Mediterraneo: peggio del previsto l’inquinamento da microplastiche?

di Giorgio Chelidonio

Un singolo carico di lavatrice di 6 kg può rilasciare oltre 700.000 microplastiche.(https://www.vestilanatura.it/microplastiche-vestiti)

 

L’inquinamento da microplastiche nel Mediterraneo potrebbe essere maggiore di quanto finora stimato

Nonostante io pratichi con attenzione sistematica la raccolta differenziata da circa 40 anni, sino a pochi anni fa non mi rendevo conto di quanta micro-plastica finisca nei reflui dell’acquedotto comunale tramite il lavaggio, in lavatrice, degli indumenti in micro-fibra (“pile” e simili) [LINK 1] .
Ho provato a individuare dati aggiornati su quanto di questi inquinanti venga filtrato dai depuratori fognari della mia città [LINK 2] ma non sono riuscito a selezionare risultati apprezzabili.
Anche per questo dilemma che, ovviamente, va moltiplicato per “quante lavatrici” scarichino micro-residui di fibre di origine non-organica nel mare nostrum, ho trovato interessante tradurre – limandola in più punti – la recensione [LINK 3] di questo nuovo studio scientifico [LINK 4] .
Vi si legge che la grande diversità di tecniche e metodi scientifici, utilizzati nello studio dell’inquinamento marino da microplastiche, limita le attuali conoscenze su questo quasi invisibile – forse per questo ancor più subdolo – ma grave problema ambientale che minaccia i nostri ecosistemi. Questa la principale conclusione di uno studio condotto dall’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Universitat Autònoma de Barcelona (ICTA-UAB); vi si passa in rassegna la ricerca svolta per misurare la presenza di microplastiche nelle aree costiere e nelle acque del Mediterraneo, sia in quelle superficiali che in quelle poste a maggiori profondità, ma anche nei sedimenti che si accumulano nei fondali marini. Su quest’ultimo aspetto devo ricordare cosa si è accumulato – e si sta accumulando – nei fondali adriatici, a cominciare dalle bombe “mollate” [LINK 5] durante i rientri dalle incursioni aree in Kossovo [LINK 6] .
Le conclusioni mostrano che i livelli di microplastiche nel Mediterraneo sono probabilmente superiori alle stime, ma i metodi utilizzati non sono in grado di registrarli.
L’inquinamento da microplastiche è uno dei problemi ambientali che minacciano i nostri ecosistemi. In particolare, il Mar Mediterraneo è una delle maggiori aree di accumulo di plastica al mondo e presenta livelli di inquinamento come la “grande isola di plastica galleggiante” dell’Oceano Pacifico: la combinazione dell’intensa antropizzazione e urbanizzazione dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, oltre alle stesse dinamiche fluvio-marittime, fa sì che i rifiuti di plastica e di micro-plastica restino intrappolati in questo bacino [LINK 7] con minime possibilità di defluire e diluirsi nell’Oceano Atlantico. Il campo scientifico che studia questo problema è relativamente nuovo e le sue metodologie sono in continua evoluzione, rendendo perciò difficile definire i termini e le tecniche più appropriati con cui identificare e valutare le dimensioni che si stanno accumulando.
«I tipi di materiali plastici sono numerosi e molto diversi, con caratteristiche diverse che complicano le possibilità di avere e usare strutture standard per analizzarli tutti e ricavarne dati omogenei. Inoltre, l’uso diffuso di micro-additivi (a esempio i pigmenti o i “ritardanti”) aggiunge ulteriori complessità» spiega Laura Simon, ricercatrice ICTA-UAB e prima firma dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Pollution.
Lo studio ricorda che i metodi utilizzati nei laboratori per il campionamento sono molto diversi, «e ciò implica che molti dei dati prodotti finora non possono essere confrontati», aumentando le difficoltà di orientare sia ricerche che soluzioni adatte a incidere significativamente sul problema dell’inquinamento marino da micro-plastiche.
Poiché dei 3.000 campioni raccolti nell’ultimo decennio, l’82,8% è stato prelevato in aree costiere, gli scienziati hanno meno prove adeguate a capire la reale distribuzione delle microplastiche in mare aperto. Inoltre, per campionare e analizzare le acque superficiali ,sono state utilizzate reti dotate di maglie di 200 micron o più, quindi inadatte a catturare particelle più piccole.
Gli studi finora condotti stimano che il Mar Mediterraneo contenga 84.800 microplastiche per km2 nelle sue acque superficiali, circa 300 microplastiche per chilogrammo di sedimento marino e 59 microplastiche per chilogrammo di sabbia della spiaggia.
«Il numero di microplastiche nell’ambiente naturale aumenta al diminuire delle loro dimensioni, quindi i livelli di microplastiche nel Mediterraneo sono probabilmente più alti, ma a causa dei metodi utilizzati non siamo in grado di registrarli» spiega la dottoressa Patrizia Ziveri, responsabile di questo settore di ricerca presso ICTA-UAB.
Può sembrare ovvio che la maggior parte dei rifiuti di plastica galleggi nel mare. Tuttavia, il fondale marino è l’ultima “discarica” in cui si stanno accumulando le microplastiche. Come afferma Michel Grelaud, ricercatore presso ICTA-UAB, «abbiamo ancora pochissime conoscenze sulle dinamiche che esportano le microplastiche dalle acque superficiali al fondale marino, per il quale abbiamo bisogno di ulteriori studi sulla colonna d’acqua».
Dunque occorre sottolineare l’importanza di definire un quadro comune per confrontare i risultati e combinare metodi per caratterizzare l’ampio spettro di inquinanti plastici che si stanno accumulando nel Mediterraneo e comprendere così i loro potenziali impatti sull’ecosistema marino. È necessaria una maggiore collaborazione fra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (ma anche di quelli centro-europei i cui fiumi vi defluiscono) anche perché attualmente la parte orientale del bacino e il Nord Africa è stata campionata in misura minore.
Concludendo, l’incertezza che traspare mi pare macro-inquietante, anche se nel “nostro tempo” non mancano purtroppo molti motivi che inquietano il presente e il futuro più o meno prossimo.

