Militari uruguayani in Congo: perché?
di David Lifodi
Per quale motivo i militari uruguayani sono impelagati nel conflitto tuttora in corso in Congo che vede contrapposte le Forze Armate della Repubblica Democratica (Fardc) dell’ex colonia belga e il gruppo guerrigliero M23, appoggiato logisticamente ed economicamente dai paesi vicini quali Ruanda e Burundi? I soldati del paese latinoamericano fanno parte del contingente della Monusco, la missione Onu che cerca di riportare la pace nello stato africano, ma negli ultimi mesi sono più volte balzati agli onori della cronaca in negativo per una serie di episodi poco chiari, non ultimo quello in cui sarebbero responsabili di aver ucciso due civili.
L’Uruguay accettò dieci anni fa di far parte della missione Onu allo scopo di proteggere i civili, assistere le donne vittime di abusi sessuali, tutelare i bambini e svolgere attività di interposizione tra le diverse fazioni armate in campo in un paese profondamente indebolito a livello sociale e politico. Il quotidiano uruguagio El Observador ha sottolineato più volte, senza celare il proprio orgoglio nazionale, che non è strano ascoltare dei bambini congolesi parlare del Peñarol o del Nacional, le due squadre di calcio più titolate del paese latinoamericano, ed ancor meno sorprendente è osservarli mentre canticchiano alcune strofe dell’inno nazionale dell’Uruguay. Al tempo stesso è noto a tutti che la guerra che si combatte in Congo è legata al coltan, uno dei minerali maggiormente utilizzati per prodotti di alta tecnologia (ad esempio i cellulari): l’ex colonia belga possiede il 70% delle riserve mondiali di coltan, oltre a cobalto, rame, bauxite, gas, petrolio, uranio e diamanti. Il conflitto in corso, descritto come una guerra di carattere etnico, ha però un’origine tutta economica, la ricchezza mineraria dello stato africano: il coltan esce illegalmente dal Congo verso il Ruanda, viene lavorato ed esportato nell’Europa dell’est per essere poi acquistato dai paesi asiatici (soprattutto la Cina) per fabbricare i microchips e terminare in Giappone e negli Stati Uniti, dove le grandi multinazionali assemblano i cellulari. Nel mezzo, la drammatica lotta tra tutsi e hutu, terminata ufficialmente nel 2003 con un saldo di quattro milioni di morti. In questo contesto agiscono le truppe uruguayane, che operano ai piedi di un vero e proprio vulcano. Sono sei le basi del Batallón Uruguay e sono gli stessi militari a ritenere che la Monusco sia divisa in due missioni, la Congo holiday e la Congo true. La prima è caratterizzata da una relativa calma, ma chi viene assegnato alla seconda sa che può accadere qualsiasi cosa. Lo scorso 26 agosto, nella città di Goma, durante una manifestazione di fronte all’edificio dove si trova l’alto comando delle forze di intervento Onu, sono rimasti uccisi due cittadini congolesi e diversi altri sono stati feriti: i manifestanti e la stampa internazionale hanno indicato i militari uruguayani come i responsabili dell’assassinio. Pepe Mujica, il presidente uruguayano, ha subito precisato che i soldati del Batallón Uruguay non hanno avuto alcuna responsabilità: “i nostri soldati hanno utilizzato solo le pallottole di gomma di fronte ad un corteo contro le forze Onu tutt’altro che pacifico, con i partecipanti armati di pietre”. Alla favola della presenza uruguayana in Congo solo per garantire la pace solo in pochi vi hanno creduto, sebbene i governi uruguayani di qualsiasi orientamento politico abbiano tenuto a precisare alla stampa che il paese latinoamericano è in Congo sotto l’egida Onu e non ha tra i suoi compiti interventi armati preventivi. In realtà il vero motivo che ha spinto Montevideo ad inviare i militari nell’ex colonia belga è il coltan: la pace che offre la Monusco, e quindi anche l’Uruguay che ne fa parte, serve per permettere agli stati e alle imprese transnazionali di poter svolgere i loro traffici legati al commercio di questo minerale così prezioso. I caschi blu uruguayani, come del resto i militari degli altri paesi, sono quindi percepiti come invasori che intendono sottrarre al Congo il diritto alla sovranità nazionale, da cui derivano le manifestazioni contro la Monusco. La sinistra radicale uruguayana ha definito la presenza del proprio paese in Congo come “colonialista” e “imperialista”: difficile dar loro