Meloni e Salvini: insomma fascisti

articoli di Franco Astengo e Dante Barontini

SCHEDATURE E REPRESSIONE di Franco Astengo

Riassunte nei termini degli interrogativi che seguono le vicende di questi giorni fanno ritornare alla mente gli antichi tempi della schedatura e della repressione delle lotte della classe operaia avvenute nell’immediato dopo guerra, in un ritorno ad un clima che può ben essere sintetizzato dalla proposte di riportare all’esercito la gestione dell’ordine pubblico :
“Chi ha filmato la giudice Iolanda Apostolico, durante la manifestazione a Catania dell’agosto del 2018? Chi ha conservato quel video per più di cinque anni? E ancora: qualcuno aveva appuntato i nomi e i cognomi dei partecipanti a quella manifestazione? C’è stata un’identificazione? Una schedatura? Qualche cassetto è stato riaperto in queste ore per poter attaccare la magistrata?”

Di “corpi separati e “deviati” si parlò anche all’epoca dei tentativi di colpo di stato, delle grandi stragi a partire da Piazza della Fontana, del rapimento Moro di Ustica.

Nessuno, invece, parlò di corpi separati quando, per molto tempo, la polizia di stato svolse una sistematica repressione nei riguardi degli operai delle fabbriche che difendevano i loro posti di lavoro e dei contadini che occupavano le terre dei latifondisti.

Non possiamo dimenticare quanto è stata lastricata di sassi la via dell’inferno dentro del quale ci si è trovati nella lotta per la sopravvivenza sociale e politica delle classi subalterne in questo paese.

Quanto si è realizzato, di parziale, nell’inveramento del dettato costituzionale è stato precipuamente per opera della classe operaia, dei contadini in lotta, delle persone – donne e uomini – che hanno fatto il loro dovere in un periodo nel quale ogni loro azione di lotta per l’emancipazione sociale era soggetta a feroce repressione.

Oggi quei tempi stanno pericolosamente ritornando in una fase in cui compaiono diversi piani di intervento: dalla “carica” alle ragazze e ragazzi che protestano per le vie di Torino alla costruzione di ipotesi da vero e proprio “maccartismo” se non di “caccia alle streghe” come compare sul tema del rapporto con la magistratura (con tanto di odioso “attacco ad personam”).

Da qualche parte si comincia a parlare di “fascistizzazione”: sarà il caso di non lasciar cadere questo allarme.

La cultura della legalità è tanatopolitica

di Dante Barontini (*)

Il nemico del giorno, per l’intero governo Meloni e soprattutto per il solito Salvini, è il magistrato di Catania che ha negato l’imprigionamento nel Cpr di Pozzallo per quattro migranti salvati in mare, di nazionalità tunisina, in quanto aveva ravvisato nel recente decreto del governo pesanti profili di incostituzionalità e persino di contrasto con le normative europee.

Se sia così o no lo deciderà la Cassazione, presso cui il governo ricorrerà per ottenere il suo “agognato risultato”: imprigionare naufraghi in attesa di rispedirli nel paese di provenienza. Un po’ come facevano gli statunitensi un secolo fa con gli immigrati italiani e non, arrivati pagando un regolare biglietto di terza classe (nella stiva, in pratica) e reclusi a Ellis Island in attesa di “controlli”.

Il “nemico del giorno” è un magistrato donna, contro cui si è scatenata la caccia scavando nella biografia, con il concorso di fascioleghisti locali e – il sospetto è legittimo, quando è il governo ad agire – dei soliti “servizi”.

Viene fatto circolare un video relativo ad una manifestazione di cinque anni fa, ai tempi del blocco della nave Diciotti (della Guardia Costiera, peraltro) che aveva salvato un certo numero di naufraghi (in obbedienza al diritto internazionale e alla “legge del mare”), ma che l’allora ministro dell’interno (toh, proprio Salvini) non voleva far sbarcare per “difendere i confini italiani” (da una propria nave militare!?).

Tra i manifestanti che gridano slogan (parole, insomma, non bastonate o molotov) viene isolato il volto di una donna che i governisti identificano nel magistrato.

Salvini scrive: “25 agosto 2018, Catania, io ero vicepremier e ministro dell’Interno. L’estrema sinistra manifesta per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti: la folla urla ‘assassini’ e ‘animali’ in faccia alla Polizia. Mi sembra di vedere alcuni volti familiari…“.

Prima di questo video per giorni la vita privata  della dott.ssa Apostolico è stata vivisezionata dai segugi di Salvini e company, arrivando a confondere i commenti della pagina Facebook del marito con i likes del magistrato, per ricavarne così l’immagine di una attivista politica più che di un funzionario dello Stato.

