Nell’Argentina di Macri c’è posto solo per miniere e agronegozio

di David Lifodi
Il cosiddetto pacto federal minero tra province e stato argentino rappresenta un altro dei numerosi disastri del governo guidato dal presidente Mauricio Macri che, in pochi mesi, sta letteralmente stravolgendo il paese. Agronegozio ed estrattivismo minerario rappresentano due punti fermi della politica economica di Macri, come del resto si poteva intuire già fin dai suoi primi di giorni di permanenza alla Casa Rosada, con la nomina in posti chiave, a partire da alcuni ministeri, di imprenditori e uomini d’affari delle multinazionali.

È così che, alla guida del ministero dell’Energia, è andato il presidente della Shell, a quello dell’Agroindustria un accanito sostenitore dell’agrobusiness, le imprese minerarie sono state esentate dal pagamento delle tasse e già si registrano migliaia di posti di lavoro persi nel settore dell’agricoltura familiare contestualmente al progressivo avanzamento del transgenico. “La società argentina deve innamorarsi delle miniere”, ha detto solo pochi mesi fa l’ex ceo di Shell Juan José Aranguren, adesso ministro dell’Energia e, per ribadire le sue posizioni, ha chiamato a far parte del suo gabinetto Mario Capello, ex deputato della provincia di San Juan, dove, grazie a lui, è arrivata la multinazionale canadese Barrick Gold, dedita principalmente all’estrazione mineraria. Di Capello, nel 2012, si ricordano gli insulti ai movimenti sociali argentini impegnati nelle lotte per la tutela dell’ambiente, definiti “demagoghi da smascherare”, oltre alla pretesa di dimostrare che l’estrazione mineraria era l’equivalente di “inquinamento zero”. Per adesso, a far cambiare idea alla Casa Rosada, non è servita nemmeno una lettera inviata ai ministeri dell’Ambiente e dell’Energia da una trentina di organizzazioni sociali argentine, che chiedono l’immediata rimozione di Capello dall’incarico, definendolo un affarista legato alla Barrick Gold. Lo scorso febbraio Mauricio Macri si recò nella provincia di San Juan, nella parte nordoccidentale del paese, per annunciare la sospensione del pagamento delle tasse per le imprese dedite all’esportazione mineraria. In quell’occasione, il presidente non disse nemmeno una parola sull’inquinamento di cinque fiumi provocato dallo spargimento del cianuro in acqua della stessa Barrick Gold durante operazioni di perforazione.

La situazione non è migliore nel settore dell’agricoltura, il cui ministero è stato affidato a Ricardo Buryaile, imprenditore della provincia di Formosa noto per essere uno dei principali referenti della Mesa de Enlace, la tavola della Confindustria che, nel 2008, fu protagonista di un duro scontro con la presidenta Cristina Fernández de Kirchner in merito all’esportazione della soia. Ignacio Garciarena, presidente della potentissima Asociación de Productores de Siembra Directa, è entrato nello staff del ministero dell’Agricoltura allo scopo di incentivare transgenico ed agrobusiness. Lo scorso aprile, ministero dell’Agricoltura e dell’Agroindustria hanno comunicato l’approvazione del mais transgenico della multinazionale DuPont Pionner e altre ne seguiranno a breve. Contemporaneamente, sono iniziati i licenziamenti dei lavoratori impiegati alla Segreteria dell’Agricoltura familiare, quella che sviluppa politiche rivolte ai contadini e alle comunità indigene, mentre l’unico ministro kirchnerista che ha mantenuto il suo posto è stato Lino Barañao, titolare del dicastero della Scienza e strenuo difensore degli agrotossici e di multinazionali quali Syngenta e Monsanto. Se la politica energetico-mineraria kirchnerista era stata molto blanda verso le multinazionali, al pari di quella nei confronti dell’agrobusiness, sotto Mauricio Macri la situazione è ulteriormente peggiorata. Il Plan Minero varato da Nestor Kirchner nel 2004 non andava ad intaccare le imposizioni della Banca Mondiale degli anni Novanta, ma con Macri si può parlare apertamente di ceocrazia. Il pacto federal minero sponsorizzato dall’attuale presidente provocherà enormi danni soprattutto ai popoli della Cordillera e della Patagonia argentina, che già da almeno venti anni sono costretti a fare i conti con l’estrattivismo minerario su larga scala e il fracking. Ad esempio, nel 2011, l’ Asociación de Productores de Siembra Directa riuscì ad ottenere la censura di un manuale realizzato dal ministero dell’Istruzione in cui si evidenziavano le conseguenze derivanti dall’estrazione mineraria e dall’agrobusiness, rivela l’associazione Paren de Fumigarnos de Santa Fe. Il nemico contro cui si trovano a combattere i movimenti popolari argentini non è dei più facili da sconfiggere. Tra gli uomini più potenti del Ministero dell’Agroindustria si trova Martín Lema, il cui conflitto d’interessi è noto a tutti. Come si evince dal sito di Monsanto, Lema lavora per la multinazionale (per la quale ha scritto manuali incentrati sui criteri di valutazione del rischio per le colture transgeniche insieme ad esponenti di Syngenta, Dow Agroscience e Bayer) e contemporaneamente per il governo, quando in realtà dovrebbe essere preposto lui stesso al controllo delle imprese. In questo caso, non si può far a meno di porsi la domanda: “Chi controlla il controllore?”

Tuttavia, se le imprese legate all’estrazione mineraria e all’grobusiness hanno proliferato indisturbate lo si deve anche alle politiche favorevoli nei loro confronti promosse dai governi di sinistra del continente, che le hanno sempre ritenute un male necessario al fine di promuovere una maggiore redistribuzione della ricchezza. È così che, spiega Raúl Zibechi, nel tentativo di risollevare l’economia interna, l’estrattivismo e l’agrobusiness sono stati ampiamente incentivati in Brasile, Argentina, Ecuador, Bolivia e Venezuela, solo per citare i casi più noti, con il risultato che il saccheggio del territorio e la devastazione dei beni naturali sono proseguite più o meno impunemente. Ad esempio, in Argentina, la denuncia di Andrés Carrasco sugli effetti letali del glifosato, è costata al ricercatore l’intera carriera accademica poiché è stato messo ai margini del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (Conicet).

Con queste premesse, durante la presidenza Macri, agrobusiness e industria mineraria non potranno far altro che crescere ancora.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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