“La protesta umana” di Nella
Il 2 luglio 1873 nasce Nella Giacomelli, “temperamento duro e fragile nello stesso tempo”
dal «Dizionario biografico degli anarchici italiani» (*)
Nasce a Lodi il 2 luglio 1873 da Paolo e Maria Baggi, seconda di tre figli. Nonostante la prematura scomparsa del padre, suicida, può studiare e si diploma, come la sorella maggiore Fede, maestra di grado superiore e ha come compagna di scuola Ada Negri. Tra il 1892 e il 1897 insegna prima a Maslianico, in provincia di Como, e poi a Cocquio, nel varesotto, ma si licenzia per divergenze con le autorità comunali e abbandona la carriera scolastica. Ben poco si conosce della sua vita prima del traferimento a Milano, dovuto con tutta probabilità ai contrasti con la madre, che Masini descrive come “tetra, gretta, assoluta, preoccupata solo del denaro”. Inizialmente socialista, G. è in rapporti epistolari con figure di spicco del PSI come Camillo Prampolini e Carlo Dell’Avalle. Nella seconda metà degli anni Novanta ha una relazione con Giovanni Suzzani, allora segretario della Camera del lavoro di Lodi. Nel maggio 1898 G. tenta il suicidio. Non si conoscono i motivi del gesto. Proprio in quei giorni il gen. Bava Beccaris soffoca nel sangue i tumulti milanesi per il caro pane. Anche a Lodi si verificano scontri tra carabinieri e operai e anche a Lodi viene esteso lo stato d’assedio. La sera dell’8 maggio Suzzani viene arrestato e verrà condannato, nel luglio, a un anno di reclusione. Ma all’epoca, la loro relazione era già conclusa e G. si trovava nel capoluogo lombardo. Nel febbraio 1898 la Questura segnala sue conferenze in un circolo socialista e ai ferrovieri. In data non certa ma agli inizi del Novecento, G. viene accolta in casa di Ettore Molinari, come istitutrice dei figli. Molinari, anarchico, è allora direttore della Scuola e del Laboratorio di chimica della Società d’incoraggiamento d’Arti e Mestieri. Nel 1902 G. è, insieme con Molinari, Straneo e altri, una delle promotrici della pubblicazione de «Il Grido della folla», e fa parte della redazione del periodico, la cui compilazione viene affidata in un primo tempo a Giovanni Gavilli e, dopo l’arresto e il rimpatrio di questi a Firenze, a Oberdan Gigli, appena ventenne. Anche Gigli, però, è costretto dalla polizia a lasciare Milano. Nel gennaio 1903 G. scrive a Gigli una lettera particolarmente rivelatrice, nella quale non solo manifesta al giovane anarchico il proprio amore ma gli racconta di avere avuto una figlia, che chiama sia Ireos che Iride, morta in tenera età (motivo forse del tentato suicidio?), e di essere sul punto di diventare l’amante di Molinari. “Sto per diventare l’amante di un uomo che ha moglie e figli. A lui chiederò la realizzazione del mio sogno [avere nuovamente un figlio]; forse … fuggirò lontano da lui!”. Molinari ha da poco avuto la figlia Iride (la scelta del nome non è evidentemente una coincidenza), ma G. non fugge e neppure, come minaccia, tenta di nuovo il suicidio. Rimarrà sempre con la famiglia Molinari, con Iride in particolare, anche dopo la scomparsa di Ettore nel 1927, fino alla morte. Generalmente G. conduce una vita piuttosto ritirata. Raramente partecipa a iniziative pubbliche e interviene a riunioni private organizzate dagli anarchici. Continua la sua attività di istitutrice (anzi di vera e propria educatrice) dei giovani Molinari; aiuta Ettore, che nel 1904 diventa professore di chimica presso l’Università Bocconi e poi al Politecnico, nel suo lavoro scientifico e soprattutto collabora ai periodici a cui il loro sodalizio dà vita, insieme ad un ristretto gruppo