Memorie rimosse: gli IMI e le lotte popolari in Sicilia

Angelo Maddalena riflette sui libri «I campi di Tullio» (di Luigino Ciotti e Dino Renato Nardella) e «Placido Rizzotto, dai Fasci siciliani dei lavoratori alla strage dei sindacalisti» di Carmelo Botta e Francesca Lo Nigro

Il 27 gennaio 2021 ho incontrato Luigino Ciotti, stava tornando da una cerimonia alla Prefettura di Perugia durante la quale aveva ricevuto la medaglia d’onore del Presidente della Repubblica, destinata al padre Tullio, deceduto nel 2011, per onori militari e civili: Tullio Ciotti è stato prigioniero italiano in quattro campi di prigionia tedeschi dopo l’8 settembre del 1943, ed è I campi di Tullio. La storia di un Internato Militare Italiano (co-editori Era Nuova e circolo culturale “primomaggio”) il titolo del libro dedicato da Luigino alla memoria del padre. Io non sapevo nulla di tutto ciò fino a circa un anno fa quando, raccogliendo documenti per scrivere il romanzo storico Agitatevi con calma, mi sono imbattuto in questa realtà ormai rimossa dalla memoria collettiva. I motivi di questa rimozione li troviamo ben espressi nel libro di Luigino Ciotti e Dino Renato Nardelli. Furono 650.000 i prigionieri italiani deportati nei campi di prigionia in Germania dopo l’8 settembre del 1943 e, tra le altre cose, il motivo per cui rimasero deportati fu il loro rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale di Salò; quindi il loro contributo alla “resistenza” fu fondamentale, in quanto tolsero forza d’armi al regime fascista agonizzante che con loro avrebbe avuto più vigore. Il libro – breve ma conciso, scritto senza retorica né agiografia nei confronti del padre – è un documento prezioso anche perché racconta dal di dentro l’esperienza della prigionia, con alcuni dettagli che ci fanno entrare … nei campi. Viene da farci qualche domanda: come mai non ci sia un ricordo o una celebrazione di questi Internati Militari Italiani (IMI) che sono stati usati da Hitler come lavoratori nelle fabbriche tedesche che erano rimaste a corto di operai per via della guerra? Già qui c’è un altro elemento rimosso: per fare questa manovra Hitler ha dovuto aggirare la convenzione di Ginevra che vietava l’utilizzo (cioè lo sfruttamento) dei prigionieri politici in attività produttive belliche (industrie di armi); per poterlo fare Hitler coniò un nome “nuovo”: anziché prigionieri li chiamò Internati Militari Italiani (IMI).

In questo stesso periodo ho comprato un libro dal titolo Placido Rizzotto, dai Fasci siciliani dei lavoratori alla strage dei sindacalisti di Carmelo Botta e Francesca Lo Nigro. Scopro che anche Francesca Lo Nigro ha curato un libro sugli Internati Militari italiani (voglio ricordare e riconoscere agli organizzatori della mostra su questo tema a Perugia nel novembre del 2019, in via Oberdan).

Il filo rosso che unisce i due libri è lo svelamento dell’orrore della guerra e delle sue conseguenze distruttive del tessuto sociale e soprattutto di lotta popolare contro il potere istituzionale alleato con quello mafioso. Per esempio, nel libro Placido Rizzotto… lungi dal trovare solo un elogio del sindacalista siciliano ammazzato dal potere dei baroni e dei loro sicari corleonesi nel 1948 c’è un quadro storico e politico in cui si capisce bene la vera posta in gioco: la prima guerra mondiale, come effetto collaterale, distrusse tutto un tessuto di lotte di contadini siciliani che erano diventati una vera e propria avanguardia a livello nazionale. Ci sono interessanti spunti per rompere luoghi comuni feroci degli ultimi decenni: Corleone è storicamente uno dei centri in cui i contadini e i socialisti sono stati attivi e incisivi, al punto che poi, per distruggere questo movimento di lotta popolare, il potere prima politico (dello Stato e del crimine organizzato) e mediatico poi ha buttato fango sulla memoria di questi luoghi fino a far coincidere, ingiustamente e schifosamente, il nome di Corleone con il potere mafioso (nel romanzo e nel film Il padrino addirittura, la dinastia dei boss fa Corleone di cognome!). L’emigrazione fu un’altra arma per allontanare ed eliminare contadini e altri lavoratori di sinistra dalla Sicilia. Infatti, come si vede nel libro Placido Rizzotto, molti socialisti vivevano come sconfitta la costrizione a partire, mentre la Democrazia Cristiana incoraggiava le partenze. Le affittanze collettive e la cooperazione agricola furono le armi più “pericolose” contro il potere degli agrari e dei gabelloti: infatti Bernardino Verro, Lorenzo Panepinto e altri socialisti furono ammazzati (come poi Rizzotto) perché incoraggiavano e costituivano cooperative agricole, che poi, ai nostri tempi, hanno perso ogni senso e sono state svilite da leggi e pratiche burocratiche.

Insomma: grazie a Luigino Ciotti e agli autori di libri che scavano nella memoria sepolta e rimossa, per farci guardare alla storia e all’oggi con lucidità e dignità.

 

Redazione
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Un commento

  • UN ERRORE DEL REDATTORE DI TURNO
    Capita a chi lavora in redazione di arrendersi ai tre “mostricciattoli” detti fretta, stanchezza e disattenzione. stanchezzattori. Così ho pubblicato la prima stesura del testo di Angelo non corretto degli errori (ad esempio gli IMI furono 650.000 e non 100.000 eccetera). Mi scuso e nel giro di poche ore conto di recuperare il testo “finale” e di sostituirlo.
    db (mortificato … il giusto)

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