Ma che freddo fa: criogenia e fantascienza

di Fabrizio – Astrofilosofo – Melodia

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«Ma che freddo fa…» cantava la brava Nada ma la sua era un metafora dell’amore spento. Invece i media da poco ci hanno informato – notizie scarse in verità e commenti molti – che un giudice inglese ha accolto la richiesta di una ragazza di 14 anni, affetta da un cancro incurabile, di essere conservata criogenicamente cioè a temperature bassissime fino a quando qualcuno nel futuro non avrà le conoscenze mediche e tecnologiche per risvegliarla e guarirla.

Un caso senza precedenti in Gran Bretagna, visto che solo un centinaio di persone nel mondo hanno usufruito della costosissima e ancora sperimentale pratica di conservazione. Forse il primo nel mondo a essere stato discusso in tribunale per avere il parere di un magistrato, poiché i genitori della minorenne, divorziati da tempo, avevano espresso pareri diametralmente opposti rispetto alla decisione della figlia. La madre favorevole nell’ottica di dare una speranza alla figlia che altrimenti morirebbe in giovane età, mentre il padre aveva avanzato un rifiuto, pensando forse alle sorti della figlia nel caso dovesse risvegliarsi fra 200 o 300 anni, trovandosi sola e senza un soldo.

Decisione ardua per il magistrato, penso pure con qualche notte insonne, anche se, avrebbe potuto avere la fantascienza a guidarlo o a in quietarlo nel rovello.

Come non ricordare il bellissimo episodio della serie tv «Star Trek: The Next Generation» (VOCE DAL FONDO: “E ti pareva che l’Astrofilosofo non tira fuori Startrekking, l’anima de li mejo mortacci sua) in cui tre malati terminali vengono ritrovati da Picard ancora congelati nella stazione orbitale predisposta all’animazione sospesa. Un imprenditore, una casalinga e una rockstar si ritrovano in un mondo dove alieni, astronavi e viaggi spaziali sono all’ordine del giorno, non senza qualche tentativo di rintracciare la propria discendenza, come riesce alla donna che trova il suo bis bis bisavolo.

Nella narrativa – fra le tantissime storie – spicca il racconto breve «L’uomo dall’orecchio rotto» de lontano 1861: lo scrittore francese Edmond About narra di un professore di biologia che disidrata un uomo per resuscitarlo dopo una “sospensione della vita” di molti anni.

Non ibernazione ma lungo sonno sì nel romanzo utopico «Guardando indietro, 2000-1887» (“Looking Backward”, 1888) di Edward Bellamy – è considerato uno dei più popolari romanzi del XIX secolo – un uomo sofferente d’insonnia che si faceva curare con l’ipnosi rimane addormentato per 113 anni, risvegliandosi nella Boston del 2000, un po’ come accade al protagonista della novella «Maestro Domenico» di Narciso Feliciano Pelosini, in cui il malcapitato falegname Domenico si addormenta prima dell’arrivo dei garibaldini e si risveglia a Risorgimento già compiuto e ben instaurato, con difficoltà nell’adattarsi a cambiamenti imposti e troppo repentini. Visto che ci troviamo in clima italiano, vorrei ricordare «Le meraviglie del duemila» (1907) di Emilio Salgari, il “papà” di Sandokan, in cui due avventurieri, in seguito alla scoperta delle proprietà medicinali di alcune piante esotiche di sospendere le funzioni vitali umane, riescono a viaggiare in animazione sospesa per un secolo, dal 1903 fino al 2003.

Veniamo alla fantascienza vera e propria, con il romanzo «La porta sull’estate» (1956, “A door into summer”) di Robert A. Heinlein: fu scritto in 13 giorni e quasi senza revisioni, a quanto pare dopo un commento della moglie alla vista del gatto che non voleva uscire di casa, nonostante Heinlein gli avesse aperto tutte le porte. Il protagonista è Davis che progetta innovativi robot domestici: lavora con la moglie Belle e il suo migliore amico i quali lo ingannano e gli rubano tutto. Invece di annegare i dispiaceri nella bottiglia Davis finisce ibernato. Risvegliatosi nel 2000, è solo ma non vinto e c’è pure un lieto fine d’amore. Scopre alcune incongruenze che lo tormenteranno e qui si affacci anche il viaggio nel tempo.

Nei lunghi viaggi spaziali ibernare l’equipaggio è d’obbligo: come accade in «2001- Odissea nello spazio» del duo Clarke-Kubrick.

Nei romanzi «I due Vorkosigan» (“Mirror Dance”, 1994) e «La criocamera di Vorkosigan» (“Cryoburn, 2010”) di Lois McMaster Bujold la criogenia è utilizzata per ibernare persone clinicamente appena morte o in gravissime condizioni per riportarle in vita successivamente.

Vorrei concludere questa breve carrellata – sicuramente non esaustiva – con il romanzo «Ristorante al termine dell’Universo» (1980) di Douglas Adams: il protagonista Arthur Dent e il suo amico Ford Perfect vengono teletrasportati all’interno di un’arca spaziale proveniente da Golgafrincham, dove trovano persone della piccola e media borghesia in stato d’ animazione sospesa, avendo lasciato il pianeta in seguito alle false informazioni riguardo alla sua fine imminente. La nave poi si schianta sulla Terra preistorica dove Dent e compagni scoprono di essere i veri antenati dell’uomo di oggi.

A gennaio 2017, arriverà nelle sale cinematografiche il film «Passengers», per la regia di Morten Tyldum, in cui i due protagonisti vengono prematuramente risvegliati dall’animazione sospesa durante il viaggio spaziale centenario sulla nave Avalon in rotta verso un pianeta colonizzato, trovandosi nell’impossibilità di tornare nell’ibernazione.

NELL’IMMAGINE: Segourney Weaver interpreta l’astronauta Ellen Ripley mentre viene ibernata durante il viaggio dell’astronave cargo Nostromo nel film «Alien» di Ridley Scott.

(*) Nei prossimi giorni, non un MARTE-Dì però, ragionerò in “bottega” sul versante scientifico dell’ibernazione. (db)

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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