L’Uruguay aderisce al Tisa. In segreto
La liberalizzazione degli investimenti e del commercio calpesta la sovranità territoriale del paese
di David Lifodi
Del Trade in Service Agreement (Tisa l’acronimo in inglese) si sa poco, ma ciò che è certo è che si tratta di un accordo dedicato alla liberalizzazione dei servizi e, di norma, viene ratificato in gran segreto dai paesi aderenti senza alcun passaggio parlamentare. Anche per l’Uruguay il percorso è stato questo: nessuna discussione nazionale e poche notizie arrivate ai cittadini del piccolo paese sudamericano solo per via indiretta.
È il febbraio 2015 quando sulle pagine web del Ministero degli esteri canadese viene pubblicato il benvenuto dei 24 paesi già aderenti al Tisa all’Uruguay, che sarebbe stato accettato a seguito dell’ok giunto direttamente dalla Casa Bianca. In pratica, Montevideo ha aderito a scatola chiusa accettando gli accordi sottoscritti fino al momento del suo ingresso e il cui contenuto resta tuttora sconosciuto alla popolazione uruguayana. Da tempo l’Uruguay sembrava essere intenzionato ad accettare gli accordi del Tisa, almeno dal settembre 2013, come testimonia il commissario europeo del commercio Karel De Gucht riportando le dichiarazioni dell’allora ministro degli esteri uruguayano Almagro Lemes, che garantiva la disponibilità del suo paese a condividere gli obiettivi del trattato. Lo stesso Almagro evidenziava la volontà del paese per un settore commerciale flessibile, e lo stesso governo uruguayano avrebbe aderito al Tisa a tappe forzate, senza dare alcuna informazione pubblica sulle modalità dell’accordo. Quali sono i motivi che hanno spinto l’allora presidente Pepe Mujica a tenere uno stretto riserbo sul Tisa e quale sarà la posizione del nuovo mandatario Tabaré Vázquez? L’intento del Tisa è quello di ridurre al massimo le barriere commerciali, diminuire le tutele dei lavoratori, bypassare la sovranità territoriale e calpestare i servizi pubblici in nome del libero commercio. Nonostante l’adesione dell’Uruguay al Tisa (in compagnia di Australia, Canada, Cile, Colombia, Costarica, Unione Europea, Taipei, Hong Kong, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Nuova Zelanda, Norvegia, Messico, Pakistan, Panama, Paraguay, Perù, Corea del Sud, Svizzera, Turchia e Stati Uniti) sia avvenuta in gran segreto, le voci contrarie non sono mancate. Eduardo Lorier, del Partito Comunista, sostiene che il Tisa distruggerà l’apparato statale dello stato e ha denunciato la forte pressione sul governo da parte delle lobbies industriali statunitensi e dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il Tisa liberalizza il commercio in due settori cruciali per l’Uruguay: telecomunicazioni e servizi pubblici. Inoltre, secondo gli Stati Uniti, i paesi aderenti al Tisa, e quindi anche l’Uruguay, non potranno porre alcun limite alla partecipazione del capitale straniero nei servizi pubblici. Secondo il quotidiano brasiliano Valor Económico, il Tisa è uno strumento per isolare economicamente e politicamente il Brasile, che più volte a cercato di opporsi facendo saltare il banco. Il Tisa fa il pari con il Ttip, che prevede la liberalizzazione degli investimenti e del commercio, e secondo molte fonti di informazione l’accordo rimarrebbe segreto per ben cinque anni dopo la sua approvazione definitiva. Monica Di Sisto, sul quotidiano il manifesto, ha scritto che “il Tisa vuole essere uno strumento geopolitico di pressione sui paesi emergenti”. Approvato in Uruguay dalla Comisión Interministerial para Asuntos de Comercio Exterior (Ciacex) con la collaborazione del Ministero dell’economia e di quello degli esteri, il Tisa è stato presentato come “opportuno e conveniente” per gli interessi uruguayani, ma in realtà a brindare per l’adesione dell’Uruguay al Tisa e al libero mercato sono principalmente le transnazionali. Anche all’interno della coalizione governativa, il Frente Amplio, non c’è stato alcun dibattito, nonostante il Tisa rappresenti uno dei processi di liberalizzazione più ambigui, segreti e controversi.
L’argentino Atilio Boron sostiene che l’imperialismo avanza attraverso la mercantilizzazione della vita economica e sociale per impossessarsi dei fondi pensione, dei servizi pubblici, della sanità e dell’istruzione: purtroppo il governo di Pepe Mujica, apprezzabile sotto molteplici punti di vista, non ha brillato per trasparenza e tutela della sovranità territoriale.