Non sappiamo se sia vero e neanche ci interessa. Perché il punto decisivo non sono le convinzioni e la libertà individuale di un singolo magistrato (ne critichiamo aspramente a decine, su queste pagine), ma l’idea che tutto il governo sta mettendo in atto a proposito della “legge”.

Un’idea decisamente semplice e semplificatrice per cui una maggioranza politica, avendo i numeri in base a elezioni (discutibili per il numero dei votanti e per i meccanismi escludenti, a cominciare dalle “soglie di sbarramento”), “legifera” trasformando le proprie opinabili opinioni in “regole assolute” che tutti devono rispettare.

Rientrino oppure no nella cornice della Costituzione e nella legislazione europea (che, ricordiamo, è prevalente su quelle nazionali, nel bene come nel male).

Insomma, è l’arbitrio puro e semplice trasformato in “legge”. Come si è visto con il “decreto anti-rave”, con quello denominato “Cutro” (a legittimazione di una strage di migranti messa in conto, se non addirittura voluta) e in diverse altre occasioni.

Segnaliamo, tra l’altro, che la stessa feroce determinazione arbitraria non vale per soggetti sociali che detengono qualche ricchezza e dunque qualche potere in più rispetto a migranti, lavoratori, studenti, frequentatori di rave, ecc.

E’ notizia di queste ore che, nello stesso Consiglio dei ministri, il governo ha prorogato di sei mesi lo “stato di emergenza” per i migranti, mentre nel “decreto tariffe” si è completamente rimangiato il cosiddetto “tetto” ai prezzi dei voli aerei, contro cui avevano protestato il boss di Ryanair e la stessa Commissione Europea.

Non basta. A margine si è tenuto un “tavolo tecnico” con i cosiddetti “balneari” (i titolari privati di “concessioni” per l’installazione di stabilimenti sulle spiagge), al termine del quale si è stabilito che non verrà applicata la normativa europea (secondo cui le concessioni andrebbero messe a gara e non autorizzate “aumma aumma”).

Ci sarebbero infatti “liberi” i due terzi delle coste italiane e, semmai, si farà qualche gara solo per le nuove concessioni. Magari su qualche scogliera…

Insomma, vittoria totale per i furbetti del bagnetto…

Stessa cosa per la famosa “tassa sugli extraprofitti delle banche”, venduta per settimane come una delle misure “giuste” in favore dei “più deboli”, ma ritirata in disordine di fronte alla rimostranze dei banchieri, della Bce e della UE. Forti coi deboli, deboli coi forti… Insomma, fascisti.

E’ questo insieme di decisioni che identifica la “cultura della legalità” di questo come dei governi precedenti. “E’ legale quello che decidiamo noi, e tutti zitti”.

Bisognerebbe quasi ringraziare i fascioleghisti al governo perché rendono fisicamente visibile quello che altrimenti era solo un concetto, giustissimo ma “aereo”. Il “rispetto della legalità” non ha nulla a che fare con la “giustizia” e anzi può essere assolutamente il contrario di una qualsiasi idea di giustizia.

Lo hanno già dimostrato nel Ventennio, per esempio con le leggi razziali. Che erano “leggi” a tutti gli effetti giuridici, ma erano anche la massima espressione dell’infamia dei governanti.

La “cultura della legalità” ha prodotto danni irreparabili nel “popolo di sinistra” (ha dissolto la legittimità costituzionale del diritto ad opporsi, equiparando qualsiasi manifestazione del dissenso a “violenza”), costituito il brodo di coltura di un “qualunquismo perbenista” che si è poi materializzato nei Cinque Stelle, fatto da alibi alle peggiori bastardate del Pd (prima e dopo Renzi e Draghi).

Ora, “finalmente”, arrivano i fascioleghisti a far vedere a tutti che “cultura della legalità” significa soltanto obbedienza a chi comanda. A prescindere da ogni merito, programma, rappresentanza sociale.

Per fortuna non c’è bisogno di doversi inventare una cultura più umana e giusta, perché esiste da sempre e va certamente fatta tornare “cultura di massa”.

E’ il grido che sale sempre più forte dal Sud del mondo e dalle periferie metropolitane dell’imperialismo, persino negli Usa, dove torna il conflitto sindacale vero.

Ribellarsi è giusto.

(*) testo uscito su Contropiano

LE IMMAGINI SONO DI MAURO BIANI (laudetur) E SONO STATE SCELTE DALLA REDAZIONE DELLA “BOTTEGA”

 

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