Mormorò il Piave: bugie lunghe 100 anni (2)
Ho letto, in rapida successione, due importanti libri (*) sulla guerra che fu detta «grande». Oggi ragiono sul secondo: «La grande menzogna» – sottotitolo: «Tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla prima guerra mondiale» – di Valerio Gigante, Luca Kocci e Sergio Tanzarella.
Prima i numeri. I morti italiani in tre anni di guerra sono 650 mila, poi c’è mezzo milione di feriti gravi e mutilati ma anche 600mila prigionieri «abbandonati dall’Italia – senza aiuti e assistenza – perché considerati disertori e codardi». 40 mila soldati impazziti, «un indebitamento che si è estinto solo negli anni ’80», truffe sulle spese di guerra (fra gli imputati Ansaldo e Ilva) «tutti rimasti impuniti».
Poi la rabbiosa sintesi di un grande poeta. «Chè quer covo d’assassini / che c’insanguina la Terra sa benone che la guerra / è un gran giro de quatrini / che prepara le risorse / pe’ li ladri delle Borse». Aveva detto tutto, nel 1914, Trilussa in «Ninna nanna della guerra» che diventò canzone (in modo spontaneo nelle trincee).
Cent’anni dopo, fra gli inganni di ieri e quelli che preparano (se non lo impediremo) nuove guerre, io vi consiglio di leggere e di far circolare il più possibile «La grande menzogna» (Dissensi editore: 170 pagine per 13,90 euri). Rigoroso nella ricerca, chiarissimo nella scrittura e soprattutto efficace nella sintesi. Se infatti ci si mette a ravanare fra i molti libri dedicati alla prima guerra mondiale o nei ponderosi saggi sulle riviste storiche io credo che si trovi tutto ma … che fatica. Invece un libretto così (170 pagine per 13,90 euri) è capace di riassumere tutte le bugie, censure e rimozioni, ignoranze che – in buona fede a livello popolare, in mala fede a livello istituzionale – ancora accompagnano il massacro che fu detto grande guerra. Siamo il Paese dove Agostino Gemelli e Gabriele D’annunzio vengono ancora additati a esempio; dove ai boia – in testa Luigi Cadorna – si dedicano scuole, stazioni (qui in blog vedi, a esempio, Cadorna e le decimazioni) o monumenti.
Sono insegnanti e giornalisti Valerio Gigante e Luca Kocci, due degli autori; docente all’università il terzo Sergio Tanzarella. Si sono divisi gli argomenti ma il libro non risente di salti o di stili diversi.
L’efficace introduzione va subito al punto: «raccontare la (vera) storia per contrastare chi continua a celebrare l’orrore e ripetere “la grande menzogna». Seguono quattordici capitoli e tre appendici. Eccoli in estrema sintesi.
1 – «Dalla penna al fucile: gli intellettuali con l’elmetto» ricorda Marinetti che glorifica la guerra e disprezza la donna, il vergognoso D’Annunzio ma anche gli “interventisti” in buona fede come – purtroppo – Giuseppe Ungaretti e Gaetano Salvemini.
2 – «Dalla neutralità all’interventismo, le ragioni di un cambiamento “interessato”» analizza il ruolo di banche e industrie ma anche il meccanismo “tecnico” («una sorta di colpo di Stato») con il quale l’Italia entrò in una guerra dalla quale avrebbe avuto ogni vantaggio a star fuori.
3 – «Delle “commesse” rapine: lo scandalo delle spese per le forniture di guerra» offre dati agghiaccianti ma «di questo scandalo non è rimasta quasi traccia nella memoria nazionale» grazie a Mussolini che fece «inghiottire nella notte della dittatura» tutto quello che faticosamente stava emergendo nelle inchieste. Ci sarebbe quasi da ridere raccontando la corruzione e l’imperizia perfino sui muli o sul panno grigioverde (che non era idrorepellente)… se quello non fosse il meccanismo che accompagna tutte le guerre e gli armamenti, come ben dimostra oggi la vergogna (per dirne una soltanto) degli F 35, “bidoni” di morte.
4 – «La guerra sui corpi umani» ricostruisce l’evoluzione degli strumenti di morte: «l’ annientamento industriale del corpo» secondo la definizione di Barbara Bracco.
5 – Della questione «Tribunali speciali e decimazioni: la strategia del terrore» si è parlato spesso qui in “bottega”. Ma c’è sempre da imparare. Anche perché «sugli oltre 5 milioni di italiani che avranno prestato servizio militare pesano ben 330mila denunzie».
