Mafia, lavoro, Expò, anarchici e altro
Le riflessioni di Angelo Maddalena (*) che proprio da Pietraperzia prese il volo
Mafia e lavoro… ombra
De André diceva che la mafia almeno al Sud dava lavoro! Era un provocazione ovviamente, ma io voglio partire da qui per fare un excursus e dico: «allora bisogna combattere la cultura del lavoro, visto che produce dipendenza e quindi mafia o accrescimento del potere della mafia, o comunque di apparati che gestiscono lavoro e lavoratori».
C’è un contributo di Jean Robert, a proposito e sempre paradossalmente parlando, intitolato «Il lavoro ombra dei cercatori di lavoro» e parla di quanto potere abbiano i sindacati e gli uffici che gestiscono, in Francia, dei sussidi per la disoccupazione e di cose del genere. E’ un potere che viene dall’annientamento della dignità e dalle energie creative e individuali: su questo ragiona molto bene Ivan Illich in molti suoi contributi e libri, fra gli altri «Lavoro ombra».
Andiamo avanti: Bob Black ha scritto il libro «L’abolizione del lavoro»: non vuol dire che non bisogna far niente e lasciarsi morire, bensì limitare al massimo il lavoro come imposizione di ritmi e tempi oltre che di attività alienanti (può non essere alienante il cosa fai, ma se i tempi e il ritmo ti portano a una “forzatura”…è sempre un lavoro forzato, concedetemi il gioco di parole o doppio senso che dir si voglia) e invece affidarsi al gioco: quindi lavorare giocando, intendere il lavoro come gioco, vivere in base alla propria produzione; poi i particolari si definiscono e tutti i distinguo possibili e immaginabili si tengono in conto.
Questo per dire: l’importanza della cultura del lavoro quanti danni (etica del lavoro salariato inteso come negli ultimi decenni e secoli) provoca, e quanti effetti collaterali: la disoccupazione e la gestione di quel “capitale” (sussidi ecc. ecc. welfare). Sempre giocando andiamo a finire a questo punto: c’è un ex procuratore antimafia, Giancarlo Caselli, che da procuratore antimafia a Palermo negli anni ’90, si è spostato a Torino ed è diventato “procuratore antianarchici” e recentemente “antiNotav!”. Che c’entrano gli anarchici con i mafiosi? Eppure spesso vengono accusati di reati simili o trattati giuridicamente come i mafiosi: perché sono considerati “eversivi dell’ordine democratico!”.
Però parliamoci chiaro: i mafiosi alimentano la cultura del lavoro, quindi della dipendenza, dell’annullamento della dignità personale, ma questo lo fanno anche i sindacati francesi e belgi per “gestire” le persone disoccupate. Fare code di attesa di ore e ore in un ufficio di collocamento a Bruxelles (testimonianza diretta) e poi sentirti dire che devi tornare dopo qualche giorno perché «l’impiegato che si occupa del tuo caso non c’è» non vuol dire ridursi a uno stato di dipendenza tale da perdere la dignità profonda della persona, oltre che tempo e autonomia creativa? Un esempio concreto mi viene da Flavio Macel De Souza, un musicista brasiliano che ho incontrato a Bruxelles: dopo che è riuscito a farsi dare lo “stipendio” da artista (circa 1400 euro al mese) ha deciso di autosospenderesi lo stipendio di disoccupazione – in barba ai grillini e ad altri populisti che speculano sul reddito di cittadinanza – sapete perché? «Perché preferisco lavorare un po’ di più e magari usare tutte le ore di attesa agli uffici per trovare i contatti per i miei spettacoli». La dice lunga sulla “mafia” ufficiale che gestisce il lavoro e il non lavoro.
Gli anarchici forse propongono di boicottare il lavoro. Quindi dico che dovrebbero essere premiati almeno idealmente, o quasi. E’ quello che ha fatto Flavio Maciel e penso tanti altri come lui: boicottare il potere del lavoro o del non lavoro, boicottando un “sistema democratico” che propone/impone questo scempio.
Ognuno di noi, dentro di sé ha tutto: tutti possiamo tutto, quindi io direi a chi soprattutto da giovane si fa coinvolgere in attività cosiddette mafiose che da un lato il nostro sistema è costellato di morte: mafia o industria dell’automobile sempre morte portano! Però per non essere troppo indulgente aggiungo: datti da fare, muovi il culo, sii indipendente.
Però questo non lo devo dire solo a persone che si fanno coinvolgere in attività mafiose ma anche ai tanti che si adagiano sulle dipendenze varie, dal lavoro al culto dell’automobile e via così! E poi è una cosa interiore: puoi anche lavorare e mantenere un’indipendenza ma comunque devi darti da fare, non stare a guardare, non aspettare passivamente il finanziamento, il posto di lavoro o la raccomandazione ecc.
Tempo fa pensavo: un lavoro salariato che ti “assicura” un sostegno mensile è sintomo di un uomo e di una società infantili, legati ancora al ciuccio, alla mammella di Mamma Stato che eroga quel tanto che basta per farti andare avanti fino alla prossima poppata.. mensile! O no? In definitiva siamo sempre lì: tutto ciò che viene da dentro di noi e da fuori se contribuisce ad addormentare o inibire le nostre risorse ed energie individuali e creative, se ci spinge a non allenarci al movimento e al “gioco” produttivo, è da considerare malato, perverso, e non solo mafioso! Io ho amici al Nord e al Sud. Nel Meridione ho conosciuto molti miei coetanei che si danno da fare, che si creano un lavoro, si inventano, mentre al Nord molti amici (spesso di area solidaristica e terzomondista o cosiddetti alternativi) li vedo “irreggimentati”, non concepiscono il “farsi da sé”, l’inventarsi: hanno una specie di “fabbrica dentro”, di “dipendenza” e di conseguenza sono meno reattivi, tendenzialmente depressi nella gestione delle ansie interiori, rigidi, incapaci di affrontare la vita e la realtà nei suoi versanti profondi.
Tutto questo l’ho scritto per commentare gli arresti di alcuni miei compaesani della “famiglia mafiosa” di Pietraperzia, che lucravano sull’EXPO di Milano: centinaia di migliaia di euro che si muovevano da Milano a Caltanissetta e Pietraperzia, soldi spostati in sacchetti nascosti dentro una macchina dell’avvocato Tipo (si chiama così!) di Caltanissetta e con un furgone guidato da Liborio Pace. Quest’ultimo un mio compaesano e quasi coetaneo con cui giocavo a calcio fino a vent’anni fa ed era bravo anche: io ero Roberto Baggio ma lui un po’ più “potente”, perché fisicamente robustino. Insomma Liborio avrebbe trasportato, secondo gli investigatori, una piscina di gomma con dentro 400 mila euro (dentro la gomma della piscina gonfiabile, un genio comico dell’illegalità).
(*) Angelo Maddalena – spesso in “bottega” – è scrittore, cantastorie, teatrante, viaggiatore, poeta e intelligente provocatore. Gli ho chiesto di commentare, a suo modo, la notizia arrivata ieri da Expo. Condivido con lui l’idea che i grandi media parlano di mafie in senso restrittivo pur se è evidente, a chi voglia vedere, che tutte le grandi opere sono “la madre dei mali” con il loro giro di soldi sporchi; e/o che intorno alla Compagnia delle Opere, cioè Comunione e liberazione, o a certe sedicenti cooperative girano più delinquenti che in tutte le cosche. Ne abbiamo parlato e ne riparleremo. LA VIGNETTA che ho scelto in rete è di MAURO BIANI, qui molto amato. (db)