Nel regno di Lillipuzz – di Mark Adin

A molte e molti di noi sarà capitato di leggere, più o meno in modo divertito, il verso della porta di una latrina di autogrill sulla quale siano stati graffiti disegni osceni, esposti numeri di cellulare e ogni altro sordido e indiscreto messaggio di tipo sessuale.

Lontani ricordi di scuola mi riportano alle stesse compilazioni reperite su medesime superfici. Se, oggi, fossero ancora in uso i luridi bensì provvidi vespasiani, sono certo che questo piccante advertising sarebbe attrattivo per la vista e la mente, le quali durante la minzione hanno effettivamente necessità di distrarsi per permettere il raggiungimento di un rilassamento fisico che favorisca l’emissione.

In simile cotè, all’Università Cattolica di Milano, sulla porta di un gabinetto, sono stata vergate, da mano ignota, una stella a cinque punte e un paio di idiozie subito promosse a “terroristica minaccia”. Solo una mente disturbata può seriamente ritenere credibile che una siffatta (non dico “supposta” per non ricadere negli stessi ambiti) minaccia possa costituire Fatto da tenersi in debito conto. Tuttavia i poveri funzionari della Digos, immagino alquanto scocciati, sono stati costretti ad aprire le indagini. Al cesso.

Per pindarico accostamento di idea, mi sovvengono le molte considerazioni e attribuzioni fecali del Ministro Brunetta, che – forse Faber non aveva torto in una celebre traduzione da Brassens – si è espresso più volte con vicinanza al tema, intitolando alla merda una certa parte politica, strillandolo durante uno dei suoi capricciosissimi show insultanti.

Il Ministro Bossi si era già espresso in tal senso, accostando il Tricolore all’orefizio, incolpevole estrusore della materia infame, e suggerendo a una patriottica signora – affacciatasi al balcone sul quale il tricolore garriva – di servirsene per “pulircisi il culo”.

Il Primo Ministro, dall’alto della sua indiscutibile autorità  (poteva restar fuori, un tale Protagonista, dalla fumante querelle?) ha finito per proclamare che quello che governa, e che lo tollera dopo averlo eletto, è un “Paese di merda”. Si è poi giustificato, dicendo che il suo dire – sicuramente villano dal punto di vista istituzionale – era stato però carpito vigliaccamente durante una conversazione telefonica notturna. E sul “notturna” vorrei sveltamente chiosare: una volta tanto mi sento di chiedere, per il Presidente del Consiglio, un po’ di comprensione. A chi non è mai capitato, infatti, di avere, magari con l’avanzar dell’età, incontenibili urgenze “notturne”?

Del resto il Ministro Calderoli aveva già nominato sul campo l’aristocratico Luca Cordero di Montezemolo “scoreggia”, insulto rimasticato dal suo maestro di stile, il Senatur, che aveva coniato il simpatico epiteto per il defunto professor Miglio: “una scoreggia nello spazio”. Ma si sa che ai Leghisti piace il pop, è gente fatta così. Vogliamo criminalizzarli per questo?

Pare proprio che il tema delle deiezioni di corpo, dell’attività meteorica-stromboliana dell’intestino, di ogni e qualsivoglia scatologia e del suo sozzo contorno, più che di un Paese, sia divenuto stigma di un Governo.

Occorre, però, dire che il Paese non è certo incolpevole di questo deprecabile merdaio, dal momento che, con il voto democratico, ha eletto e delegato questo fior fiore di Classe dirigente:

– Ministro dell’Interno già condannato per Resistenza a pubblico ufficiale. Durante l’operazione di Polizia che lo vide coinvolto, ricevette un calcio nelle palle e fu portato via in barella.

– Ministro della Agricoltura inquisito per mafia, la cui elezione è stata stigmatizzata dal Capo dello Stato che ne ha addossato la responsabilità unicamente al Capo del Governo.

– Ministro che si dimette per aver detto che Biagi era un “rompicoglioni”, é successivamente rinominato Ministro in altro dicastero e si dimette un’altra volta perché, a sua insaputa, qualcuno gli ha comprato una casetta davanti al Colosseo. Ce l’hanno con lui. Osserverà qualcuno: ma almeno si dimette. Sì, però poi si ripresenta.

– Ministro delle Riforme, condannato per finanziamento illecito nel processo Enimont, che si inventa una Sede Ministeriale che non c’è. Una delegazione di postulanti in pellegrinaggio arriva in loco e non trova nessuno. Balla mediatica in salsa verde, pare si chiami Federalismo.

– Ministro per la Semplificazione, condannato per resistenza a pubblico ufficiale, autore di una legge elettorale che lui stesso definisce “una porcata” e che, attraverso tale legge, ha decretato l’ascesa al potere di tutti loro.

– Ministra delle pari opportunità le cui foto, tette e culo al vento, sono tuttora disponibili sul web tra i numerosi calendari di genere.

– Ministro del Lavoro, la cui ultima performance al convegno delle Acli è lì da vedere, in tutto il suo livore super partes di sincero democratico, in tutta il suo cristianissimo ardore già dimostrato nella penosa vicenda Englaro. De Michelis’ boy come Brunetta, fu di un partito la cui testata storica era ultimamente diretta da un tizio che, recentemente intercettato dalla procura, sentenzia: “Più merda c’è e meglio è”, riassumendone la visione del mondo.

Non c’è male, bella squadra.

Allo scopo di porre fine ad una attività eccessivamente elencativa, e per non deprimere ancora di più i portatori di residuale coscienza civile, non voglio ricordare, né tampoco illustrare, le mille inadeguatezze istituzionali del Primo Ministro – potrei sfinirmi – e le dolorose vicende giudiziarie di cui, come tutti sappiamo, egli è soltanto povera, incolpevole, vittima.

Le maledette toghe rosse sono state complici della rapina, bottino suppergiù seicento milioni di euro, perpetrata ai suoi danni da parte della tessera n.1 del PD. Han fatto questo a lui, tessera n. 1816 della P2. Una questione tra tesserati.

E, a sentire Lui, sarebbe il Paese ad essere “di merda”.

Mark Adin

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