6 – Interessantissimo il capitolo su «La gestione del tempo libero e della prostituzione al fronte». Già l’11 giugno 1915 «la circolare 268 firmata da Cadorna» spiega come gestire i bordelli grigioverdi con le prostitute trattate come schiave: «una pagina immonda che i celebranti la vittoria continuano a strappare dai libri di storia».
I capitoli 7 e 8 ovviamente si intrecciano. Da una parte «Aspersorio e gagliardetto: preti e religiosi alla guerra» e dall’altra «Benedetto XV, il papa che disse no all’orrore» e che per le sue nettissime prese di posizione «costruiva le premesse per la sua totale cancellazione dai libri di scuola e dalla memoria degli italiani». Le molte pagine su/di Agostino Gemelli sono da libro horror e non a caso i suoi testi più compromettenti vengono oggi occultati. A tanta ferocia religiosa il libro contrappone la dolorosa umanità laica di Erich Maria Remarque e di Emilio Lussu.
9 – Ricordo da ragazzino (e dunque circa 50 anni dopo la prima guerra mondiale) di aver sentito dire molte volte frasi del tipo: «Ah scemo di guerra, togliti l’elmetto ed esci fuori». A dimostrare che, nonostante si cercasse di nascondere la verità dei tanti che in trincea persero il senno, il numero (40mila «calcolati per difetto») era troppo grande per essere del tutto rimosso dall’immaginario popolare. Il capitolo «Pazzi di guerra» offre documenti interessanti ma dimentica di citare il film (del 2008) di Enrico Verra «Scemi di guerra, la follia nelle trincee» che mi dicono molto interessante e dunque (?) ha avuto ridotta circolazione.
10 – «Senza patria, il dramma dei prigionieri di guerra» è forse il vertice dell’orrore: «i prigionieri italiani sono 600mila» (neanche i numeri precisi si riescono a sapere), «un soldato ogni dieci». L’Italia otterrà “il primato” dei prigionieri morti: oltre 100mila perché il governo considerandoli «traditori» bloccò viveri e medicinali. Il prigioniero, sentenzia D’Annunzio, «sventurato o svergognato perde diritto alla gloria». I generali incapaci, sadici, felloni e ladri invece non si toccano.
11 – «Il re è nudo: le lettere a Vittorio Emanuele III» fa capire come, in certi casi, l’odio per il re “sciaboletta” si mescolasse con la consapevolezza popolare sulle vere ragioni della guerra: certamente poche (422) ma significative.
I tre capitoli successivi sono efficacissimi a disegnare 3 passaggi che costruiscono «una sorta di consenso retroattivo alla guerra» e dalla prima guerra portano al fascismo e da lì fino all’oggi: si intitolano «Da morti a caduti, l’uso politico della memoria» (e aiuterà molti a guardare con occhi nuovi gli “innocui” monumenti che invadono le nostre città), «I sacrari militari, religione civile della “nuova patria”» e poi «Carne e ossa senza nome: il culto del milite ignoto, dal Piave a Nassirya». Sulla nascita, inizialmente in Francia, dei “militi ignoti” segnalo a chi legge – ma anche ai tre autori per un’auspicabile seconda edizione – quanto ricostruisce Eduardo Galeano (è anche qui: Una carovana mancata e un milite troppo ignoto). La vicenda di Schio che oppone la lapide della «Lega proletaria» a quella censurata è esemplare: restano i nomi delle vittime ma scompare l’identità dell’assassino, il generale Andrea Graziani.
Le tre necessarie appendici – le chiamo così ma sono parte integrante del libro, anche stilisticamente – sono intitolate «“Maledetto sia Cadorna”, le canzoni contro l guerra», «Il cinema senza l’elmetto» e «Percorsi di lettura». Mi permetto, da cinefilo e antimilitarista, di fare una piccola critica (l’unica in fondo) proprio al capitolo sui film: sarebbe stato utile qualche cenno a «J’accuse» di Abel Gance, a «Per il re e per la patria» di Joseph Losey e soprattutto a «Prigionieri della guerra 1914-18» di Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, tanto più che si accenna ad altri film dei due registi.
