Militari israeliani in Patagonia
di David Lifodi
Da più fonti di controinformazione arrivano notizie relative alla presenza di almeno ottomila militari israeliani presenti tra la Patagonia cilena e quella argentina allo scopo di costruire una base militare sotterranea tra le più sofisticate in America Latina e seconda soltanto a quella degli Stati Uniti.
È da almeno dieci anni che si parla con insistenza della presenza israeliana in Patagonia, sia a livello militare sia nel settore turistico-immobiliare, con l’acquisto di case e terreni ad opera della parte più ricca e altolocata della società che vive nel paese da sempre alleato strategico degli Stati Uniti. I due aspetti sono ampiamente correlati. La base militare sembra essere quella sottomarina di Rockfeller (tra la Patagonia e la regione dei Laghi del sud del Cile e della Patagonia), già dotata di un’estesa rete di tunnel. La regione dei Laghi può vantare l’acqua più pura del pianeta , aspetto che rende la zona assai appetibile, anche perché abitata da un numero esiguo di persone. Al tempo stesso, i tunnel sono stati concepiti per svolgere la funzione di rifugio antiatomico e possono essere utilizzati anche nel caso di catastrofi naturali. Da tempo, proprio nella regione dei Laghi, pare che Israele abbia inviato intere compagnie militari, accompagnate da tecnici con competenze di carattere scientifico, per capire se ci sono le condizioni per costruire, proprio lì, una sorta di enclave in miniatura dello stato ebraico. Giunti ufficialmente a scopo turistico, facoltosi visitatori israeliani e ricchi imprenditori mirerebbero ad acquistare (ed alcuni lo hanno già fatto), intere porzioni di territorio della Patagonia cilena e argentina, in modo tale da avere garantite delle vere e proprie proprietà private all’interno di Cile e Argentina: in pratica, uno stato nello stato. Le testimonianze di alcuni ufficiali dell’esercito cileno, poi “dimissionati” dalle forze armate, parlerebbero, ad esempio, di una forte presenza di investitori israeliani nella provincia patagonica australe di Santa Cruz (Argentina): lì, racconta uno di loro, almeno il 20% del territorio sarebbe già stato acquistato dagli israeliani. L’eccessivo interesse di un ufficiale sui reali motivi che hanno determinato la presenza israeliana in Patagonia, da quella turistica a quella militare, gli hanno causato anche pedinamenti da parte del battaglione a cui era stato assegnato. Non solo: l’ufficiale è stato poi espulso dalla Provincia di Santa Cruz e addirittura gli è stato vivamente sconsigliato di tornarci, pena l’arresto da parte di quegli stessi vertici da cui dipendeva fino a poco tempo prima. La goccia che fece traboccare il vaso fu una domanda rivolta ad un suo superiore del Comando de Institutos Militares (Cim), di stanza nella cittadina patagonica cilena di Puerto Natales per un corso di addestramento. Alla domanda sui reali motivi della presenza israeliana in Patagonia, l’ufficiale del Cim rispose provocatoriamente se quella informazione fosse utile al suo sottoposto per diventare colonnello. Addirittura, alcuni sostengono che l’esplorazione della Patagonia sotto la facciata del turismo da parte dei soldati israeliani sia in atto a partire dalla fine degli anni ’70, e per questo la stessa Patagonia abbia assunto la definizione di “nuova Palestina”. E ancora, in molti avrebbero notato che i turisti israeliani viaggiano in poche unità, sempre accompagnati da alcuni militari al seguito ed evitano, per quanto possibile, qualsiasi contatto con la popolazione locale. Si tratta di soldati mascherati da turisti? Numerose testimonianze riferiscono che gli israeliani si stabiliscono in località fuori dai centri urbani della Patagonia, come se non volessero essere notati, un aspetto, questo, che ha spinto alcuni ad ipotizzare (non si sa se a torto o a ragione), la presenza di uomini del Mossad. Gli aspetti inquietanti, o quantomeno molto strani, non finiscono qui. Nel novembre 2012 la Corporación Nacional Forestal (Conaf) cilena ha espulso due turisti israeliani che si erano accampati in una zona non adibita a campeggio nel Parco Nazionale delle Torri del Paine. La misura così drastica, spiegò la Conaf, era stata applicata per non mettere a rischio la sicurezza e l’integrità naturale del Parco e tutelare al tempo stesso i suoi visitatori. Del resto, la stessa Conaf era memore di quanto accaduto un anno prima, quando più o meno nella stessa zona il militare israeliano Roter Singer era stato individuato come responsabile dell’incendio che aveva distrutto circa 15mila ettari del Parco Nazionale delle Torri del Paine. Fu a seguito di questo episodio che è emerso come spesso i turisti israeliani siano in realtà ex militari e che gli stessi viaggi turistici nella Patagonia cilena e argentina vengano finanziati dal governo israeliano in persona, come nel caso di Roter Singer. Su un aspetto tutti concordano: non è normale che oltre diecimila giovani all’anno, che hanno prestato o prestano tuttora il servizio militare in Medio Oriente, percorrano in lungo e in largo la Patagonia grazie a pacchetti turistici pagati loro dallo stato israeliano.
In conclusione, è probabile che i militari israeliani giungano in Patagonia per sviluppare nuove tecniche antiterrorismo in partnership con gli Stati Uniti: è risaputo che la guerra contro le Farc colombiane è stata combattuta dagli Usa anche grazie all’intelligence israeliana e, al tempo stesso, la presunta presenza di cellule islamiche alla Tripla Frontera, soprattutto negli anni scorsi, ha fornito agli Stati Uniti il pretesto ideale per penetrare di nuovo in quel patio trasero che non era più tale e da cui erano stati estromessi. Stati Uniti e Israele, quindi, potrebbero aver scelto un nuovo territorio di influenza strategica dove installarsi e questo spiegherebbe tutte le cautele dei militari israeliani per passare il più possibile inosservati in America Latina e in particolare in Patagonia.