Mai più spose bambine
Campagna di Amnesty International Italia contro i matrimoni precoci e forzati: fino al 1 novembre anche con un sms solidale
Secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), 13.5 milioni di ragazze ogni anno nel mondo sono costrette a sposarsi prima dei 18 anni con uomini molto più vecchi di loro: 37 mila bambine ogni giorno alle quali, di fatto, viene negata l’infanzia.
Isolate, tagliate fuori da famiglia e amicizie e da qualsiasi altra forma di sostegno, perdono la libertà e sono sottoposte a violenze e abusi. Molte di loro rimangono incinte immediatamente o poco dopo il matrimonio, quando sono ancora delle bambine. I matrimoni precoci e forzati sono un fenomeno da contrastare e bandire.
Per difendere e proteggere le bambine dai matrimoni forzati e da altre forme di violenza, dal 18 ottobre al 1 novembre, Amnesty International Italia – di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario – lancia «MAI PIÙ SPOSE BAMBINE» campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi tramite SMS solidale al 45594.
Sostengono la campagna «Mai più spose bambine» – online da domenica 18 ottobre sul sito www.amnestysolidale.it – anche Antonella Elia, Chiara Galiazzo, Giovanna Gra, Dacia Maraini, Simona Marchini, Veronica Pivetti, Marina Rei e Sveva Sagramola.
Amnesty International Italia intende così sensibilizzare l’opinione pubblica su questo fenomeno che si radica nella povertà, nella discriminazione e nell’arretratezza culturale; incrementare l’attenzione dei governi nei Paesi in cui è presente questa pratica affinché sia bandita; favorire l’avvio di indagini imparziali, tempestive ed esaurienti su ogni denuncia di violazione dei diritti umani basata sulla discriminazione; contribuire a far sì che le bambine non subiscano decisioni riguardanti il loro corpo che siano causa di violazioni dei diritti umani e vivano la propria vita senza interferenze da parte di altri.
È del 2 luglio 2015 l’adozione da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite della prima «Risoluzione sulla prevenzione e l’eliminazione dei matrimoni precoci e forzati». Il testo ribadisce che i matrimoni precoci e forzati rappresentano una violazione dei diritti umani, in particolare delle donne e delle bambine. La Risoluzione si rivolge agli Stati e sottolinea l’importanza del coinvolgimento dell’intera società civile per rafforzare il monitoraggio e gli interventi di prevenzione a contrasto di questo fenomeno. (United Nations, general Assembly, Resolution A/HRC/29/L.15).
Ma molto resta ancora da fare.
Ovunque nel mondo milioni di donne e bambine continuano a subire violenza domestica, sono ridotte in schiavitù attraverso i matrimoni forzati, vengono comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, vengono violentate ed esibite come trofei di guerra o torturate in stato di detenzione. Queste forme di violenza sono parte di una cultura globale che nega alle donne pari opportunità e pari diritti e che tende a esercitare possesso e appropriazione del loro corpo.
Per le ragazze di età inferiore ai 18 anni, in Yemen è molto comune essere sposate; sono stati registrati addirittura casi che coinvolgono bambine di 8 anni. Donne e ragazze rifugiate siriane in Giordania tendono a essere date in sposa prima dei 18 anni secondo una pratica diffusa soprattutto nelle aree rurali della Siria; le siriane che vivono nel campo rifugiati di Zaatari hanno riferito di alcuni giordani che visitano i campi in cerca di donne da sposare.
Le donne in Iran sono soggette a diffuse e sistematiche discriminazioni nella legge e nella prassi. Sono in vigore disposizioni di legge in materia di status personale, che pongono le donne in una posizione subalterna rispetto agli uomini in materia di matrimonio, divorzio, custodia dei figli ed eredità. In base al codice civile iraniano, l’età legale per il matrimonio per le ragazze è di 13 anni, ma possono essere date in sposa anche a un’età inferiore a una persona scelta dal padre o dal nonno paterno, se esiste il permesso di un tribunale.
In Burkina Faso, il matrimonio forzato è un fenomeno estremamente diffuso, soprattutto nelle zone rurali. Alcune ragazze hanno raccontato ad Amnesty International di essere state costrette a sposarsi a 11 anni. La differenza di età fra una ragazza e il suo futuro coniuge può essere enorme. In alcuni casi, la sposa può essere tra i 30 e i 50 anni in meno di suo marito.
Nell’area del Maghreb, il fenomeno dei matrimoni forzati si inserisce nel contesto di quadri legislativi lacunosi che non tutelano adeguatamente le donne dalla violenza. Il Marocco ha abolito la norma che prevedeva l’impunità in cambio del “matrimonio riparatore” in caso di stupro di una minorenne, ma è privo di un quadro legislativo organico sulla violenza contro donne e ragazze. Negli ultimi anni in Algeria le autorità hanno varato alcuni provvedimenti volti a migliorare i diritti delle donne, tuttavia è rimasta in vigore la norma abrogata in Marocco, in base alla quale gli uomini che stuprano ragazze di età inferiore ai 18 anni non sono perseguibili penalmente se sposano la loro vittima.