Tornando a Trilussa, se rileggete la sua poesia sostituendo alla parola “sovrani” i nomi degli attuali “democratici” guerrafondai… purtroppo quasi tutto sembra immutato. Ma, come sempre, dipende anche dal nostro impegno fermare i nuovi macellai. E in questo impegno può essere utile anche contestare le tragiche pagliacciate “commemorative” del centenario… magari leggendo le pagine di «La grande menzogna» a scuola dopo che i militari sono intervenuti per dire la loro, senza che sia concesso alcun contraddittorio.
L’IMMAGINE IN ALTO è quella che trovate a pagina 89 del libro. La didascalia indica in Sigmundsberger la località austriaca dove furono rinchiusi e morirono tanti prigionieri italiani; ma altrove (in rete e in libri) si trova scritto Sigmundshberg; probabilmente non si tratta di un errore ma solo di un differente modo per scrivere lo stesso nome. Ogni chiarimento è comunque il benvenuto.
(*) DEL PRIMO LIBRO HO PARLATO IERI: è «Gli ammutinati delle trincee» di Marco Rossi, pubblicato da Bfs (88 pagine per 10 euri) cioè la Biblioteca Franco Serantini con il sottotitolo «Dalla guerra di Libia al Primo conflitto mondiale: 1911-1918». Domani in bottega un terzo e ultimo post sulle bugie “mormorate” dal Piave ma urlatissime dai giornalisti e generali. Accennando a un libro – «La rivolta dei santi maledetti» di Curzio Malaparte – sulla rotta di Caporetto che sarebbe opportuno rileggere oggi ma stranamente (?) è introvabile.
Che impressione!! Mio padre (“ragazzo del ’98”, prigionero a Caporetto e sopravvissuto a quasi 2 anni di campo di concentramento austriaco) conservava fra le sue carte una copia di questa foto, che ho ancora (credo un antico ritaglio di giornale). Ne conoscete la fonte originaria? Ho sempre pensato che potesse esservi ripreso anche lui, ma non mi è mai parso di potervelo riconoscere. Mi piacerebbe averne una copia (pdf) nitida. Grazie,
Giorgio
Non conosco l’origine di questa foto ma chiedo subito a Luca Kocci (uno degli autori) che forse ne sa qualcosa di più. Segnalo a Giorgio, a Daniela, a tutte/i che qui in bottega – nel link a «Storie e Notizie» di Alessandro Ghebreigziabiher – si può leggere «Centenario prima guerra mondiale Italia: il tempo e la follia», per ricordare che l’ignoranza sul passato e sul presente prepara il disastro di domani.
caro giorgio, ho la foto in una buona risoluzione, sebbene anche questa non sia perfettamente nitida. non è in pdf, è in jpg, ma credo che possa andare bene lo stesso. se mi scrivi (lkocci@tiscali.it) te la mando. a presto. LK
Grazie, non immagini quanto questo articolo, così ricco di riflessioni importanti per il mio/ nostro lavoro, sia giunto gradito e inatteso, proprio nel momento in cui a scuola, stiamo approntando una mostra sul centenario. Cercheremo proprio di porre questioni che non sempre appaiono sui libri di testo. Diffondo con piacere.
cara daniela, se possiamo dare una mano in qualche modo (materiali, ma anche incontri) siamo a disposizione. ci piacerebbe molto riuscire a collaborare con le scuole, è uno degli obiettivi che avevamo in mente quando abbiamo cominciato a pensare e poi a scrivere il libro. se vuoi mi trovi qui: lkocci@tiscali.it. a presto. LK
Mancano i morti della spagnola, pandemia avvenuta perché arrivarono i soldati americani
ricevo da MARIA FRANCA (grazie) una sorprendente poesia sul massacro che fu detto grande guerra, significativamente scritta nel 1918.
La parabola del vecchio e del giovane
Dunque Abramo si levò, raccolse la legna, e partì,
portando con sé il fuoco e il coltello.
E mentre soggiornavano insieme,
Isacco, il primogenito, domandò: “Padre Mio,
tutti questi preparativi, il ferro, il fuoco,
ma dov’è l’agnello per l’olocausto?”.
Allora Abramo legò il giovane con cinghie e pulegge,
ed eresse in quel punto parapetti e trincee,
e brandì il coltello per scannare suo figlio.
Quand’ecco, dal cielo, un angelo lo chiamò:
“Non stendere la mano contro il fanciullo,
non fargli alcun male. Guarda,
quel capro impigliato nella macchia per le corna;
offri il Capro dell’Orgoglio in vece sua.
