Morire di patrie
tre poesie di Wilfred Owen (*)
Il sogno del soldato
Sognai che il buon Gesù aveva sabotato,
gli ingranaggi dei grossi pezzi d’artiglieria,
e inceppato in modo irreparabile
tutti gli otturatori.
Con un sorriso, aveva deformato
le Mauser e le Colt,
e arrugginito con le lacrime
tutte le baionette.
E non c’erano più bombe, né nostre, né loro,
neppure un vecchio acciarino o una forca.
Ma Dio, seccato, dette pieni poteri a Michele,
che, al mio risveglio, aveva riparato tutto.
Dulce et decorum est
Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,
le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,
finché volgemmo le spalle all’ossessivo bagliore delle esplosioni
e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.
Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,
procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono azzoppati; tutti ciechi;
ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilo
di stanche granate che cadevano lontane indietro.
Il gas! Il gas! Svelti ragazzi! – Come in estasi annasparono,
infilandosi appena in tempo le goffe maschere antigas;
ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare
dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce…
Confusamente, attraverso l’oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra,
come in un mare verde, lo vidi annegare.
In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.
Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo
dietro il furgone in cui lo scaraventammo,
e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,
il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;
se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
osceni come il cancro, amari come il rigurgito
di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –
amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore
a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,
la vecchia Menzogna: Dulce et decorum est
Pro patria mori.
La parabola del vecchio e del giovane
Dunque Abramo si levò, raccolse la legna, e partì,
portando con sé il fuoco e il coltello.
E mentre soggiornavano insieme,
Isacco, il primogenito, domandò: “Padre Mio,
tutti questi preparativi, il ferro, il fuoco,
ma dov’è l’agnello per l’olocausto?”.
Allora Abramo legò il giovane con cinghie e pulegge,
ed eresse in quel punto parapetti e trincee,
e brandì il coltello per scannare suo figlio.
Quand’ecco, dal cielo, un angelo lo chiamò:
“Non stendere la mano contro il fanciullo,
non fargli alcun male. Guarda,
quel capro impigliato nella macchia per le corna;
offri il Capro dell’Orgoglio in vece sua”.
Ma il vecchio non volle saperne, e trucidò il figlio,
e metà del seme d’Europa, uno per uno.
da «Poesie di guerra»
Wilfred Edward Salter Owen (18 marzo 1893 – 4 novembre 1918) nacque in Inghilterra, primo di quattro figli. Il 21 ottobre 1915 si iscrisse all’Artists’ Rifles, un corpo speciale dell’esercito britannico che all’epoca attirava molti volontari. Per i successivi sette mesi fu addestrato allo Hare Hall Camp, nell’Essex. Nel Gennaio 1917 ebbe la promozione a sottotenente del reggimento Manchester. Dopo alcune traumatiche esperienze, come quella di rimanere intrappolato per tre giorni in una buca durante la Battaglia della Somme, a Owen fu diagnosticato uno shock da granata e venne così mandato al Craiglockhart War Hospital, dov’era ricoverato per «nevrastenia» (e non per «pacifismo») il poeta Siegfried Sassoon. Questo incontro cambiò radicalmente la vita e la poesia di Owen. Fece ritorno al fronte e il primo di ottobre 1918 guidò le sue unità del Secondo Reggimento Manchester all’attacco di numerosi avamposti nemici vicini al villaggio di Joncourt. Questo gli valse il conferimento postumo della Military Cross.
Nel luglio 1918, pur avendo ottenuto la licenza illimitata, Owen tornò in servizio. Fu ucciso il 4 novembre 1918, in Francia durante l’attraversamento del canale di Sambre-Oise, una settimana prima della fine della guerra. Il giorno dell’armistizio la madre ricevette il telegramma che la informava della morte del figlio.
Owen è considerato il poeta della Prima guerra mondiale, conosciuto soprattutto per la sua «War Poetry» che mostra gli orrori delle trincee. La sua poetica fu indubbiamente influenzata da quella di Sassoon. Ma il tratto più originale di Owen – cioè l’intenso uso di rime imperfette, consonanze e assonanze – fu geniale e innovativo allo stesso tempo. Anche dopo la morte di Owen, l’amico Sassoon seguitò a promuoverne la poesia.
Solo cinque delle poesie scritte da Owen furono pubblicate prima della sua morte, tra cui una frammentaria.
(*) grazie Franca Maria per avermelo fatto conoscere.