di amici (soprattutto Oberdan Gigli e Giuseppe Manfredi). Temperamento duro e fragile nello stesso tempo, la sua attività di giornalista anarchica è intensa, anche se spesso interrotta da pause dovute sia a momenti di depressione e di autoisolamento sia alle esigenze dei giovani a lei affidati. G. non firma quasi mai gli articoli con il proprio nome, ma utilizza solitamente lo pseudonimo di Ireos, intervenendo sui temi più disparati: dall’attualità politica al libero amore, dai problemi delle donne (con scarsissime simpatie per le prime femministe) alle tematiche culturali, dalle questioni organizzative alle colonie anarchiche. Nel 1905 si reca ad Aiglemont nelle Ardenne per sperimentare la vita nella colonia “comunista” “L’Essai”, e al suo ritorno scrive un saggio abbastanza critico che apparirà a puntate ne «La Protesta umana» e poi in opuscolo. La sua rigidità la mette spesso in urto con altri anarchici, che rimproverano a lei e a Molinari di vivere al di fuori e al di sopra della faticosa quotidianità di figure sociali segnate dalla precarietà e da un endemico ribellismo. Anarchica antiorganizzatrice, come Molinari, è tuttavia insofferente nei confronti delle intemperanze di quegli anarchici che trasferiscono l’individualismo e l’antiorganizzazione dal piano della teoria politica a quello dei comportamenti privati. Di qui scontri e incomprensioni con personaggi sradicati e dai mille espedienti come Gennaro D’Andrea, Libero Tancredi, Giovanni Gavilli, chiamati di volta in volta a redigere «Il Grido della folla». Nel 1906 la rottura tra Gavilli e i cosiddetti “tetrarchi” (Molinari, Giacomelli, Ricciotti Longhi, Manfredi) porta questi ultimi ad abbandonare il periodico, che si estinguerà nelle mani del primo, e a fondare «La Protesta umana». Anche in questo caso la collaborazione di Ireos è intensa. «La Protesta umana» durerà fino alla fine del 1909, con una breve esperienza di periodicità quotidiana. Nel 1908 però, G. e Molinari, offrono la redazione del giornale a Paolo Schicchi, suggestionati dall’alone eroico che accompagnava l’anarchico siciliano, reduce dalle carceri spagnole e a lungo detenuto in quelle italiane per il ferimento di un delegato di polizia nel 1892. La profonda incompatibilità di carattere e di vedute tra Schicchi e G. degenera in un aspro contrasto che culmina nell’abbandono de «La Protesta umana» e nella pubblicazione da parte del primo di un violento pamphet accusatorio (Le degenerazioni dell’anarchismo) a cui rispondono “Epifane” (cioè Ettore Molinari) e Ireos con Un triste caso di libellismo anarchico (Milano 1909). Dopo la partenza di Schicchi, Molinari e G. si indirizzano a un giovane individualista aretino, Giuseppe Monnanni (o Monanni), che aveva già pubblicato a Firenze la rivista «Vir», e alla sua compagna Leda Rafanelli, nota pubblicista libertaria. Monanni e Rafanelli daranno poi vita a una serie di riviste e a un’attività editoriale particolarmente ricca e significativa, e non solo in campo strettamente anarchico (la Casa Editrice Sociale). Con il termine dell’esperienza de «La Protesta umana», G. si ritrae in una routine silenziosa, interrotta soltanto dalla scoppio della guerra europea. “Da vari anni”, scrive nel maggio 1915 a Cesare Agostinelli, “vivo appartata e ho tagliato, si può dire, i ponti fra me e i compagni. Non vado più alle loro riunioni, né loro vengono da me. […] Il fatto vergognoso di Schicchi mi ha addirittura messo in un tale allarme contro i compagni, ch’io temo sempre d’imbattermi in qualche farabutto”. La Settimana rossa del giugno 1914 aveva costretto E. Malatesta