Militari italiani nella selva colombiana
di David Lifodi
Il 5 novembre un articoletto del quotidiano colombiano El Espectador riporta una notizia bomba: dal 2013 i militari italiani impiegati in non meglio precisate operazioni speciali saranno addestrati nelle selve della Colombia. In Italia la notizia passa sotto silenzio, escluse alcune eccezioni. Tra queste l’Associazione Nazionale Nuova Colombia, la prima a divulgare sul suo sito l’articolo de El Espectador, e Peacelink, che grazie ad un articolo di Antonio Mazzeo svela i retroscena dietro ai legami militari tra Roma e Bogotà.
L’accordo tra Italia e Colombia, ratificato dal ministro della Difesa colombiano Juan Carlos Pinzón (quello che intende concedere un’amnistia per i crimini di lesa umanità commessi nel corso del tempo dalle sue forze armate) e l’omologo italiano Giampaolo Di Paola, prevede che l’esercito italiano prenda lezioni da quello colombiano per l’addestramento delle forze armate che poi saranno inviate in contesti di guerra. La cooperazione tra i due ministeri stabilisce, contemporaneamente, che i militari colombiani apprendano dall’esercito del nostro paese “partecipazione ed esperienza in operazioni di pace”. Inoltre, i due ministri hanno stretto accordi sul reciproco scambio di informazioni e tecnologie nella lotta al narcotraffico e al crimine organizzato nel segno di una guerra senza quartiere al “terrorismo a livello locale, regionale e mondiale”. Fin qui il succo di quanto riportato da El Espectador sulla cooperazione militare Italia-Colombia. Il legame stretto dal ministro Di Paola con l’apparato militare della Colombia rappresenta un fatto grave e va denunciato. In primo luogo perché l’Italia si lega militarmente ad un paese noto in tutto il mondo per la propensione dell’esercito a violare i diritti umani e al rapporto con i paramilitari che, dopo la pseudo-smobilitazione sbandierata prima dal presidente Uribe e adesso da Santos, si sono riciclati nelle forze armate. Inoltre, da noi è stata attribuita grande enfasi alla parte dell’accordo che prevede l’addestramento delle forze di sicurezza colombiane presso le scuole di guerra dello Stato Maggiore italiano, ribadendo più di una volta che i militari italiani operano in contesti di pace, quando in realtà il nostro esercito in più di una circostanza riveste la funzione di occupante in terre straniere al pari di quelli degli altri paesi che aderiscono alla Nato. E ancora, preoccupa che l’Italia non abbia trovato niente di meglio che offrire la sua collaborazione ad un paese in cui negli ultimi anni ha assunto proporzioni sempre crescenti il caso dei falsos positivos, proprio sotto l’allora ministro dell’Interno Juan Manuel Santos, adesso presidente: si parla di due-tremila civili uccisi dall’esercito e spacciati come guerriglieri delle Farc. Non è finita. Sempre l’Associazione Nazionale Nuova Colombia ha riportato alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa colombiana da un paramilitare, che più volte ha ribadito il ruolo chiave delle forze armate colombiane nell’addestramento dei paras: “durante gli addestramenti erano comuni le visite di ufficiali dell’esercito e politici”. Questo è lo scenario che il ministro della Difesa Di Paola ignora, oppure ha finto di non conoscere. Dietro alla stretta relazione con la Colombia si cela il vero obiettivo della cooperazione militare tra i due paesi, quello relativo alle commesse miliardarie nel campo dell’industria bellica. “Italia e Colombia, una relazione pericolosa”, scrive Antonio Mazzeo su Peacelink il 22 novembre, sottolineando come Selex Sistemi Integrati, l’azienda elettronica del gruppo Finmeccanica, abbia stipulato un contratto con l’Unidad Administrativa de Aeronautica Civil de Colombia per l’ammodernamento dei sistemi radar di alcuni aeroporti colombiani. La funzione dei radar è duplice, “civile e militare, in grado di controllare il traffico aereo nelle regioni meridionali e occidentali dove è in atto la controffensiva delle forze armate colombiane contro la guerriglia delle Farc”. Sempre Mazzeo nota come i contatti tra Italia e Colombia siano iniziati almeno dal settembre 2009, quando l’allora sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto (governo Berlusconi) guidò a Bogotà una delegazione italiana che incontrò l’allora ministro della Difesa Gabriel Silva Lujan e il presidente Uribe. I colloqui affrontarono un eventuale intervento dei militari colombiani sotto il comando della Nato, soprattutto per quanto riguarda operazioni tuttora in corso, ad esempio in Afghanistan. Quello che lascia maggiormente sgomenti è che il nostro ministro della Difesa sembra ben lieto di imparare dall’esperienza dei militari colombiani, tanto da chiedersi se Di Paola è a conoscenza del modus operandi delle forze armate di questo paese, basato su esecuzioni extragiudiziarie, traffici con la polizia politica, tortura. Nel diluvio di dichiarazioni pubbliche che si susseguono in Colombia sulla stretta relazione tra esercito e paramilitari, una in particolare, emersa alla fine di novembre, è significativa: il mercenario israeliano Yair Klein “ha spiegato nel dettaglio come è iniziato il processo di addestramento dei nascenti gruppi di paramilitari, che ha portato alla conformazione delle famigerate Auc (Autodefensas Unidas de Colombia), confermando che tanto l’Esercito quanto il Das, la polizia politica alle dirette dipendenze del presidente, erano perfettamente a conoscenza del suo lavoro”. Le dichiarazioni di Klein, divulgate in Italia grazie all’Associazione Nazionale Nuova Colombia, dimostrano una volta di più, come l’unico terrorismo presente nel paese andino sia quello di stato, e in quale pasticcio si sia cacciata l’Italia.
