L’uso letale dei droni è lecito?
In Italia l’accordo che autorizza l’impiego dei droni USA che partono dalla base di Sigonella non è stato finora reso pubblico. Per le Nazioni Unite l’impiego letale di droni non può ritenersi ammissibile al di fuori di un conflitto. Questioni affrontate in un saggio di diritto internazionale.
di Redazione Peacelink (*)
Con una sentenza emessa nel maggio 2013, la High Court di Peshawar (Pakistan) ha dichiarato gli Stati Uniti colpevoli per crimini di guerra in relazione all’uso di droni armati nel nord-ovest del Paese, ordinando al governo pachistano di adottare misure appropriate per impedire l’esecuzione di nuovi attacchi.
In Italia l’accordo che autorizza l’impiego dei droni USA che partono dalla base di Sigonella non è stato finora reso pubblico.
Queste sono due importanti informazioni che si leggono nel saggio di Nicola Colacino, professore associato di Diritto internazionale, che alleghiamo.
Le problematiche relative alla legittimità dell’uso dei droni, evidenziano notevoli criticità.
Ad esempio sottolinea che “è difficile ammettere la possibilità di condurre un conflitto o eseguire singole missioni implicanti l’uso della forza letale sul territorio di uno Stato straniero senza il consenso – almeno implicito – di quest’ultimo”.
La questione è stata affrontata dalle Nazioni Unite: “Il Relatore Speciale del Consiglio dei Diritti Umani Philip Alston, nel suo Report on extrajudicial, summary or arbitrary executions, aveva evidenziato come, al di fuori di un conflitto armato formalmente accertato, la possibilità di un «intentional, premeditated and deliberate use of lethal force» realizzato mediante l’impiego di droni non possa ritenersi ammissibile «under international law». I successivi Reports on extrajudicial, summary or arbitrary executions e on Promotion and protection of human rights and fundamental freedoms while countering terrorism rispettivamente redatti dai Relatori Speciali Christof Heyns e Ben Emmerson, hanno confermato che la prassi in argomento pone alcune rilevanti questioni di «legal controversy», in particolare per quanto attiene alle condizioni di liceità dell’uso della forza «outside situations of armed conflict».
Nelle conclusioni l’autore scrive: “L’avvio di procedimenti giudiziari volti alla tutela dei diritti fondamentali delle vittime dei drone strikes potrebbe, infatti, costituire un elemento determinante per sollecitare una maggiore trasparenza da parte dei governi dei Paesi coinvolti e giungere all’elaborazione di un regime di regole condiviso che riconduca tali missioni in un ambito di piena legalità. L’incerta evoluzione della prassi e l’assenza di una chiara opinio iuris sulle condizioni e i limiti di impiego di tale tecnologia militare – in ipotesi, presto affiancata o finanche sostituita da sistemi di pilotaggio automatico, rispetto ai quali il problema dell’accertamento della responsabilità per atti internazionalmente illeciti si pone in termini diversi e certamente più complessi – accresce l’esigenza di elaborare in tempi brevi una disciplina ad hoc. Fino ad allora, sembra opportuno, tuttavia, continuare a riferirsi alle categorie più solide del diritto internazionale vigente, mantenendo una chiara distinzione tra l’impiego dei droni nell’ambito di conflitti armati e in situazioni di pace”.
Sulla questione dell’uso letale dei droni la posizione di Amnesty International è netta.
La riportiamo qui di seguito.
“Dal 2001 con l’inizio della cosiddetta “guerra al terrore“, gli Stati Uniti hanno sviluppato un vasto programma di uso letale dei droni, che serve per effettuare uccisioni mirate extra-territoriali in tutto il mondo.
Gli Stati Uniti fanno molto affidamento sull’assistenza di molti Stati per queste operazioni con i droni all’estero e Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Italia hanno tutti svolto un ruolo di supporto significativo.
Amnesty International e altre Ong hanno documentato attacchi illegali con i droni statunitensi nel corso di oltre un decennio, denunciando il fatto che questi raid hanno violato il diritto alla vita e in alcuni casi sono equiparabili a esecuzioni extragiudiziali e altre forme di uccisioni illegali.
Chiediamo al governo italiano di astenersi dall’assistere negli attacchi con i droni statunitensi e di avviare un’inchiesta pubblica e completa sull’assistenza al programma droni americano. Chiediamo inoltre al governo di stabilire e pubblicare standard solidi per gestire la fornitura di tutte le forme di assistenza per le operazioni di uso letale dei droni e di assicurare tempestive indagini su tutti i casi in cui vi sono fondati motivi per ritenere che abbiano fornito assistenza a un attacco con i droni statunitensi che ha provocato uccisioni illegali”.
(*) Fonte: Peacelink
L’utilizzo di “macchine” sostitutive dell’uomo, senza considerare che in alcuni casi si comportano “meglio” dell’uomo, impone una seria riflessione sulle modalità che regolano l’utilizzo di macchinari bellici: una cosa e inviare una ventina di “specialisti” per compiere una missione, altra cosa è starsene comodamente seduti davanti ad un monitor guidando e osservando l’esito dell’azione. Quando avremo a disposizione robot ( e accadrà presto) che sostituiranno l’uomo in tutto e per tutto avremo passato il punto di non ritorno: il rispetto dell’uomo sull’uomo, la coscienza dell’uomo e la stessa paura unita allo spirito di sopravvivenza insita in ogni essere umano, cesseranno di essere freno inibitorie per azioni che di “umano” non hanno nulla. E sarà tardi.