a fuggire nuovamente a Londra, mentre L. Fabbri era riparato a Lugano. La rivista «Volontà» di Ancona che Fabbri e Malatesta avevano lanciato nel 1913 per riattivare la propaganda anarchica in una fase di acuta crisi sociale e di tensioni internazionali, regge faticosamente grazie al lavoro di Agostinelli e alla collaborazione saltuaria di altri anarchici, alcuni dei quali, come Mario Gioda, sembrano oscillare di fronte alla questione della neutralità italiana. G., con il nuovo pseudonimo di “Petit Jardin”, interviene in difesa del più rigido internazionalismo contro tutti i possibili cedimenti “guerraioli” ed entra in contrasto con quegli anarchici, tra i quali l’amico Gigli, che vedono la guerra contro gli imperi centrali come una lotta di liberazione. G., pur non avendo modificato la sua propensione antiorganizzatrice, si avvicina all’ambiente degli anarchici organizzatori, come testimonia la sua corrispondenza con Fabbri e Agostinelli. Durante il conflitto, alla fine dell’aprile 1916, viene arrestata per un tentativo di dimostrazione in piazza del Duomo. L’intercettazione di una sua lettera a firma “Ireos”, unita a un manifesto incitante le donne a manifestare contro la guerra il 1° maggio 1916, le causa il rimpatrio forzato a Lodi. La misura è poi revocata e sostituita da diffida ad astenersi “da ogni forma di propaganda contro la guerra”. Nel 1917, in accordo con L. Fabbri, manifesta perplessità di fronte all’ipotesi di una partecipazione anarchica alla progettata e mai tenuta conferenza di Stoccolama, la cosiddetta “3a Zimmerwald” (Lettera di “Petit Jardin”, «Cronaca libertaria», 17 ago. 1917). I lunghi anni di guerra approfondiscono il solco con gli ex compagni interventisti. Dopo l’armistizio G. scrive a Gigli: “C’è un abisso tra noi, Oberdan; tu hai rinnegato il tuo sogno giovanile, ed io lo sogno più ardentemente che mai; […] Come possiamo ancora comprenderci? Meglio dimenticarci”. In realtà, sia con Gigli che con Manfredi i rapporti continueranno, in una dimensione intima e totalmente apolitica. Il clima effervescente del dopoguerra induce G. ad una nuova e attiva partecipazione. Nell’aprile 1919 interviene, insieme con Ettore Molinari e sotto la veste ufficiale di sua “sorella”, al congresso fiorentino che dà vita all’UCAI. È in casa di Molinari, e grazie all’entusiasmo di G., nonché all’attività di figure come Mario Senigalliesi, Emilio Spinaci e altri, che prende consistenza, sempre nel corso del 1919, il progetto del quotidiano anarchico. È sempre G. che, nell’editoriale dell’«Iconoclasta!» di Pistoia del 25 luglio, scrive: “Umanità nova, meta suprema di tutte le nostre lotte e dei nostri dolori, noi ti adottiamo come simbolo luminoso d’una visione vivente, e t’innanziamo al disopra di tutte le folle, verso tutti i cuori, faro e bandiera di luce e di libertà”. A questo proposito è in corrispondenza con Malatesta che, da Londra, progetta il rientro in Italia. Ed è proprio a G. che Malatesta telegrafa non appena sbarcato a Taranto il 24 dicembre 1919. L’esperienza di «Umanità nova» è in qualche modo rigenerante per G. Nel primo numero del nuovo quotidiano annuncia ironicamente il suicidio di “Petit Jardin” (n.g., Sulla tomba di “Petit Jardin”, 26-27 feb. 1920) e inizia a collaborare con le proprie iniziali, con corsivi prima quotidiani, poi più radi, sempre graffianti e a volte paradossali (“un poeta che vuole epater il pubblico con dei paradossi”, postilla una volta Malatesta) in cui vagheggia non una rivoluzione, ma la fine del mondo, scettica (in realtà n. g. parla di sé sempre al maschile) sulla possibilità