LINKS

  1. L’onnipresente “pile” (pronuncia pàil) è una fibra sintetica, ricavata dal poliestere, inventata nel 1979 e il cui marchio venne depositato come Polartec; cfr https://it.wikipedia.org/wiki/Pile
  2. Digitando, su Google.it, “micro-fibra + reflui urbani + Adige”
  3. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0269749121018571?via%3Dihub – 25.1.2022
  4. Simon-Sánchez L., Grelaud M., Franci M., Ziveri P., 2022: Are research methods shaping our understanding of microplastic pollution? A literature review on the seawater and sediment bodies of the Mediterranean SeaIn “Environmental Pollution” n. 292 ;
  5. Maran B., Noury R., 2016: Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti: Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide (Infinito Edizioni). Ricordavo questi fatti ma, cercando di documentarli, non ho trovato “in rete” altre tracce se non una breve citazione qui: https://www.lafeltrinelli.it/dalla-jugoslavia-alle-repubbliche-indipendenti-ebook-bruno-maran/e/9788868611538
  6. https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Allied_Force (1999 !!)
  7. non c’è solo l’ormai arcinota “isola galleggiante” nel Pacifico: pochi anni fa ne è stata segnalata una nel Mar Tirreno, fra la Corsica e l’Isola d’Elba; vedi https://scienze.fanpage.it/una-nuova-pericolosa-isola-di-plastica-a-casa-nostra-nel-mediterraneo-ecco-dove/

LEGGI ANCHE: https://www.greenpeace.org/italy/storia/12135/nel-tirreno-un-mare-di-microplastiche/

Schema esemplificativo dell’inquinamento dell’acqua potabile da micro-plastiche (https://www.snpambiente.it/2020/01/20/un-rapporto-delloms-sulle-microplastiche-nelle-acque-potabili)

 

Giorgio Chelidonio

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