Né Galera Né Quirinale…
Né Galera Né Quirinale: salvacondotto per l’uomo sbagliato
di Armando Gnisci
Scrivo questa storia il 18 luglio del 2011 in un bar di Alessandria d’Egitto, di fronte al mare, ma anche di fronte ma di sguincio, occhiando l’oceano. Riprendo un pensiero antico a lungo tenuto a mente e mai appuntato nella scrittura. Può darsi che quando voi leggerete questa storia la sua stoffa si sia lisa e superata dalla storia posteriore corrente, ma credo che potrebbe rimanere valida come una storia di Fantagiusta, comunque; come un gioco gratuito della fantasia da giardino, o come una caramella che ci piace girarci in bocca e sotto la lingua.
Nel giardino del bar con me c’è ora solo un bambino di 8 o 9 anni che viene ogni pomeriggio verso le 5, mentre gli amici adulti si fanno vedere sempre dopo le 7. Tutti conoscono il bambino ad Alessandria e nessuno sa dove viva; alcuni dicono che abiti al Cairo, dove torna ogni sera di sera. Dicono anche che lui sia il capo e il portavoce di una piccola setta – una settina, dicono proprio così, nel dialetto di Alessandria – chiamata “Certi Bambini Arabi” (ABC, palindromo) anche perché, dicono, lui comincia i suoi racconti sempre con la stessa formula: “Certi bambini arabi dicono…”. Alcuni ragazzi di Alessandria dicono che il suo nome sia: Abdel Ali Hussein al-Hasan ibn Muhamad al-Wazzan al-Zayati, Ma nessuno mette la mano sul fuoco che si chiami proprio così. Cert’altri dicono che sia marocchino, di Fez, e altri ancora dicono che è nato a Granada, in Andalusia, e che per questo spesso viene chiamato anche “il granadino”. Comunque, tutti dicono che è sicuro che dorme da tanti anni vicino alla Grande Piramide e che si sposta ogni mattina a piedi ad Alessandria, dove ha parenti ed amici, ma nessuno li conosce. Il pomeriggio alle 5 viene sempre e puntuale al bar arabo a raccontare le storie di “certi bambini arabi” e ad ascoltare le storie che raccontano gli adulti e i vecchi al bar. Io sono tra i vecchi. Dicono anche che Ali Abdel al-Wazzan faccia commercio e scambi di storie, e che ci guadagna tanto, ma solo di storie a voce, anche perché nessuno l’ha mai visto scrivere, o leggere, e nemmeno prendere qualche appunto volante, cifrato o abbozzato. Alcuni dicono che sia un bambino molto vecchio, che sembra un bambino di 8 o 9 anni, ma certi dicono piuttosto di 7 o 8 anni. C’è anche chi dice addirittura che abbia 500 anni e che è proprio vero che nacque a Granada. Dicono anche che è vissuto per molti anni a Roma, alla Corte del Papa de’ Medici, quel Leone X. E che poi da lì scappò via per via di una guerra spaventosa un sacco e andò a Venezia, e che da lì riuscì a tornare al Cairo. Ma perché non a Fez o a Granada? Comunque, dovremmo dire meglio, che arrivò al Cairo sì, ma certamente ad Alessandria e poi al Cairo, giusto? A quei tempi non c’erano gli aeroplani.
Torniamo alla storia fantagiusta. Da tempo fa ho cominciato a pensare che se il Signore SBagliato – idest “Silvio Berlusconi SB-agliato (unto d’aglio)” – fosse condannato per tutti, più o meno, i suoi reati, tutti i suoi giudici, tra loro federati, mediante una legge costituzionale perfettamente ad personam, dovrebbero confiscare ogni suo bene di ogni tipo, a favore degli eredi, legittimamente, e soprattutto alla beneficenza per poveri arabi, poveri africani, poveri caraibici e poveri di ogni mondo del mondo, certamente e innanzitutto italiani come primi rispetto agli altri occidentali. Si tratterebbe di opere di beneficenza umanistica del fare, che lui ha sempre praticato e amato. I giudici dovrebbero escludere a priori qualsiasi pena carceraria, per sempre. E dovrebbero adottare, verso quest’ uomo fatale per la nazione italiana tra XX e XXI secoli, una ragione assoluta di redenzione del suo corpo-spirito, dovendosi escludere una ragione di ri-educazione, data la sua età avanzata. I giudici dovrebbero, quindi, mettere a punto ed emanare una articolata condanna esistenziale con un nuovo e magnifico significato sociale: il suo scopo sarebbe il risanamento laico e giustissimo dello SBagliato, ormai in exitu. In questo modo sarebbe possibile emettere l’unica condanna realisticamente e congruamente alternativa al principio della rieducazione, sostituendolo, e completandolo, mediante il riconoscimento e la sanzione di un “principio della redenzione in exitu”. Sarebbe questa l’unica e nuovissima via al riscatto e alla salvazione terrena di costui, tagliata ad personam e per i suoi ultimi anni di vita. Un principio e una condanna assolutamente – anche se il diritto non è mai assoluto – ad personam. Questa nuova via della giustizia mostrerebbe la sua “personalizzazione esemplare” e, allo stesso tempo, ne riconoscerebbe la sua proposta di una disponibilità universale. In tal modo, essa sarebbe chiamata, dalla mano federata e ferma della