Dietro all’addestramento dei militari italiani nella selva colombiana si nasconde quindi l’intento dell’industria bellica italiana di fare affari in America Latina, ma destano preoccupazione anche gli insegnamenti che riceveranno i militari italiani dai loro colleghi colombiani: invece di prodigarsi per assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni e ripudiare la guerra, come sancisce l’articolo 11 della Costituzione, l’Italia sembra privilegiare le operazioni belliche e gli apparati industriali-militari che ne traggono guadagni.
Bene David! Oltre la tua nota molto buona, la notizia ha circolato, in Colombia naturalmente ed in rete, ma poco se non niente nei giornali di carta.I miei tentativi con Marina Forti del Manifesto e Marco Berlinguer di Pubblico, non hanno portato, finora, ad alcun risultato. Ieri sera ho inviato il tuo articolo a Lorenzo Guadagnucci con il quale sono in contatto per una sua presentazione a Treviso. Ne parlerò domani sera all’ Assemblea di Cambiare si puo’ di Treviso. Hai qualche idea per la diffusione su carta. Il tema specifico, nel quadro della politica militaristica di Monti, e’ ancora di drammatica attualita’.
Una proposta per Daniele, Francesco, e tutti quelli che hanno seguito la vicenda. Potremmo scrivere una lettera al Manifesto e/o a Pubblico, in cui denunciamo l’accordo militare tra Italia e Colombia e farla firmare a più persone possibile, magari partendo proprio dall’Associazione Nazionale Nuova Colombia e da Mazzeo, i primi a divulgare la notizia in Italia. In questo modo forse riusciremmo ad esortare i quotidiani a seguire la situazione. Che ne dite? Secondo voi potrebbe funzionare?
Sono perfettamente d’ accordo. Se elabori tale lettera ti autorizzo a mettere la mia firma. Invierò la lettera anche a Lorenzo Guadagnucci per ottenere la sua firma.
Nel suo intervento all’assemblea a Treviso di “Cambiare si può. Cambiare si deve” il 21 dicembre Francesco Cecchini ha fra l’altro toccato il tema della collaborazione militare Italia-Colombia invitando a premere perché l’accordo sia annullato.
Lo recupero qui anche come indicazione per mozioni simili. (db)
«Appoggio attivo al processo di pace in Colombia tra la Fuerza Armada Revolucionaria de Colombia e il governo Santos. Fatto di portata storica in questo Paese e nel Sud America. Premessa necessaria per un cambio politico e sociale in Colombia. Nell’ambito di un accordo di cooperazione militare firmato a inizio novembre 2012 fra il ministro alla Difesa, ammiraglio Di Paola, e il suo collega colombiano Juan Carlos Pinzòn, militari italiani parteciperanno nel 2013 a esercitazioni nella selva della Colombia. Questo accordo va immediatamente annullato».
Capisco l’idea di cooperazione tra stati in materia di sicurezza, specie in un paese a bassa capacità statale come la Colombia, ma si poteva benissimo mandare una missione PSDC come Unione europea, mobilitando gli eurocorps, l’eurogruppo o l’euroforce. E magari comprendere anche attività che aiutassero le truppe locali!
Io, Daniele Barbieri e Francesco Cecchini abbiamo pensato di scrivere questa breve lettera da inviare ad alcuni quotidiani (in primo luogo a Manifesto e Pubblico) per denunciare la gravità dell’accordo militare italo-colombiano.
Invieremo la lettera nei primi giorni del nuovo anno e ci piacerebbe che fosse condivisa e firmata da più persone possibili.
Qui sotto il testo.
Il 5 novembre 2012 un articolo del quotidiano colombiano El Espectador riporta la notizia di un accordo di cooperazione militare tra Colombia e Italia ratificato dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ed il suo omologo Juan Carlos Pinzón: dal 2013 i militari italiani impiegati in non meglio precisate operazioni speciali saranno addestrati nelle selve colombiane.
È un fatto molto grave per vari motivi. In primo luogo perché l’Italia collaborerà con l’esercito colombiano, noto per le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani. In seconda istanza è discutibile che un ministro del nostro paese prenda contatti con Juan Carlos Pinzón, che in patria si batte per concedere un’amnistia per i crimini di lesa umanità commessi nel corso del tempo dalle sue forze armate: è conosciuto il legame del governo colombiano e del suo esercito con i paramilitari. Gli stessi paramilitari hanno più volte ammesso le visite di politici di alto rango e dei vertici dell’esercito ai loro campi di addestramento. Infine, preoccupa che l’Italia abbia offerto la sua collaborazione ad un paese come la Colombia, dove negli ultimi anni ha assunto proporzioni sempre crescenti il caso dei falsos positivos, due-tremila civili uccisi dall’esercito e spacciati come guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.
È paradossale venire a conoscenza di un accordo del genere da un quotidiano colombiano e dalla rete: ci piacerebbe che il ministero della Difesa ci desse delle spiegazioni e che la stampa si occupasse di questa vicenda.
P.S. Di seguito, i link ad alcuni articoli che si sono occupati dell’argomento:
http://www.elespectador.com/noticias/judicial/articulo-385255-italia-enviara-tropas-colombia-entrenamiento (l’articolo originale del quotidiano El Espectador)
http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/3530–0711-militari-italiani-saranno-addestrati-nella-selva-colombiana.html (tratto da Associazione Nazionale Nuova Colombia)
http://www.peacelink.it/disarmo/a/37277.html (articolo di Antonio Mazzeo, tratto da http://www.peacelink.it)
http://danielebarbieri.wordpress.com/2012/12/20/militari-italiani-addestrati-nella-selva-colombiana/#comments (articolo di David Lifodi tratto da http://danielebarbieri.wordpress.com)