Il fenomeno dei matrimoni precoci è diffuso in Asia meridionale, dove il 46 per cento delle ragazze viene dato in sposa prima di aver compiuto 18 anni. Secondo i dati dell’Unicef, il Bangladesh è il Paese al mondo con il più alto tasso di matrimoni di bambine al di sotto dei 15 anni. In Afghanistan, uno studio condotto dal ministero degli Affari femminili nel 2004 ha rilevato che il 57 per cento delle donne intervistate era stato dato in sposa prima dei 16 anni, alcune anche a soli 9 anni. Il matrimonio precoce ha un impatto negativo anche sulla salute delle bambine, per i problemi provocati dai numerosi parti e dalle gravidanze precoci.
Contribuire alla campagna «MAI PIÙ SPOSE BAMBINE» significa aiutare Amnesty International Italia a realizzare un cambiamento positivo nella vita di queste donne e bambine per cui non c’è libertà, non c’è giustizia, non ci sono diritti umani.
Numero di SMS solidale: 45594 nel periodo: 18 ottobre – 1 novembre 2015. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce, Tiscali Mobile. Sarà di 2 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45594 da rete fissa Vodafone e TWT e di 2/5 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa Telecom Italia, Infostrada, Fastweb, Tiscali.
«Mi faceva cose cattive e non avevo idea di cosa fosse un matrimonio. Correvo da una stanza all’altra per sfuggire ma alla fine lui mi trovava e continuava a fare quello che voleva. Ho pianto così tanto, ma nessuno mi ascoltava. Un giorno sono scappata e lui è andato in tribunale a raccontarlo. Ogni volta che volevo giocare in cortile mi picchiava e mi chiedeva di andare in camera da letto con lui». Così racconta allo Yemen Times Nojoud Mohammed Ali Nasser che oggi ha 15 anni ma aveva appena 8 anni quando fu data in sposa dal padre a un uomo di 30 anni, nel febbraio 2008. Suo marito l’ha sottoposta a violenza fisica e sessuale e la sua famiglia si è rifiutata di aiutarla. È riuscita a scappare e si è rivolta a un tribunale della capitale Sana’a. Grazie all’avvocato Shaza Nasser, che l’ha rappresentata, ha ottenuto il divorzio.
«Avevo 13 anni. La mia famiglia ha deciso di darmi in sposa a un uomo, ho rifiutato e sono scappata. Hanno mandato degli uomini a inseguirmi. Mi hanno presa, mi hanno legato mani e piedi e gettato in una stanza, dove c’era quell’uomo. Mi ha picchiato sin dall’inizio. I suoi familiari dicevano che ero disabile e quindi non dovevo lamentarmi. Quell’uomo mi picchia, mi prende a schiaffi e a calci, mi stringe la gola. Quando scappo e mi rifugio a casa, mia zia mi rimanda da lui perché sono disabile». (Hannan, Somalia)
«Ero contraria al matrimonio e ho pianto. Lui mi ha picchiato tanto. Dovevo sposarmi. Lui era mio cugino. Dopo due mesi che vivevo con lui, ha iniziato a picchiarmi. Sono scappata da mio padre che mi ha rimandato da lui. Dopo un mese, ha ripreso a picchiarmi. Sono scappata a Teheran e ho chiesto aiuto alla polizia». Così Mahmuda, Iran. Aveva 14 anni quando è stata costretta a sposarsi. Suo padre ha ricevuto 2 milioni di rial (circa 220 euro) dal futuro marito.
Amnesty International
È la più importante organizzazione mondiale per la difesa dei diritti umani, una comunità globale di difensori dei diritti umani, fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson che lanciò una campagna per l’amnistia dei prigionieri di coscienza. Amnesty International conta attualmente oltre 3 milioni di soci e sostenitori in più di 150 Paesi.
La visione di Amnesty International è quindi quella di un mondo dove i diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dagli altri documenti sulla protezione internazionale siano riconosciuti, garantiti e tutelati.
Nel perseguimento di questa visione, la sua missione è di svolgere attività di ricerca e azione finalizzate a prevenire ed eliminare gravi abusi di tali diritti.
Amnesty International svolge ricerche e azioni per prevenire e far cessare i gravi abusi dei diritti all’integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di espressione, alla libertà dalla discriminazione e alla dignità umana.
Nell’ambito della propria opera di promozione di tutti i diritti umani, organizza attività educative, campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di pressione sui governi e sulle organizzazioni internazionali.
Ogni anno, Amnesty International lancia campagne mondiali per porre fine a determinate violazioni dei diritti umani o per migliorare la situazione dei diritti umani in un Paese.
Le campagne prevedono l’utilizzo delle più diverse tecniche di pressione sui governi e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica: raccolta e invio di appelli, incontri istituzionali, manifestazioni e attività di comunicazione.
www.amnesty.it
LE DUE IMMAGINI che illustrano questo post sono dello studio grafico Cardo Riccardo, già utilizzare per un progetto «Contrasto ai matrimoni forzati in Provincia di Bologna: agire sul locale con prospettiva internazionale», realizzato da Trama di Terre e ActionAid con il contributo della Fondazione Vodafone.