Natale clandestino
di Mohamed Malih
C’è aria di festa. E giustamente i negozianti sono quelli che hanno più motivo di festeggiare. Le vetrine brillano. Persino i sampietrini luccicano. La luce cola dalle luminarie e trabocca dalle vetrine, scorre e si riversa sui viali e inonda le piazze, s’insinua nelle viuzze e veglia sui portoni. Dovrò addentrarmi ancora di più nella periferia, esplorarne meglio i margini e forse scoverò un angolo di discrezione per la mia clandestinità.
La parola Natale la associo ai primi veri brividi da freddo e al momento magico quando come d’improvviso le vetrine cominciano a scintillare. Sembra si festeggi, in questo periodo, un santo protettore delle vetrine, o un qualche suo collega propiziatore degli affari.
In questo periodo è quasi impossibile la clandestinità e mi sento sempre in primo piano, esposto come un sacerdote sull’altare, o un condannato sul patibolo.
Sarà che in questo periodo la gente è più elegante e allora io nei miei cenci sento maggiormente la mia diversità, che mi fa di un umore decisamente poco natalizio. Per carità, ci tengo al mio decoro e i miei abiti son pur sempre dignitosi. Se non fosse per il periodo, in quanto a vestiario, passerei tutto sommato inosservato. Come dire: non sono io che sono trasandato, sono gli altri che a natale diventano più eleganti.
D’altronde mi trovo in terra straniera, fra gente che ha usi e costumi diversi, fra gente che prega un Dio diverso.
Un Dio misericordioso (davvero misericordioso) che dalle vetrine si erge in tutta la sua magnificenza e assiste benevolo le sue creature mentre si scelgono i doni che fra non molto si scambieranno.
Dunque, mi dico, è nella natura delle cose che io non senta questa festa. È nella natura delle cose che mi senta escluso dal calore e dall’affetto che la gente in questo periodo ostenta mentre si scambia.
Poi che mi lamento a fare? Ho sempre guardato con fastidio, anche in patria, ai vari assembramenti festaioli.
Comunque Babbo Natale, se sei davvero buono come dicono portami in dono una sanatoria.
Visto che oggi me la canto,Re Travicello è Mauro Antonio Miglieruolo (sbaljo?). Porca miseria,dopo una vita di torture e la bocca chiusa dovessi da passa’ per spione….ehehehe