Merda secca (6)
Il «New York Times» lo definisce «il più strano dei rituali burocratici». Funziona così: «ogni settimana circa, più di 100 membri del sempre più elefantiaco apparato di sicurezza nazionale si riuniscono in videoconferenza segreta, per esaminare le biografie dei sospetti terroristi e raccomandare al presidente quale dovrà essere il prossimo a morire».
Così commenta Marco d’Eramo su «il manifesto» del 1 giugno: «I burocrati raccomandano, ma l’ultima parola spetta a Obama che firma di sua mano la condanna a morte di questi “sospetti terroristi” che essi siano cittadini americani o stranieri. Da notare che nessuno di loro è stato mai condannato da nessun tribunale. Letteralmente, il presidente degli Stati uniti si arroga l’insindacabile diritto di vita o di morte su qualunque essere umano di questo pianeta. Già, perché una volta emanata, questa “strana” sentenza è inappellabile, né criticabile (visto che è segreta)».
Kill list: un potere assoluto. Ancora D’Eramo: «più terrificante del fatto in sé è la sua accoglienza da parte dell’opinione pubblica mondiale. Siamo ormai tutti assuefatti, non ci stupisce più nulla. Di questo nessun indignato s’indigna! Che altro ci serve per darci una sveglia?».
Condivido il giudizio di Marco D’Eramo ma lo vedo distratto. Osservando il “cambio di stagione” nelle ultime settimane poteva notare che, almeno in Italia, i motivi dominanti della moda sono due: la bandiera Usa, un po’ scolorita, e il teschio in varie raffigurazioni. Unendo nelle nostre strade il drappo malridotto degli Stati Uniti e il simbolo della morte i profeti della moda intendevano rendere omaggio alla vocazione degli Usa guidati da Obama. Un omaggio più azzeccato del premio Nobel alla pace.