Giustizia italiana: la “Via della Umiliazione Salutare” (VUS, o SUV, visto che scrivo in un regime palindromo). Le procedure da adottare e da adattare all’uomo, sarebbero: in prima istanza, la “Pulizia del corpo unto dall’aglio e poi della sua immagine universale” mediante un preliminare Spacchettamento della visibilità contraffatta per decenni dal BS per ingannare i nostri occhi e quelli di lui medesimo, in primis. Le operazioni necessarie sarebbero le seguenti: S-piegamento e successiva reinstallazione della pelle vera e martoriata del Soggetto, a partire dalla Destrutturazione cranica mediante la Dis-asfaltazione del cuoio non più falsamente capelluto con la ricostruzione del calvino centrale e laterale; e per seconda, una operazione di Cambia-la-voce; e per terza, la Destrutturazione dell’edificio totale di tutta la cosmesi plastica pregressa, fino ai piedi e alla sue scarpe incorporate; infine, un’Analisi biologica approfondita, soprattutto per portar via il percolato umido accumulato in 70 anni e, almeno, la diossina. Ove fossero evidenziate altre presenze nocive, nucleari ad esempio, si dovrà comunque ricoverare il paziente per cure profonde di ri-organizzazione del corpo nella sua e propria normale fascia di età maschile. Dopo questa pulitura totale del soma si passerebbe alla cura della sua parecchio storta psiché (*); il primo comma prescriverebbe la messa in opera di un orizzonte invalicabile del regime di vita in solitudine perfetta e apocrifa, tale da far diventare e trasformare la sua persona ricostruita anziana giustamente in persona qualunque: un pensionato ultrasettantenne, che ha amici, se riesce a farseli, solo tra i suoi coetanei e vicini qualunqui; il secondo intervento riguarderà il suo abbigliamento: jeans di grana grossa e in forma di tuta, con uno zaino multiuso; nessun altro tipo di abito, calze e intimo dei venditori marocchini ecc.
Dopo la psicologia, si daranno le istruzioni capitali attraverso la sociologia e la cura del welfare del soggetto: l’uomo nuovo, pronto e avviato sulla china salutare dell’anonimato, sarebbe confezionato socialmente nella seguente maniera patrimoniale: un appartamento periferico a Milano, in zona Bicocca o altra di tipologia popolare, consistente di due stanzette, un cucinino e un bagno con doccia, senza vasca; con un arredamento sobrio e limitato, unico “lusso”: 4 televisori, uno per ogni vano. Piano alto, 7°-8°. La casa sarebbe, unica cosa, di proprietà del Suddetto. Egli riceverebbe mensilmente un assegno di Pensione di 1.200 euro netti.
Lo scopo ultimo e benefico di questa giustizia esemplare, consisterebbe nel fatto che il soggetto potesse imparare a vivere da persona umana qualunque, non poverissima ma “regolare”, come dicono a Roma. Regolare, anche se avvitata in una vita risolta al rovescio e solo alla fine, un palindromo inesorabile della corsa della sua intera esistenza. Finalmente qualcuno, i giudici da lui vilipesi, si sarà interessato al suo ultimo bene, sicuro e compassionevole. Né Quirinale né carcere, ma una vita giustificata. Che solo questo salvacondotto potrà offrire all’ex-tiranno. Consiglio di leggere il libriccino di Etienne de La Boétie (un giovane morto nel 1563, amico carissimo di Montaigne, che a lui dedicò il capitolo XXVIII, “Dell’Amicizia”, dei Saggi): Discorso della servitù volontaria, pubblicato da Chiare Lettere nel 2011. Troverete, cari connazionali italiani, descritta meravigliosamente la parabola del “nostro” unto d’aglio e degli italiani a lui vicini.
ALCUNE BREVI NOTE
Questo pezzo è uscito, in forma più complessa, nella rivista www.ilpalindromo.it del 21 settembre 2011, Per approfondimenti o valutazioni rivolgersi a armandognisci@libero.it
Nel testo l’autore ha inserito questa nota (dove trovate *): Uso questi termini antichi e antiquati, per intenderci più facilmente. Sappiamo, ormai e infatti, che soma e psiché sono tutt’uno.
A chi passa da codesto blog il nome di Berlusconi non giungerà nuovo ma è bene ricordare che qui viene di solito nominato come P2-1816 cioè con il numero della sua tessera nella loggia massonica segreta denominata Propaganda 2. (db)
Armando scrivi in maniera sublime,cioè per spiegarmi:è una cosa rara che io, e non solo, anche se è la prima volta che ti leggo,quando leggero’ ancora i tuoi scritti ti riconoscero’ immediatamente.Hai uno “stile” (parola del cavolo…ma non ne trovo altre) unico,TUO. Ho una libreria piccina ed indipendente a Tuscania dove vengono da tutta ita(g)lia ed anche Iurop (ehehehe,mica se po’ di’ piu Europa…. poveri Australopitechi(con perdono dai nostri antenati), e per tenerla aperta faccio l’enologo :comunque anche con la vendemmia nel delirio leggo e non dormo la notte… Vieni a trovarci. Mommelostampo il tuo Romanzo breve… cosi lo leggo non sullo schermo che mi sclera. Marco Pacifici.