Municipali Brasile: arretrano petisti e sinistra
Nel secondo turno, il 27 ottobre scorso, rimane a destra San Paolo, dove Guilherme Boulos non riesce a spodestare Ricardo Nunes. Le poche vittorie luliste arrivate grazie a candidati centristi e, proprio l’alleanza con il centrão ha permesso a destra ed estrema destra di avanzare ulteriormente nel più grande paese dell’America latina.
di David Lifodi
Immagine: https://www.celag.org/
Il secondo turno delle municipali in Brasile, tenutesi lo scorso 27 ottobre, ha confermato la tendenza già emersa tre settimane prima, quando nei 5.470 comuni chiamati al voto, il Partido dos Trabalhadores di Lula ne aveva conquistati solo 248 contro i 1.683 andati direttamente al bolsonarismo senza ballottaggio.
San Paolo, la città più ricca, popolata e importante del paese, era stata definita dalla sinistra una trincea, poiché Ricardo Nunes, del centrista Movimento Democrático Brasileiro, ma in realtà non troppo distante dalle idee di Bolsonaro e già alla guida della megalopoli paulista, non era riuscito a conseguire, al primo turno, un ampio vantaggio sul candidato delle sinistre Guilherme Boulos, esponente del Partido Socialismo e Liberdade (Psol) ed una vita trascorsa nelle organizzazioni popolari come militante dei Sem teto. Al secondo turno, invece, Nunes, con il 59,4% dei consensi, si è confermato facilmente alla guida di San Paolo, dove i petisti avevano rinunciato a presentare un proprio candidato per sostenere Boulos (40,5%), vittima anche di una campagna di fake news promossa dal suo avversario con il sostegno del governatore dello stato di San Paolo, Tarcisio de Freitas, e culminata nell’accusa di aver chiesto sostegno ai cartelli della criminalità organizzata.
Tra le poche note positive delle municipali vi sono le vittorie luliste a Belem, sede della Cop 30 nel 2025 e capitale dello stato del Pará, con Igor Normando che ha sconfitto il bolsonarista Eder Mauro, Belo Horizonte (capitale del Minas Gerais), dove Fuad Noman si è confermato alla guida della città respingendo l’attacco del bolsonarista Bruno Engler e Fortaleza (capitale del Ceará) con Evandro Leitão, il quale ha vinto con uno scarto dello 0,76% rispetto al suo avversario bolsonarista. Per il resto, il petismo ha subito pesanti sconfitte a Natal, capitale del Rio Grande do Norte, dove Natalia Bonavides, figura di spicco del partito di Lula, ha dovuto cedere il passo al bolsonarismo, e Porto Alegre, capitale del Río Grande do Sul rimasta al centrista Sebastião Melo (Movimento Democrático Brasileiro) nonostante la pessima gestione dell’emergenza dovuta alle inondazioni di qualche mese fa.
Inoltre, a fronte delle vittorie di molti candidati di centro e centro-destra, non si può tacere sul fatto che molti dei candidati lulisti vincenti, come Igor Normando (Movimento Democrático Brasileiro), Fuad Noman (Partido Social Democrático) o lo stesso Edoardo Paes, a sua volta del Partido Social Democrático, sostenuto dal presidente brasiliano e che aveva già conquistato, al primo turno, la conferma a sindaco di Rio de Janeiro, provenivano comunque dai partiti del centro moderato che ogni volta definiscono le alleanze elettorali in base alle proprie specifiche convenienze. Per Lula, soprattutto nella città carioca, il sostegno a Paes rappresentava una scelta obbligata per evitare che a vincere fosse Alexandre Ramagen, direttore dell’intelligence durante la presidenza di Bolsonaro e adesso indagato per spionaggio illegale. In particolare, il Movimento Democrático Brasileiro ha sostenuto candidati filo-lulisti o filo-bolsonaristi, nella stessa tornata elettorale senza farsi alcun scrupolo delle radicali diversità tra i due schieramenti,oltre a presentarne alcuni realmente centristi.
Per le sinistre, si è trattato, quindi, di una tornata elettorale decisamente sfavorevole. A prevalere, in generale, tra lulismo e bolsonarismo, è stato comunque il cosiddetto centrão, soprattutto a seguito della crisi ormai irreversibile dei tucanos del Psdb – Partido da Social Democracia Brasileira. Tuttavia, nel complesso scenario della politica brasiliana, occorre ricordare che lo stesso centrão è composto da una coalizione assai eterogenea fatta da partiti quali União Brasil, il Partido Progresista che, a dispetto del nome, affonda le sue radici nella dittatura militare, i Republicanos, i cui leader appartengono alla galassia del mondo evangelico vicino alla Igreja Universal e lo stesso Movimento Democrático Brasileiro di cui fa parte il riconfermato sindaco di San Paolo Nunes che, a sua volta, strizza l’occhio a Bolsonaro, nonostante quest’ultimo, proprio per la città paulista, avesse scommesso sul nuovo astro nascente della destra brasiliana e latinoamericana Paulo Marçal, legato anche al presidente argentino Javier Milei, ma rimasto escluso dal ballottaggio.
Nunes, secondo alcuni storici e politici, anche vicini al Psol, come Valerio Arcary, avrebbe beneficiato anche del voto di una parte di lulisti che, a livello municipale, hanno preferito ad un esponente della sinistra sociale quale è Boulos l’usato sicuro di un sindaco già alla guida di San Paolo nel precedente mandato. Al primo turno, i due contendenti avevano quasi impattato la percentuale di consensi e questo lasciava sperare in un ballottaggio assai più combattuto di quello che si è poi rivelato.
Boulos ha impostato la sua campagna elettorale sulle contraddizioni di Nunes, apparentemente un moderato, ma in realtà fin troppo vicino alle peggiori pulsioni del bolsonarismo, alle quali il deputato del Psol ha provato a contrapporre la sua visione di una città più solidale, umana dove tutti possano avere le stesse possibilità senza le attuali, enormi, disuguaglianze sociali, nonostante continuino a spadroneggiare personaggi come il colonnello Mello Araújo, ex comandante delle forze speciali della polizia militare nello stato di San Paolo e noto per le sue dichiarazioni discriminatorie contro i favelados.
A pochi giorni dal primo turno, Boulos denunciava l’abisso tra gli abitanti dei quartieri più ricchi della città, la più grande dell’America latina con 12 milioni di abitanti, dove l’aspettativa di vita è di 80 anni, e quelli che vivono nelle sterminate periferie urbane, dove un cittadino vive, in media, circa 20 anni di meno e ricordava come siano almeno 80.000 gli abitanti della megalopoli costretti a vivere quotidianamente per strada.
In definitiva, il voto delle elezioni municipali ha confermato la crescita della destra e dell’estrema destra, soprattutto grazie ad alleanze consolidate con partiti almeno ufficialmente nello schieramento di centro, ha affermato in un’intervista a Brasil de Fato lo scienziato e coordinatore dell’Observatório Político e Eleitoral (Opel) Josué Medeiros e questo rappresenta un pessimo segnale per il Brasile.