MAGIC BUS .. CIAO LAWRENCE
di Sandro Sardella
Eccolo come un magic bus il vecchio Ford Transit rosso che
sbuffando arranca e tra borghi valli e pianure e mari porta
uno scoppiettante vivace colorito omaggio al mitico poeta
pittore editore Lawrence Ferlinghetti.
È partito da Norbello/Oristano/Sardegna ed è guidato da
Michele Licheri ostinato irriducibile poeta d’antica terra e
navigatore di mondi e di sogni.
Sul fianco del furgone un bel ritratto sorridente del mitico
opera fotografica di Eric Toccaceli che con le sue fotografie
ha addobbato le pareti del bus.
Ecco di fianco all’autista il grande baffone del poeta agit-prop
Jack Hirschman poeta compagno comunista e complice in
quel di San Francisco dell’editore dei beat.
Vicina elegante signorile sorridente la poetessa e pittrice
Agneta Falk che conversa con Giada Diano traduttrice di
Ferlinghetti che chiacchera con Mauro Aprile Zanetti
l’assistente del grande vecchio.
Dai finestrini si intravedono Igor Costanzo e Enrico Ghedi
complici delle scorribande bresciane del Little Boy e non
lontano il gruppazzo della banda di “abiti-lavoro” il
direttore Giovanni Garancini Oscar Locatelli Ferruccio
Brugnaro Giovanni Trimeri la mitica “primula rossa” Gisa
Legatti il qui scrivente.
Non mancano altre stelle di Sardegna come il poeta blues
Alberto Lecca e Alberto Masala poeta “incivile” di più
lingue e sodale di poeti “incivili” di varie parti del mondo.
C’è pure Renato Ferlinghetti un parente italiano , c’è
Michele Zizzari con una fragrante testimonianza on the road
dove svicola tra gasoline Gregory Corso e il suo editore.
Ci sono due preziosi esponenti della Revolutionary Poets
Brigade di Roma Alessandra Bava e Marco Cinque, c’è
Mario Pischedda Flop/Artista, c’è Fabrizio Raccis e Mikely
Bakys, c’è Luigi Onori che ci inoltra nel ritmo jazz della poesia
sortita dalla Libreria City Light Books.
Ci sono anche le tavole pittoriche di Roberto Cau di Oscar
Locatelli di Sandro Sardella.
Il magic bus sbuffante e scoppiettante va e chi non ne vuol
perdere i saporiti coloriti aromi si prenoti con le “Edizioni
il Pittore D’Oro” – Via Bellini 11/13/15 – 09170 Oristano
cell. 360508623 – epdoedizioni@gmai.com
…in gioventù giravo a volte l’isola proprio a bordo di un Ford Transit. Non era rosso, tanto meno poetico, era azzurro. E non avevo Jack al mio fianco bensì Bakys Landis, il re dei boronghi come usava presentarsi: una specie giunta dal lontano pianeta Vega. Egli era “tuttologo” nonché speciale cuoco esperto in lumache o ricci sia di mare che di terra che cucinava per il piacere di farlo esclusivamente per la compagnia che estasiata seguiva le sue dissertazioni, le sue storie inverosimili al limite di tutto, in religioso silenzio. Guidava con passione e arrancava determinato anche contro ogni avversità climatica, per ogni dove tra provinciali ancora sterrate e ghiaiose che al passaggio del rombante mezzo produceva turbini di polvere talmente densi da contrastare i venti che spazzavano cime e crinali tonsi. Che ci facevo a bordo di quel mezzo? Aiutavo l’autista di borgo in borgo, di casa in casa a caricare le pelli degli ovini o dei bovini macellati. Si lavorava per una conceria. A noi l’incarico di ritirare i pellami ancora caldi e in sangue. A natale e a pasqua si facevano i migliori affari. Ci capitava anche di caricare un certo numero di pelli già salate: ci guadagnava la miscellanea olfattiva che penetrava le nostre narici “sulla strada”. Con passare dei chilometri l’olezzo di cadavere giganteggiava in plancia di comando; a fine giornata anche le punte dei capelli nostri sapevano quasi di carogna. Ma noi avvezzi a tal lezzo lungo la via ne perdevamo la coscienza. Ad ogni sosta, allorché s’incontravano i fornitori delle pelli, che puntualmente c’indicavano a distanza la pila, rammentavamo il nostro personale afrore. Ben oltre il tramonto, dopo aver preso l’abbrivio all’alba, si rientrava in magazzino. Scaricata la merce, rientrati a casa, un bel pezzo di sapone di marsiglia e tanta acqua calda avrebbe lavato via il peggio olezzo e la fatica. Quanto si guadagnava? Poco, in rapporto all’impegno. Ma la voglia di avventura, di conoscere altri luoghi altre persone ci spingeva ben oltre l’orizzonte saputo e la fatica. Si era come marinai, si navigava ogni lembo di Sardegna in altra epoca quando ancora si foderavano borse e scarpini con le pelli d’agnello e capretto e si cucivano le scarpe da svago o da fatica con bellissimo cuoio che sapeva di pelle ben conciata. Sfrontati e guasconi eravamo disposti alla sfida, si divideva tutto, persino il niente e la sete di futuro. Si traversavano paesi poveri senza acqua corrente in casa o altri che sopravvivevano e in fase di spopolamento dove incontravi ancora non pochi fanciulli scalzi e cenciosi che correvano vocianti per le vie. Si sognavano treni in partenza con biglietti di sola andata, e la voglia di schierarsi contro l’ingiustizia cresceva lentamente sino a tumultuare anni più avanti. Su quali barricate avremmo infranto i nostri sogni? Su quale muro si sarebbe schiantata la visione? Nonostante la penuria di merci e di telefoni si aveva ancora la capacità di elaborare uno straccio di futuro. Fors’anche velleitario ma bello e sostenuto da immortali colonne sonore e da poesie che scandivano il ritmo di una vita da cambiare. Nella mia vita la poesia c’è forse sempre stata. E mi ha salvato non poche volte quella “disciplina creativa” che presuppone impegno, passione, perseveranza; ogni qual volta i marosi turbinanti dell’esistenza oscuravano la mia personale rotta. Stavo meglio ieri oppure oggi? Posso solo affermare che dipendo ancora dalla poesia e che senza di essa, l’esistenza, sarebbe più povera.
HOLA ! .. il commento/racconto del Licheri è una perla di memoria di storia .. intrisa di una tensione alla Giovanni Verga e da una ironia alla Delfini .. mi gratifica la complicità e che una mia noterella/raccontino abbia fatto sortire un testo pregevole e prezioso …………..