Mare Nostrum
di Marco Cinque (*)
Se potesse avere memoria il mare
e le sue onde mediterranee ricordassero
questi occhi incontratisi da ogni sua sponda.
Se ogni passaporto finalmente bruciasse
e le luci delle nostre identità risorgessero ogni giorno
scritte soltanto in ciò che siamo e che facciamo.
Se dopo aver seminato buoni propositi
questi continuassero a germogliare nei nostri
piccoli ma rivoluzionari gesti quotidiani.
Se il premio fosse vincere la sconfitta
per renderla consapevole di sé, fino alla nudità
della radice, permettendo nuove ipotesi di crescita.
Se l’esserci incontrati
non fosse solo un caso, ma
il frutto saporito del nostro cercarci.
Se Dio diventasse donna
e tutti gli uomini, finalmente
la piantassero di sentirsi Dio.
Se ciascun uomo considerasse meglio
la parte di donna che ha in sé, per completare
la ricchezza della propria umanità.
Se la famiglia non si riducesse
a una scenetta da cartolina, ma crescesse
nella condivisione di un qualunque dannato amore.
Se la quota esatta
della bellezza si raggiungesse
nella sua stessa indefinibilità.
Se ambissimo a una resa dei conti
dove la rabbia degli ultimi
imparasse almeno una buona mira.
Se non passassimo metà del tempo a desiderare
e l’altra metà a rimpiangere, poiché qualunque cosa
si abbia poi non sarebbe mai abbastanza.
Se capissimo che il sangue
preteso dalla giustizia è rosso
come quello sparso dall’ingiustizia.
Se i valori alti di ogni ideologia non
finissero infangati dal cancro di un fascismo
camuffato sotto qualunque bandiera
Se accettassimo di riconoscere il nemico
che ci abita e che imputiamo all’altro, cercando ancora
una pace che sia pace da tutte le prospettive.
Se non ci indignassimo
con chi mette i piedi sui banchi
ma con chi sta mettendo la scuola sotto i piedi.
Se l’uguaglianza
vivesse nel rispetto del diverso
e non nella tirannia degli uguali.
Se imparassimo ad aprire le braccia
non per accogliere il mondo
ma per chiedergli accoglienza.
Se l’ultimo dei Moicani
fosse sempre il primo
dei nostri pensieri.
Se la poesia si facesse rivolta
contro la tirannia degli accapo
oltre il muro del foglio, nostro confine.
Se sapessimo tradurre questi “se” in tanti
sogni viventi, allora forse ogni goccia
di questo mare-nostro-mare ci ricorderà
come un passaggio di sole
ci ricorderà
come il cielo che ha pianto tutto il giorno
ci ricorderà
come i fiori, i libri, gli arrivederci
ci ricorderà
come questo treno che mi riporta indietro
ci ricorderà
e ci ritroverà, figli
della stessa casa
della stessa terra
dello stesso mare
e ancora
ci ricorderà
ci ricorderà
ci ricorderà.
(*) Il 21 marzo è la «Giornata mondiale della poesia» istituita dall’Unesco. L’idea era di farvi trovare oggi un blog molto particolare, cioè 24 poesie, una ogni ora. Dalla mia piccola lista amicale «my favorite things» (per l’occasione un po’ allargata) sono arrivate 28 poesie. Di ogni genere: alcune assai famose altre inedite o scritte per quest’occasione. Così abbiamo deciso di allargare un pochino il giorno canonico. Si è perciò partiti alle 20 di ieri per terminare alle 23 di oggi. Buona lettura (db)
Senza parole mi lasci Matteo Cinque.