torto, perché i congolesi percepiscono il Batallón Uruguay, e più in generale la Monusco, come un esercito invasore. Non è il solo intervento militare di questo tipo all’estero: l’Uruguay è coinvolto nella missione militare Onu ad Haiti, la Minustah, ed anche in quel caso i militari uruguayani sono finiti nel mirino della critica per gli stessi motivi per cui sono nell’occhio del ciclone in Congo. Mujica, nel caso di Haiti, ha dovuto scusarsi di persona con il popolo haitiano per le violenze sessuali commesse da alcuni soldati del suo paese. Inoltre, ciò che preoccupa maggiormente è che nell’intervento uruguagio ad Haiti, e più che mai in Congo, le forze armate apprendono sistemi di vigilanza, controllo e repressione che poi finiscono per applicare in patria, come accaduto lo scorso 14 agosto, quando un corteo svoltosi a Montevideo in ricordo di Roberto Facal e Fernando Morroni (due giovani assassinati dalla polizia nel 1994 sotto la presidenza di Alberto Lacalle in occasione di un corteo di protesta contro l’estradizione di tre cittadini baschi) è stato attaccato con violenza dai militari e los ex guerrilleros gobernantes (gli ex tupamaros che sono confluiti nel Frente Amplio, adesso alla guida del paese), sono finiti sotto accusa. A dire il vero la partecipazione dell’Uruguay alla Monusco ha sollevato in più circostanze delle profonde fratture tra i frentistas, ma adesso sembra che a gran maggioranza il partito sia a favore della presenza dei militari nell’ex colonia belga. Per quanto possa sembrare paradossale, sono stati i colorados a convocare in Parlamento il sottosegretario alla Difesa Jorge Menéndez per chiedere spiegazioni su una missione che negli anni scorsi ha visto anche la morte di un soldato uruguayano, Martín Mazzoli, deceduto in un incidente stradale mentre viaggiava su un veicolo militare finito fuori strada. Almeno fino al 2005 la sinistra del Frente Amplio si era sempre espressa in modo critico in merito in merito alla missione in Congo del Batallón Uruguay, ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che il Frente ha fatto registrare un inatteso quanto opinabile cambio di rotta. Lucía Topolansky, moglie del presidente Mujica, senatrice frenteamplista e anch’essa guerrigliera sotto la dittatura militare di Bordaberry, ha invitato tutto il suo gruppo parlamentare a votare a favore della missione militare: in caso contrario, i dissenzienti sarebbero stati segnalati alla commissione disciplinare interna del partito. Nel 2005 Guillermo Chifflet, deputato del Partido Socialista, si dimise dalla carica per esprimere il suo disaccordo con l’allora presidente Tabaré Vázquez, il primo mandatario di centrosinistra nella storia del paese, che però aveva deciso di prolungare la presenza dei militari uruguayani ad Haiti nell’ambito della Minustah. La posizione del Frente sorprende anche in relazione alla recente denuncia dell’avvocata congolese Therese Kulungu, la quale ha accusato i soldati del Batallón Uruguay di aver costretto delle minorenni a rapporti sessuali, pur non avendo prove certe. Dal canto suo il governo uruguayano ha divulgato una pronta smentita, sostenendo che i militari non hanno alcun permesso per intrattenere rapporti con la popolazione civile: alcuni senatori frentistas (tra cui l’ex tupamaro Luis Rosadilla) si sono recati nelle zone di guerra dove i soldati hanno creato delle enclaves per proteggere i bambini rifugiati in seguito agli scontri tra l’M23 e le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo.
Difficile dire quale sia il vero volto della missione uruguayana in Congo: certamente è controversa, sebbene il portavoce dell’Esercito Mario Stevenazzi abbia assicurato un’inchiesta interna per chiarire i fatti che hanno causato la sparatoria di Goma e il ruolo effettivo dei militari inviati da Montevideo si limiti, almeno ufficialmente, ad un lavoro di contenimento e interposizione, ed è altrettanto difficile far finta che la drammatica situazione del Congo non sia provocata dalle mire sul coltan delle imprese e dei paesi stranieri.
Non sono d’ accordo che sia difficile dire quale sia il ruolo dell’ ONU ed delle missioni di pace in genere e quello dei soldati uruguaiani in Congo, la discriminante e’ il giudizio politico generale sul ruolo dell’ imperialismo e sull’ utilizzo che questi fa dell’ ONU.