Marco Cinque «Muri e mari»

L’introduzione al libro di Jack Hirschman, la postfazione di Soumaila Diawara, alcune poesie più una bella omonimia (o quasi)

«Muri e Mari» è una raccolta di testi poetici ispirati alla tragedia dell’immigrazione. I testi sono integrati da immagini fotografiche in bianco e nero e dai disegni di Mauro Biani.. Il libro è pubblicato da Ensemble (info@edizioniensemble.it).

INTRODUZIONE

Noi che, in quanto poeti, siamo comunisti nelle parole e nelle azioni e che rifiutiamo, con ogni respiro, di non essere comunisti, celebriamo quest’anno il 125° anniversario dalla nascita del primo poeta impegnato del XX secolo, Vladimir Majakovskij, lo stesso poeta della strada che ha abbracciato con tutto sé stesso la Rivoluzione russa e che si è spinto tanto lontano da scrivere un poema epico in onore di una delle menti di quella rivoluzione, Lenin.

Io, poeta americano, ritengo Volodya (soprannome di Vladimir) come uno dei miei maestri indiscussi. Senza il suo esempio, non avrei scritto una poesia in lingua russa al giorno per dodici anni, tra il 1976 e il 1988, né avrei distribuito tra i 75 e i 100 fogli e poster agitprop composti in russo e in americano. Ognuno di questi recava un Disegno, un messaggio di Solidarietà, uno Slogan, un Presente e spesso anche una Poesia.

Il compagno che state per leggere, Marco Cinque è un poeta italiano che è anche un fratello e un compagno di Majakovskij, filtrato dai poeti Scotellaro-Pasolini-Ungaretti che hanno avvertito essi stessi l’importanza delle poesie di Majakovskij.

Molti di noi sanno che Marco è anche un musicista e un fotografo eccezionale, ma che come poeta — sia che scriva della situazione del fascismo sempre più imperante in Italia, o del massacro di Gaza, o delle vite e della prigionia dei Nativi Americani – è evidente che leggiamo e ci troviamo in presenza di un uomo in cui ogni respiro si fonda sull’atto rivoluzionario del girare le pagine del capitalismo per giungere alla nuova marea della rivelazione comunista.

Ed è così che dovrebbe essere nel momento presente in Italia e nel mondo anglofono, e questo è il motivo per cui le traduzioni di Alessandra Bava sono una parte considerevole nella presentazione di questo libro.

Il senso della Revolutionary Poets Brigade romana è di mostrare la strada attraverso la poesia al fine di organizzare la generazione attuale e renderla una massa di combattenti della Nuova Classe in questo momento, la Classe Attuale ovvero la classe operaia sfruttata dalla classe capitalista in un’epoca in cui gli strumenti tecnologici hanno il potenziale per nutrire, vestire, dare alloggio a tutti sulla faccia della terra.

Cinque ne è cosciente fin nel profondo della sua anima. Le sue poesie sono la VOSTRA tessera al Partito del Futuro, il Partito che dovrà infine avere la meglio sulla classe capitalista di bugiardi, sui delinquenti e sulla sciocchezza (“TRUMPery” nell’originale inglese!) dei fautori della supremazia bianca, sui neonazisti e sui fascisti corporativi, e che darà vita a un governo globale in cui le speranze degli affamati, dei pezzenti e dei senzatetto vengano infine attese.

Leggete Marco Cinque come la voce di voi stessi e osservate cosa accade quando percorrerete insieme la strada aperta del futuro.
Jack Hirschman

POST FAZIONE
Da quando sono nato ho dedicato la mia vita alla lotta per i pari diritti nella società civile, con così tanto impegno ed azione che tutto ciò mi ha costretto a fuggire dal mio paese. Sono stato e sono tutt’ora protagonista dell’attuale fenomeno migratorio e perseguitato perché comunista, non ho potuto far altro per salvarmi che prendere un gommone e iniziare un’altra vita.
In questa incessante lotta, tra un misto di rabbia e presa di coscienza, non posso che sostenere queste parole e questi versi scritti dal caro amico Marco Cinque. Tra le sue righe si legge una profonda attenzione verso gli ultimi, verso il popolo d’Africa, ma non solo, anche verso tutti quei popoli che lottano per la loro terra e per la libertà. Io, ancora oggi, pur se in salvo, non mi sento un uomo libero. Seppure il colore di pelle ci distingue, ritrovare amici che sostengono la tua causa trasformandola nella loro, non può che farmi sentire meno solo in un mondo pieno di muri e di confini. Grazie amico, grazie fratello, grazie Marco, con affetto.

Soumaila Diawara
(rifugiato politico del Mali)

NOTA IMPORTANTE
I diritti d’autore del volume sono dedicati a “Gazzella Onlus”, associazione senza fini di lucro che si occupa di assistenza, cura e riabilitazione dei bambini palestinesi feriti da armi da guerra, essenzialmente nel territorio di Gaza e soprattutto attraverso l’attivazione di adozioni a distanza dei bambini feriti. www.gazzella-onlus.com

QUI due poesie da “Muri e mari” pubblicati sul giornale letterario online dell’Antioch University di Los Angeles https://lunchticket.org/excuse-us-the-dead-people-of-mogadishu/

QUI letture al concerto poetico presso la libreria I Trapezisti di Roma https://www.facebook.com/itrapezisti/videos/2380937015270182/

ALCUNE POESIE di “MURI E MARI”

Lo sapevo

(ad Aylan Kurdi)

Lo sapevo, sì che lo sapevo

nessuno prima t’ha mostrato

eppure sei sempre stato lì

lo sapevo, chi non lo sapeva

è bastato solo un click

per dire che no, che non sapevo

non credevo fosse così

è bastato un piccolo corpo

mostrato come il volto

di un’umanità mutilata

della sua stessa umanità.

