l’Overshoot Day. Parliamone, studiamo, chiariamoci e agiamo: se ho capito bene, c’è un capitalismo da rovesciare CON LA MASSIMA URGENZA (db)

    • Giorgio Ferrari

      Mi rendo conto che una presentazione di questo tipo non accompagnata da una “spiega” a voce non è di per sé esaustiva, ma come ha scritto Daniele le mie intenzioni erano tutt’altre. Quando nel 2003 uscì il rapporto del Pentagono, esso fu accolto con un certo scetticismo dagli ambienti di sinistra che lo giudicarono ne più né meno che una provocazione. Personalmente, invece, lo ritenni una minaccia, o nel migliore dei casi un avvertimento che non andava sottovalutato perché, attraverso la maschera del Pentagono, esprimeva il punto di vista delle forze dominanti l’economia- mondo. Capisco che fa impressione leggere che “le risorse del pianeta non sono più in grado di sostenere le necessità dell’attuale popolazione” ma se per un momento mettiamo da parte il ribrezzo che ce ne viene, ci accorgiamo che anche gli scienziati sostengono qualcosa di analogo nel momento in cui raccomandano la riduzione della fertilità e la pianificazione familiare. E ciò lo sosteneva il Club di Roma nel 1972 e lo sostengono 15364 scienziati di 184 paesi che nel 2017 hanno firmato il secondo appello all’umanità. Quello che ne risulta, secondo me e con le dovute sfumature, è che entrambe le posizioni non intendono mettere in discussione la situazione data (ovvero la radice stessa del modello di sviluppo) con la differenza che il Pentagono, essendone il custode in armi, si prepara alla guerra (e ce lo manda a dire), mentre gli scienziati interpretano il ruolo delle anime belle che cercano di conciliare il diavolo con l’acqua santa.
      E’ proprio perché non credo giusto lasciar morire i dominati a beneficio dei dominanti che ho tentato di sottolineare che se non si affronta il nesso tra modo di produzione capitalistico (e dunque anche le disuguaglianze) e modo di sfruttamento dell’energia non si può escludere che la corsa alla sopravvivenza sfoci nella barbarie e nella guerra.

  • Sospettavo che Heidegger valesse poco, ma ora lui stesso ci spiega di essere uno zero!

  • domenico stimolo

    Come sempre il Pentagono è sempre …..più avanti.
    Il rapporto del 2003 diventa nelle sue valutazioni un inno alla guerra, “ salvatrice” del mondo e degli Umani.
    E’ proprio di rara efficacia riportarlo all’attenzione.
    La conclusione delle “considerazioni finali 2”, nella sua crudeltà ed esaltazione dello sterminio, è di una chiarezza drammatica.
    “ ANCORA UNA VOLTA SOLO LA GUERRA POTRA’ DEFINIRE LA FORMA DELLA VITA SULLA TERRA”.

    Invece di proporre rimedi al disastro ambientale si mette olio sulle armi.

  • Leggo fra le righe una riabilitazione del nucleare! Finalmente si (ri)comincia a parlare della sostenibilità ecologica di questa energia, a emissioni zero. E a rischi molto inferiori alle centrali termiche (i cui morti non fanno rumore, ma sono molti di più). Peccato che i verdi abbiano approfittato di Chernobyl, demonizzando in mala fede questa fonte di energia, per guadagnare quattro poltrone.
    Non so se ce la faremo con il clima, ma almeno si guarda nella direzione giusta, rinnovabili e nucleare, sperando presto nella fusione.

    • Giorgio Ferrari

      per Vittorio Lega. Mi spiace deluderla ma non avevo nessuna intenzione di riabilitare il nucleare nemmeno “tra le righe”. Sono stato un tecnico nucleare per oltre 20 anni, specialista di combustibile nucleare per tutte le centrali dell’Enel, lavoro che ho svolto anche con passione. Ma proprio stando a contatto con questa tecnologia ne ho compresi i limiti e i rischi, fino a fare obiezione di coscienza, rifiutando le mansioni affidatemi. Non voglio distoglierla dalle sue convinzioni, ma una cosa gliela voglio dire: negli anni ’70 la realizzazione della fusione era prevista per il 2000. Oggi (2019) si stima che occorrano altri 20 anni. Quanto alle centrali attualmente in servizio sono quelle costruite dalla mia generazione di tecnici ed erano progettate per un funzionamento di 40 anni. Oggi invece di chiuderle, Europa e Usa ne hanno prolungato l’esercizio fino a 60 anni e negli Usa lo vogliono portare a 80 anni. Mi creda è un grosso azzardo che mi è difficile illustrarle in poche righe, ma se vorrà approfondire certi aspetti, mi permetto di rimandarla ad un libro di cui sono coautore: “Scram” edizioni Jaca book. Grazie comunque per l’attenzione dimostrata a questa mia presentazione.

  • Daniella Ambrosino

    E’ arbitrario, e non è buona politica, mettere sullo stesso piano quanto sostiene il Pentagono “le risorse del pianeta non sono più in grado di sostenere le necessità dell’attuale popolazione” per cui “Ancora una volta solo la guerra potrà definire la forma della vita sulla terra” e gli scienziati che raccomandano la riduzione della fertilità e la pianificazione familiare. E ciò lo sosteneva il Club di Roma nel 1972 e lo sostengono 15364 scienziati di 184 paesi che nel 2017 hanno firmato il secondo appello all’umanità.
    Perché per quanto si riducano le disuguaglianze non si può essere favorevoli a una crescita incontrollata della popolazione, dato che comunque le risorse del pianeta, anche se fossero distribuite egualitariamente, non sono illimitate.
    E’ anche del tutto ridicolo sostenere che la scienza, anzi le scienze non pensano, come se pensassero solo i filosofi e i politici. Questo poteva ritenerlo un pensatore reazionario come Heidegger. E’ una concezione del pensiero ristretta. Gli scienziati pensano, nel fare scienza, ma questo non significa delegarli a custodi del nostro futuro, così come, del resto, ci guarderemo bene di far pensare i politici, quali che siano, al posto nostro.

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