MANO DE PEDRA

di Chief Joseph (*)

Fare a pugni per esistere: il 20 giugno 1980 di “RobertoDuran”, povero cristo panamense

Montreal, 20 giugno 1980. RobertoDuran (**), appena proclamato campione del mondo dopo l’incontro che lo opponeva a Ray Leonard, individua una telecamera, si avvicina minacciosamente quando è sicuro di essere inquadrato, porta le mani all’inguine e stringe vigorosamente e provocatoriamente l’espressione della sua virilità. Il telecronista “di stato” commenta il gesto definendolo un atteggiamento di dubbio gusto, giustificabile solamente dalla particolarità del momento. II telecronista non si accorge che il gesto di RobertoDuran viene dagli occhi, due fessure di un colore indefinibile, che comunicano, con durezza, la soddisfazione per avere sconfitto il nero, cocco dei bianchi e dei neri “benpensanti”. Gli occhi del panamense non si sciolgono nella gioia, ma scrutano attenti per vedere da dove proviene il prossimo pericolo; non sono occhi sazi, ma cercano la prossima preda, senza cattiveria e sembrano brillare di una parusiaca tristezza. Egli si affida alle sue mani che, non a caso, sono state definite “di pietra” e al suo cervello che, come un radar, gli fa prendere decisioni immediate. RobertoDuran non picchia per fare male, ma per vincere; lui, in qualche modo, con le sue mani scrive. Come Joseph Roth offriva tutto se stesso per presentare un’umanità che, ogni giorno, con disperata incoscienza, cerca lo spazio all’interno del quale vivere, nello stesso modo, RobertoDuuran trasforma le sue mani di pietra nel dolce, crudele e universale strumento dell’esistere. Tuttavia, nel momento in cui si esibisce davanti alle telecamere, RobertoDuran è freddamente consapevole che qualcuno ha già stabilito che “Mano di Petra” non vincerà la guerra contro “Zucchero”. Sul ring della sua più esaltante vittoria, il panamense vive, come in un flash forward, il secondo incontro con colui al quale avrebbe dovuto necessariamente consegnare la corona di campione del mondo.

Montreal. Il 20 giugno 1980 si trasforma in New Orleans 25 novembre 1980: come in un caleidoscopio scorrono riprese incolori fino all’ottava, quando, RobertoDuran, in modo plateale e provocatorio, alza le mani in segno di resa dichiarando “No mas.” No, non è una sconfitta: solo un modo singolare e creativo per ribellarsi a chi aveva già scritto il nome del vincitore. No, non è una sconfitta perché riappare Montreal, il 20 giugno 1980: RobertoDuran vince contro i privilegi di casta, contro la sicurezza di chi non si espone mai, contro la stupida ipocrisia degli “zio Tom”. È la vittoria di un povero cristo panamense che, sbattuto sulla strada, impara a difendersi in un mondo in cui è fondamentale stabilire un funzionale collegamento fra braccio e mente. È la vittoria contro gli stupidi che stigmatizzano due mani di pietra che dondolano orgogliosamente la virilità e non si accorgono del cielo che si riposa nei suoi occhi.

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Roberto Duran nasce a Guarare (Panama) il 16 giugno 1951. E’ stato campione del mondo in quattro categorie: pesi leggeri WBA (dal 1972 al 1978); pesi welter WBC (nel 1980, vittoria contro Leonard); nei superwelter WBA (nel 1983); nei pesi medi vincendo, a trentasette anni, contro Iran Barkley, il 23 febbraio 1988 ad Atlantic City.

(*) Capo Giuseppe – in inglese  Chief Joseph (1840-1904) – è stato una guida (militare e spirituale) dei Nasi Forati, un popolo nativo americano. Si chiamava in realtà Hinmaton Yalaktit, che in lingua niimiipuutímt significa Tuono che rotola dalla montagna.

(**) RobertoDuran tutto attaccato non è un refuso, ma una scelta dell’autore.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

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