di rin-novamento degli uomini (n. g., Permettete?, ivi, 1 mar. 1920). Oltre a scrivere, G. svolge anche la funzione di consigliere delegato della società proprietaria del giornale. Questo clima idilliaco non dura a lungo. Convinta, come scriverà in seguito, che l’enfatizzazione rivoluzionaria trascuri gli aspetti più profondi della trasformazione morale e culturale in senso libertario (“Si crea-no dei ribelli, ma non si formano degli anarchici”), G. lascia l’amministrazione del giornale sospendendo anche la collaborazione (Petit Jardin, Il giudice Cappone, ovverossia: Le farse della giustizia, Milano 1921, pp. 60-63). Ciò non impedisce il suo coinvolgimento nell’istruttoria per “cospirazione contro i poteri dello stesso” che il giudice Carbone apre nel febbraio 1921 nei confronti dei redattori e dei principali collaboratori di «Umanità nova». Assolta il 25 marzo 1921, due giorni dopo la strage al Diana, viene poi arrestata per associazione a delinquere durante le indagini sull’attentato e rilasciata il 1° maggio seguente. Collabora ancora tra il 1921 e il 1923 a «Pagine libertarie», rivista fondata da Carlo Molaschi a Milano, dopo il trasferimento di «Umanità nova» a Roma, sotto gli pseudonimi di “Inkyo” e “vice Rudel” (“Rudel” era lo pseudonimo di Henry Molinari). Nel maggio 1928 G. viene arrestata, insieme con Libero e Henry Molinari, tutti sospettati di avere rapporti con C. Berneri, a sua volta accusato di correità nell’attentato Lucetti. In favore dei tre interviene Oberdan Gigli, scrivendo a Ada Negri, affinché chieda giustizia “a chi solo può superare le difficoltà delle leggi” e, forse rivolgendosi egli stesso a Mussolini (esiste una minuta di lettera). Tra l’agosto e il settembre G. e i fratelli Molinari vengono liberati. G. si ritira a Rivoltella del Garda, nella villa Molinari, dove trascorrerà i suoi ultimi anni senza dare prova di “ravvedimento politico”. Riuscirà a vedere la caduta del fascismo e la nuova Italia repubblicana. Muore a Desenzano il 12 febbraio 1949. (M. Antonioli)
(*) Per questa «scor-data» abbiamo utilizzato la versione on-line del «Dizionario biografico degli anarchici italiani», uscito in due volumi nel 2003/4. Il progetto ha reso pubbliche le biografie degli anarchici e libertari di lingua italiana attivi fra il 19° e il 20° secolo, proseguendo idealmente quello realizzato fra il 2003 e il 2004 sotto la direzione di Maurizio Antonioli, Giampietro Berti, Santi Fedele e Pasquale Iuso con la collaborazione di oltre un centinaio di ricercatori/ricercatrici e che si era concretizzato nella pubblicazione di due volumi editi dalla BFS, cioè la Biblioteca Franco Serantini. La banca dati di quel primo progetto è stata la principale risorsa per allestire l’edizione online del «Dizionario» che resta aperta alla collaborazione di quante/i vorranno arricchire questa esperienza unica nel suo genere nel panorama italiano. Come scrive il mio amico Claud’Io «qui la storia l’abbiamo scritta noi, quelli dell’ideale che mai ci abbandona. Biografie di noti, meno noti e sconosciuti che sempre hanno lottato e molti dato la vita perché un altro mondo resti possibile. In ogni caso… sempre in direzione ostinata e contraria. Un grazie al Casellario Politico Centrale (CPC) della polizia che ha permesso di ricostruire, oltre ogni più rosea speranza, biografie ed eventi: rileggere e interpretare quanto veniva scritto dagli sbirri è stata un’esperienza unica e a volte esilarante». (db)
http://bfscollezionidigitali.org/index.php/Detail/Collection/Show/collection_id/3
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega