Messico: persecuzione di Stato contro Nestora Salgado
Da oltre due anni la leader comunitaria è una prigioniera politica
di David Lifodi
Nos están matando y desapareciendo: è questo il drammatico messaggio lanciato al mondo da Nestora Salgado, leader della polizia comunitaria di Olinalá (stato del Guerrero), attraverso le pagine del quotidiano La Jornada.
In carcere da oltre due anni con l’accusa, infondata, di aver sequestrato cinquanta persone, Nestora sta lottando contro lo stato messicano, che lei definisce un mostro. La sua storia è indicativa dell’impunità dilagante in Messico e della crescente criminalizzazione delle comunità indigene e delle donne. Classificata come “pericolosa delinquente”, Nestora è utilizzata dallo stato per dimostrare che è in grado di sottomettere e arrestare le lotte sociali, denuncia il suo avvocato, Lionel Alvarado, che evidenzia come le prove dell’accusa sul presunto sequestro compiuto dalla sua assistita sono pressoché inesistenti. Nata nel pueblito indigeno di Olinalá, nel 1991 Nestora emigrò negli Stati Uniti in cerca di un futuro migliore accettando di svolgere i lavori più umili che di solito spettano ai migranti messicani arrivati negli Usa. Divenuta cittadina statunitense, Nestora decise però di non abbandonare la sua comunità, alla quale portava aiuti diverse volte all’anno: fu nel corso di questi viaggi che si rese conto del crescente livello di criminalità nel Guerrero (e nell’intero Messico), della corruzione, ma soprattutto della persecuzione contro la popolazione indigena e scelse di entrare a far parte della polizia comunitaria del suo stato. Va evidenziato, a questo proposito, che sia la legge 701 del Guerrero sia la Costituzione messicana garantiscono il diritto dei popoli indigeni all’autogoverno e all’autodifesa, compreso tramite le forze di polizia comunitaria. Nestora si pose in breve tempo alla guida delle pattuglie della polizia comunitaria di Olinalá, impegnate a difendere il territorio dal crimine organizzato e dalle pandillas, che spesso agiscono in combutta con le istituzioni locali, di solito legate al narcotraffico. Addirittura fu Ángel Aguirre, governatore del Guerrero, a promettere per scritto a Nestora che avrebbe dotato la sua polizia comunitaria di armi e altri uomini quando la pandilla dei Los Rojos uccise un tassista che si era rifiutato di pagare loro il pizzo. Fu in quella circostanza che Nestora Salgado guidò una manifestazione contro i pandilleros fino a cacciarli da Olinalá e fu designata comandante della polizia comunitaria del suo paese. La presenza della polizia comunitaria, che non agiva tanto con le armi, quanto, piuttosto, con i metodi tradizionali volti a responsabilizzare la gente del paese, contribuì alla riduzione della criminalità, che diminuì del 90%: nei dieci mesi in cui Nestora fu alla guida delle pattuglie comunitarie non si verificò un solo omicidio. All’improvviso lo stesso Aguirre, su pressione dei militari e dei politici vicini ai narcos, decise di eliminare la polizia comunitaria, i cui membri cominciarono a ricevere minacce di morte anche da quelle istituzioni che in teoria avrebbero dovuto plaudire al loro operato: intralciavano la criminalità organizzata e quindi andavano tolti di mezzo. Il casus belli per arrestare Nestora Salgado si presentò il 21 agosto 2013 quando la donna decretò la detenzione di alcuni adolescenti, accusati di vendere la droga, e del sindaco di Olinalá, Armando Patrón Jiménez, reo di aver alterato la scena di un crimine in cui aveva compiuto due omicidi e tentato di fuggire con una vacca che non era di sua proprietà. Nestora fu arrestata con l’accusa paradossale, e strumentale, di sequestro di persona in uno stato dove la polizia comunitaria è legalmente riconosciuta per legge. Alcuni giorni dopo l’episodio, Salgado si oppose alla messa in libertà di Armando Patrón Jiménez senza essere giudicato dal tribunale e, per rappresaglia, fu incarcerata a tremila chilometri da Olinalá in una prigione di massima sicurezza. Nestora aveva denunciato l’implicazione del sindaco e di altri esponenti politici di primo piano del governo del Guerrero nel traffico di droga. La persecuzione nei confronti di Nestora Salgado e della polizia comunitaria autonoma, denuncia Javier Sicilia sulla rivista Proceso, serve per mettere a tacere le comunità indigene, da sempre sul piede di guerra contro i progetti idroelettrici e di estrazione mineraria imposti dal governo per servire le imprese transnazionali. Nestora Salgado, isolata e in stato di detenzione senza alcuna prova, è una prigioniera politica: ai suoi difensori sono stati negati i più elementari diritti per difendere la donna, costretta a rimanere per mesi in stato di isolamento, senza alcuna possibilità di ricevere visite dai suoi familiari. Le autorità carcerarie non hanno nemmeno voluto tener conto dei problemi di salute di Nestora, che per anni ha dovuto fare i conti con i postumi di un incidente automobilistico che l’ha lasciata temporaneamente paralizzata dal collo in giù. Grazie ad un’impegnativa fisioterapia, Nestora è riuscita a recuperare circa il 90% delle sue funzioni, ma non può lavorare ed ha bisogno sia di prendere analgesici sia di svolgere esercizi fisici in maniera regolare, ma tutto ciò in carcere le è stato negato. Inoltre, la salute della donna è ulteriormente peggiorata quando, all’inizio di giugno, ha iniziato un coraggioso, quanto pericoloso per la situazione in cui si trova, sciopero della fame. In controtendenza rispetto al procuratore generale del Guerrero, contrario al suo rilascio, l’attuale governatore del Guerrero, Rogelio Ortega Martínez, ne ha chiesto la sua liberazione, ma è la stessa Nestora ad evidenziare come l’ipotesi del sequestro sia inverosimile poiché una delle sue presunte vittime, il sindaco di Olinalá, Armando Patrón Jiménez, si trovava recluso nella Casa de Justicia controllata legalmente dalla Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias (Crac-Pc). Il caso di Nestora Salgado, e di altri lottatori sociali ingiustamente incarcerati con storie simili a quelle di Nestora, sono stati del tutto oscurati sia dal governo messicano sia da quello statunitense, ha evidenziato Grisel Rodríguez, figlia minore della leader comunitaria, ricordandone la sua cittadinanza statunitense. Enrique Peña Nieto l’ha incarcerata e Barack Obama ha deciso di lasciarla marcire in carcere.
Nestora Salgado rappresenta un esempio di coraggio e coerenza per l’impegno a difesa della sua terra e per i diritti della sua gente: per questo le istituzioni messicane la temono e hanno deciso di silenziare la sua voce nel tentativo di far cadere la sua storia nell’oblio, ma le manifestazioni a favore della sua liberazione hanno travalicato i confini del Messico, e anche negli Stati Uniti la società civile è scesa in piazza per chiederne l’immediato rilascio, con buona pace di un Enrique Peña Nieto la cui credibilità è in picchiata ogni giorno che passa.