Non ci si può abituare né rassegnare, ma il rischio che all’indignazione per ogni nuova morte di lavoro si risponda ancora e solo con la retorica è molto alto. Dobbiamo dircelo: non ci sono risposte che possano interrompere questo mostruoso stillicidio da un giorno all’altro. Possiamo però esigere che vengano prese subito delle misure che vadano anche oltre le necessarie richieste di aumento dei controlli e delle sanzioni. Si tratta di tre interventi di natura economica ben precisi, con effetti immediati in materia di prevenzione e miglioramento della salute e sicurezza sul lavoro
Basta fare una ricerca su Google, cliccando “incidente alle Acciaierie Venete di Padova” (di proprietà dell’attuale presidente di Federacciai), per rendersi conto che non c’è nulla di casuale. La prima notizia racconta della morte di Mohamed Awad Hassan Abd El Fattah. Nell’agosto del 2013 l’operaio egiziano di 43 anni, precipita in una buca camminando in una passerella degli impianti durante il turno di notte. Pochi mesi prima, l’8 maggio del 2013, era morto nella stessa azienda, ma a Sarezzo (BS), un padre di famiglia di 56 anni, Matteo Canta. L’operaio italiano, in questo caso, precipita in una vasca di raffreddamento del reparto laminatoi.
Nel luglio 2017 è toccato a due operai veneziani, Andrea Brigato di 37 anni e Federico Fava di 47 anni, rischiare la morte dopo essere precipitati da un carroponte nello stabilimento di Padova delle Acciaierie Venete. L’ennesimo grave incidente nella mattinata di oggi. Una siviera, contenente 90 tonnellate di acciaio fuso, è crollata – a un metro di altezza da terra – per la rottura di un perno. Gli schizzi di magma hanno investito quattro operai, due italiani e due stranieri, ustionandoli tutti gravemente: Bratu Marian (il più grave), Vivian Simone, Di Natale David e Federic Gerard.
La sequenza interminabile di morti sul lavoro e d’incidenti gravi sta provocando una giusta indignazione, grazie alla conoscenza degli eventi e alla diffusione tramite i social delle notizie non più occultabili dai media come spesso succedeva in passato. Sono tante le persone che chiedono si metta fine a questo stillicidio di morti sul lavoro. La parola più ripetuta è “ora basta”!