Massimo Spiga e Allen Steele
recensioni per «Domani: cronaca del contagio» e per «Coyote» (*)
Mi raaaaaaaaaaaaaccomando db: oggi non superare le 1300 battute per libro. Così parlò la direzione occulta del blog, un incrocio fra Buddha, Cartesio, Bolt e il Mule di Asimov.
La prima pillola
Se amate la letteratura che mette al centro gli zombie, «Domani: cronaca del contagio» di Massimo Spiga (Arkadia: 208 pagine per 15 euri) fa per voi. Scrittore, fumettista e traduttore – anche di videogiochi – Spiga è fedele a due buone idee: che occorre vagabondare di notte ed essere consumati dal fuoco (se volete ve lo ridico in latino) e che non bisogna copiare ma riciclare sìììììì (ddd: cioè Dylan Dog docet).
La trama non ve la riassumo neppure se mi pagate. Si corre, si trema, si arriva in fondo. Qualche spiegazione di troppo: zio Lovecraft e cugino Poe non apprezzerebbero, papà Romero si sarebbe incazzato come una biscia venusiana. Sarà una giustificazione alla stronzaggine del protagonista che la sua generazione ha «imparato a parlare con le macchine ancor prima di farlo con gli umani»? Notevole l’utilizzo (ironico) della cultura presunta alta, tipo: «Nietzsche ha scritto che il primo passo della strada per l’Oltreuomo è farsi cammello». Frase citabile in vicinanza di vespe, minoli e mezzibusti Rai: «Siamo giornalisti… La storia siamo noi. Sarà per questo che la storia è una menzogna condivisa». O con divisa. Siamo dalle parti dell’Est Europa ma qui l’unica stella rossa degna di qualche interesse è Algol.
La seconda pillola
Se amate la New Space Opera – misto di avventura e tecnologia – Allen Steele in generale e «Coyote» in particolare è quel che fa per voi. Lo riporta in edicola Urania (traduzione di Fabio Feminò): 294 pagine per 4,90 euri.
La trama non ve la dico neppure se cercate di corrompermi ma la data, quella posso: si inizia il 4 luglio (che dalle parti degli Usa è giorno importante) 2070 ma poi – verso pagina 157 – bisogna cambiare il calendario e scoprirete perché. Ci sono anche nella fantascienza due nazioni/popoli che si contrappongono: l’Amerika (con la k del Ku Klux Klan) militarista, razzista, imperialista, sprecona, pisellocentrica, bigotta e ci siamo capiti contro un’altra America («Iracema» l’ha chiamata qualcuno, rimescolando) libertaria, dissidente, intelligente, cosmopolita, arcobaleno, che avrebbe voluto evitare il peccato originale degli Usa, facendo convivere in armonia i bianchi e i pellerossa. A suo modo Steele racconta questo scontro: dalle prime righe dove leggiamo «Questa è la storia del nuovo mondo» alle ultime 10 parole del libro: «C’è un intero nuovo mondo là fuori, andiamo a scoprirlo». Citato e citabile Freeman (sarebbe uomo libero, guarda un po’) Dyson. Il miglior coyote possibile è a pagina 102. Memorabile il murale dell’astronave.
(*) Ricordo che in codesto blog il martedì è in prevalenza «di Marte si parte», dunque fantascienza e dintorni. Oggi però a ritmo ridotto. Perché l’astrofilosofo Fabrizio Melodia sta mutando da Stakanov in Oblomov e dunque oggi riposa («ancora?» è l’urlo sdegnato del fandom) e perché io, me medesimo, proprio lui che sarei sempre io, sono alle prese con – in ordine di apparizione – postumi di bronchite e con ri-stesura infinita del testo che presenterò sabato insieme a un robot pianista (16 dita, mica noccioline) e del quale se reeeeeeeeeestate collegate/i saprete proximamente. Vi chiederete questo pistolotto dove porta? In due direzioni: oggi su Marte e dintorni, domani in molti altrove. (db)
Alla presentazione del robot pianista sarò in prima fila. Sarò la fan sfegatata che alla fine urlerà “io! io! posso toccarlo? posso toccarlo?” e lui, di Sua Spontanea Volontà mi farà l’autografo… W i Coyote e il nuovo mondo là fuori.