 

Lo sapevo eppure non vedevo

e ora siamo tutti qui, in piedi

su questa spiaggia di “lo sapevo”

a ripetere che nessuno di noi sapeva

e a chiederci se e quando

un giorno il mare tornerà

a restituirci conchiglie.

 

Preghiera di una madre

Il punto esatto

dove cielo e mare si toccano

è il luogo dove vanno a morire

anche gli occhi di una madre

e lei, ogni volta che guarda il mare

coi piedi offerti alla risacca

cerca laggiù, nell’azzurro profondo

nell’abisso che ha ingoiato i suoi figli

 

le onde allora si fanno eterno sudario

sul suo rosario di silenzio senza ritorno.

Piange e piange la madre

ogni volta che guarda il mare

 

mescolando le sue lacrime

al sangue disperso nell’acqua

alle voci che chiamano nei ricordi

sulla foto che stringe tra le mani

 

ma nemmeno l’intero orizzonte

può contenere il suo dolore

nemmeno quella sconfinata bellezza

può rispondere alla sua preghiera.

 

Compra calzini

Compra calzini, capo

costa solo 1 euro, capo

calzini, compra calzini”.

 

Non sono il tuo capo

ascoltami, guardami bene

non vedi? Sono tuo fratello.

 

Riguardo ai calzini, lo sai

vorrei avere mille piedi

ma ne ho soltanto due:

 

il mio e il tuo, fratello

che in questa merda

si vive su una gamba sola.

 

Italiani brava gente

Dov’è quel Creatore che preghiamo

ogni giorno con lingua biforcuta

dove le nostre chiese che dovrebbero

vomitarci per la nostra disumanità

dove le svergognate menzogne

ripetute fino allo sfinimento

e i nostri lussi accumulati

costruiti sugli altrui abissi

e i nostri conflitti & profitti

trasformati in arma da puntare

sulle nostre stesse tempie?

 

Noi, ridotti a cani rabbiosi

che s’azzannano l’un l’altro

prigionieri di una cecità

dove stuprare la vita

è l’unico modo per emergere.

 

Noi che masturbiamo parole d’inganno

trasformandole in dottrina.

Noi che in ogni sconfitta vediamo

un nuovo nemico da abbattere

perdendo braccia e gambe

e rinunciando al pensiero

quando questo diventa verità.

 

Così gli assassini dal vestito buono

hanno deciso che gli ultimi saranno

gli assassini di quelli più in basso

e i superstiti degli sterminati

si uccideranno con quelli più in fondo

in un vortice d’obbedienza cieca

come adoratori della più crudele idiozia.

 

Noi, corrotti e corruttori

siamo il ritratto dell’umano fallimento

e quelli che hanno disegnato

il nostro volto così disumano

vinceranno il Nobel per il raggiro

ma continueremo ancora

come una genesi d’imbecilli

a seguirli e a pregarli

come fossero la voce di Dio.

 

Che l’Africa intera ci invada

dunque, e ci butti tutti in mare

e che il mare stesso infine

ci respinga come meritiamo.

 

Yarmouk

(campo dei rifugiati palestinesi in Siria)

 

Ho cercato, ma non c’è

non esiste poesia o parola

che possa levarsi dalle

macerie di questo campo.

 

Solo una domanda

forse inutile, che si perderà

affogandosi nella consapevolezza

di tanta infinita tristezza:

 

Ditemi, vi prego

quanti occhi ci vorranno

per chiedere scusa

al cielo?”.

 

Se assaggi il mare

Se assaggi il mare

riconosci il sapore

delle lacrime di chi

lo ha attraversato

 

allora capisci dove

nasce la sorgente che

ne alimenta il moto

e la sua profondità

 

se assaggi il mare

non puoi più respingere

alcuna vita che lui ti porta

perché ne morirebbe il cielo.

NOTARELLA SU UN ALTRO CINQUE

Chi da tempo frequenta codesta “bottega” ha già incontrato Marco Cinque ma io spero che in tante/i abbiate avuto (o avrete) l’occasione di sentirlo dal vivo dove dà il meglio di sé, anche con l’aiuto di bellissimi strumenti musicali che definire “insoliti” è poco. Io che sono attento (per ragioni personali) alle omonimie ho appena scoperto un altro Cinque in una bella storia. Nel 1839 scoppiò una rivolta sulla nave negriera Amistad e a darle inizio fu Sengbe Pieh, un africano di 25 anni che in seguito verrà chiamato Joseph Cinque; se non conoscete la storia eccovi un link: QUEI PIRATI DELL’AMISTAD. Evviva allora anche quell’altro lontano uomo che fu detto Cinque. [db]

 

Redazione
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