Naufragi nell’infinito: fra Recanati e il mondo
Fabrizio Melodia ricorda Giacomo Leopardi
29 giugno 1798: buon 202 naufragi nell’infinito al poeta e filosofo Giacomo Leopardi. Fra passeri solitari, ermi colli, sovrumani silenzi, pastori erranti, passeggeri disincantati, islandesi sfortunati e la nature un po’ bastarda, ancora oggi ci fa emozionare, discutere, sbadigliare (alcune persone sì) e piangere insigni specialisti, malcapitati studenti ma anche curiosi di ogni genere.
“Er gobbo de Recanati”: così lo descrive il noto Lorenzo, lo studente che «nulla sa e nulla vuol sapere», personaggio nato dalla fervida immaginazione dell’attore Corrado Guzzanti, mio quasi collega filosofo (due esami alla laurea, ricorda).
Perchè continuare a studiare un intellettuale gobbo, malinconico, chiuso nelle sue letture nella rassicurante gabbia della biblioteca paterna?
Una domanda che è stata fatta al fantasioso scrittore italiano Alessandro D’Avenia, autore del libro «L’arte di essere fragili – Come Leopardi può salvarti la vita» (edito da Mondadori) e diventato un pezzo teatrale grazie all’adattamento di Gabriele Vacis.
D’Avenia elenca ben 50 motivi per continuare a pensare a Silvia memoriosa e alla donzelletta che vien dalla campagna. Io ne ho individuati almeno tre che, da soli, basterebbero a considerare Leopardi come un compagno al bar invece che lo sfigato gobbo di Recanati.
Il primo. Al grande intellettuale che gli consigliava di esercitarsi per almeno 20 anni sulla prosa prima di cominciare a far poesia rispose: «Quando io vedo la natura in questi luoghi che veramente sono ameni, mi sento così trasportar fuori di me stesso, che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene, e a lasciar passare questo ardore di gioventù e a voler divenire buon prosatore e aspettare una ventina d’anni per darmi alla poesia».
Il secondo. Perché ci ha fatto capire che la malinconia è molto di più del pessimismo e non possiamo sbarazzarcene ma solo imparare ad abitarla.
Il terzo. Perché nessuno come lui ha inveito contro un cuore che non riesce a far a meno di amare e cercare la felicità e perché nessuno come lui ha inveito contro una ragione assetata di verità.
E’ bravo D’Avenia: consiglio caldamente la lettura del suo libro e, se avete fortuna, anche la fruizione della piece teatrale.
C’è un Leopardi storico da riscoprire e a tale proposito rimando ai libri di approfondimento che indico in calce.
Ma c’è il Leopardi umano, vero, viscerale, che amava la vita e si divertiva: amava rifugiarsi in soffitta a giocare con luci e ombre, gustava i dolci.. al punto da dedicare a un gelataio uno dei suoi canti. Nascondeva sotto il cuscino i dolci che il medico gli vietava per poi sbafarseli.
Prese in mano la sua vita artistica in barba a un poeta affermato. Un uomo cagionevole di salute che molti ora considerano precursore dell’esistenzialismo, degno compagno di Schopenhauer, Nietzsche, Kafka, Sartre.
Perchè studiare Leopardi? Perchè magari una delle canzoni che ancora adesso cantiamo è «Il cielo in una stanza» di Gino Paoli, descrizione di un atto d’amore in un bordello di Genova, come indica il soffitto viola? Quell’anelito poetico fa scomparire il soffitto, dà voce ad armoniche e organi, perdendosi nell’immensità del cielo: non è forse debitore del «guardo escluso», dei «sovrumani silenzi», del naufragio «oltre la siepe» nel «cielo infinito»?
Ben lontano dal pessimismo sprezzante di Schopenhauer, che si riassume nella noia e nella soddisfazione della Volontà, Giacomo Leopardi ne usciva ballando sulle ali della luce e della bellezza, contemplando la Luna come fosse una vecchia amica.
E all’ombra del “distruttor Vesevo”, la ginestra rimane in piedi, a dispetto della distruzione che la circonda.
Sovrumani silenzi fuori dalla torre antica.
Per approfondire o perlomeno farsi un’idea:
Friedrich Nietzsche, “Intorno a Leopardi (1875-89)”, a cura di Cesare Galimberti, Genova, Il melangolo, 1992 (contiene “Leopardi e Nietzsche” di Walter Friedrich Otto);
Antonio Negri, “Lenta ginestra. Saggio sull’ontologia di Giacomo Leopardi”, Milano, SugarCo, 1987 e poi Milano, Mimesis, 2001;
Cesare Luporini, «Leopardi progressivo», in “Filosofi vecchi e nuovi”, Firenze 1947;
Stefano Agosti, “Il testo poetico”, Milano, Rizzoli, 1972;
Pietro Citati, “Leopardi”, Milano, Mondadori, 2010.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
Sono stato lo scorso anno a Recanati e il “colle dell’infinito” mi è parso, ahimé, finito del tutto, ridotto a giardinetto pseudo-letterario e assediato dal traffico com’è nel nostro tempo. Ma dopo aver letto questa “cronaca di naufragi” mi viene voglia di tornarci su quel colle ma con adeguato “Virgilio” per provare a librarmi su “complessità leopardiane:” fuori dal tempo
Bello questo articolo, lo stile narrativo aiuta