Ma il vecchio non volle saperne, e trucidò il figlio,
e metà del seme d’Europa, uno per uno
(Wilfred Owen, da “Poesie di guerra”, 1918)
Vi metto il link all’intervista a Daniele Barbieri su radiazione.info (radio web) nella trasmissione La rabbia del sabato sera, in diretta dalle piazze d’Italia e dal mondo, ogni sabato dalle 15 alle 18.30
Daniele Barbieri ci parla del libro La grande menzogna» – sottotitolo: Tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla prima guerra mondiale – di Valerio Gigante, Luca Kocci e Sergio Tanzarella.
Alcuni dati importanti che la storiografia scolastica ha sempre teso a nascondere appagando la sete di denaro e di potere del capitale che volle e vinse quella infame guerra che portò milioni di soldati a morire nelle trincee mentre i padroni di allora e di oggi accumulavano ricchezze che poi avrebbero reinvestito nel fascismo. A distanza di 100 anni ricompaiono gli stessi allarmanti segnali di allora.
http://www.radiazione.info/2015/05/mormoro-il-piave-bugie-lunghe-100-anni/
Ripudio la guerra per onorare la pace (a proposito della prima guerra mondiale)
Tema
Della guerra non devo e non voglio commemorare nulla e nessuno (nulla di bene fa alla pace la guerra, la distrugge e basta)
Ricordare si, ricordare che porta morte, miseria e distruzione.
Ricordare i soldati non come eroi ma come dei poveri disgraziati, padri, figli, giovani e meno giovani strappati controvoglia alle loro famiglie, alle loro esistenze per andare ad uccidere altri disgraziati o da questi con molta probabilità essere a loro volta uccisi. Non sparavano per l’onore della patria ma per paura di essere uccisi.
Biasimarli no, provo commiserazione, dispiacere per loro e rabbia verso chi ha abusato delle loro vite per il tornaconto di avidi e potenti affaristi.
Quale bene è venuto dalla guerra? A parte famiglie devastate dalla morte dei congiunti è rimasta una pace a brandelli grondante miseria, devastazione che ci portarono dritti dritti nelle fauci del fascismo, 20 anni di dittatura che ci portarono dritti dritti (anzi passando per guerre di conquiste coloniali: Libia ed Eritrea o intervento a sostegno della dittatura franchista in Spagna) alla seconda guerra mondiale (guerra che genera guerra).
Altre morti anche più raccapriccianti, come dimenticare i campi di sterminio nazisti? E poi come un apostrofo nero fra le parole guerra e morte un bel paio di bombe atomiche da parte dello zio Sam statunitense.
Dopo la seconda guerra mondiale sì che è venuta la pace, ma anche questa a brandelli grondante devastazioni e miseria.
E una bella nota sulla Liberazione, con i meritati onori ai partigiani; parliamo della Sicilia e della monnezza sulla liberazione?
La monnezza la nascondiamo sotto i tappeti. E questa monnezza è la mafia. E già perché non è bello ricordare che il boss mafioso Lucky Luciano collaborò con il governo USA, che si accordò con gli “amici” siciliani per agevolare lo sbarco in Sicilia alle truppe alleate. Frutto di questa collaborazione con gli USA fu la liberazione dalla prigionia del boss che ritornò in Sicilia e la garanzia per l’infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche e il controllo del territorio degli “amici” mafiosi in Sicilia. Di quella collaborazione ne godiamo i frutti ancora oggi e se ne sono accorti benissimo, per fare due nomi a caso, Falcone e Borsellino.
Non solo mafia, regalino USA, dalla seconda guerra mondiale sempre i soliti USA dovendo piazzare le loro merci, fra cui il grano di cui la principale produttrice italiano era la Sicilia ne hanno fatto fallire l’economia. Niente male mano d’opera a basso costo per l’industrioso Nord, per la Fiat degli Agnelli e poi anche Germania, Svizzera dove come ricompensa gli emigranti venivano trattati come bestie e come esseri inferiori a subire il razzismo e umiliazione.
Mi scordo niente? anche se si credo che questo basti per non esaltare valori che vengono collegati alla guerra.
Facciamo l’amore non facciamo la guerra…. E perché no mettete dei fiori nei vostri “cannoni”
Sperando che il Gigante non abbia fatto anche in questo libro quello che ha fatto con me su adistaonline, riprendendo tutta la mia ricerca sull’INValSI, pubblicata su IN-CONTRO/STORIA, senza nemmeno curarsi di citarmi. E ciò, nonostante le mie ripetute segnalazioni a lui ed alla direzione.
Appena finito di leggere