Neonazisti italiani e guerra in Ucraina
di Saverio Ferrari (*)
DA SOLE NERO ALL’ORDINE DI HAGAL I GRUPPI ARMATI NEONAZISTI IN ITALIA
L’OPPORTUNITÀ OFFERTA DALLA GUERRA IN UCRAINA
Nel solo 2021 le forze di polizia e la magistratura italiana hanno scompaginato ben cinque piccole organizzazioni nazi-fasciste che stavano letteralmente passando alla lotta armata. Nel gennaio si è iniziato con l’arresto a Savona di un giovane di 22 anni, che puntava ad «organizzare vere e proprie milizie paramilitari» per distruggere «gli ebrei», visti come «il male da eliminare prima di chiunque altri», nel quadro di una più generale guerra razziale «contro negri e degenerati». Per questo, con altri, almeno cinque, aveva dato vita a Sole Nero con l’intenzione di «creare terrore, creare panico, creare l’apocalisse», relazionandosi con esponenti della rete terroristica neonazista dell’Atomwaffen Division (nota anche come Ordine Nazionalsocialista), già responsabile di atti di violenza nel Sud degli Stati Uniti. Da qui l’idea della costituzione di una cellula italiana di questa organizzazione, nonché l’esaltazione delle gesta stragiste di Anders Breivik in Norvegia nel 2011 (uccise 77 persone) e di Brenton Tarrant in Nuova Zelanda nel 2019 (fece 55 vittime), immaginando attentati simili in Italia. Qualche arma già era nella disponibilità del gruppo: carabine semiautomatiche e pistole calibro 7.65. Su un canale pubblico creato su Telegram Sole Nero in pochi mesi aveva raccolto 500 adesioni.
Analoghe formazioni sono poi state smantellate nei mesi successivi. In maggio era toccato all’Ultima Legione con 30 indagati tra la Lombardia (la roccaforte era a Milano), l’Abruzzo, la Liguria e il Veneto. Un gruppo di «filonazisti», con al vertice ultracinquantenni e settantenni, possessori di armi (sequestrati fucili, pistole e pugnali), che si scambiavano le «procedure per la costruzione di ordigni esplosivi», non nascondendo l’ammirazione, anche in questo caso, per le «stragi di matrice suprematista» e per Luca Traini che il 3 febbraio 2018 a Macerata aveva sparato ferendo sei immigrati.
A giugno i Ros, con 12 ordinanze, tra Milano, Roma, Cosenza, Sassari, l’Aquila e Latina, avevano, invece, bloccato il cosiddetto Ordine Ario Romano, composto da nazisti inneggianti alla «purezza della razza», tra i 26 e i 62 anni, che avevano in animo anche di colpire una struttura Nato. Tra loro un carabiniere. Negazionisti dell’Olocausto postavano sui social (Facebook e Vkontakte) slogan del tipo «Fuori i giudei dall’Italia».
Agli inizi di luglio, un nuovo gruppo denominato Avanguardia Rivoluzionaria, fondato sui disvalori del nazifascismo e del suprematismo bianco, era a sua volta finito nel mirino della Digos e della magistratura. Quattro ventenni, tutti studenti universitari, vennero bloccati a Milano con manganelli e coltelli mentre si apprestavano ad aggredire un uomo di origine straniera e religione musulmana. Nei loro programmi erano previste anche altre azioni violente per creare il «caos assoluto» e favorire l’arrivo di un «dittatore». Si prevedeva a questo fine «l’uso di armi», da acquisire entrando in contatto con «la criminalità». Avevano tra l’altro preso contatto con i neonazisti svizzeri di Junge Tat. Uno di loro, il “capo”, si faceva chiamare «Anders Breivik».
Per finire, nell’ottobre scorso, è stato indagato dalla Procura di Napoli L’Ordine Naturale di Hagal, formalmente un’associazione «religiosa», un paravento dietro al quale si nascondeva un gruppo antisemita e suprematista, con base in Campania, organizzato secondo criteri paramilitari. Un centinaio gli adepti dislocati in varie città. Tra loro ex di Forza nuova, ma soprattutto militanti «esperti in materia di armi», che avrebbero seguito «specifici corsi di addestramento nell’uso di armi lunghe e corte», relazionandosi con le formazioni armate neonaziste ucraine, come il Battaglione Azov, Misanthropic Division, Pravy Sector e Centuria.
IL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA ITALIANO
Venendo agli anni immediatamente precedenti, nel novembre 2019, la Procura di Caltanisetta aveva scovato l’esistenza di un Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori, con tanto di simbolo tratto dalle Waffen-SS, nato a fine 2016, dotato di armi ed esplosivi, presente in Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto, in contatto con l’organizzazione terroristica Combat 18 (il numero 18 corrisponde alla prima e all’ottava lettera dell’alfabeto, A e H, ovvero le iniziali di Adolf Hitler). Solo nell’agosto prima, esponenti del gruppo eversivo avevano partecipato a Lisbona a un incontro internazionale promosso da Nova ordem social di Mario Machado, già leader degli Hammerskins lusitani, condannato a dieci anni di prigione per reati di vario tipo, presenti i dirigenti di altre realtà neonaziste: da Die Rechte (Germania) al Parti nationaliste français. A guidare il partito nazionalsocialista era un ex boss della ‘ndrangheta, con un passato da legionario, nonché ex vicecoordinatore di Forza nuova per la provincia di Imperia, a cui si è sequestrato un consistente arsenale in Francia. Cinque gli arrestati e 19 gli indagati, con precedenti esperienze nella Fiamma tricolore, in Forza nuova e nel Veneto fronte skinheades. Ad attrarre l’interesse dei media, a scapito della gravità dei fatti, è più che altro stata la figura di una ragazza trentaseienne, svastica sulla schiena, eletta “miss Hitler” in un fantomatico concorso di bellezza sul web.
Da rilevare, infine, la non giovanissima età degli aderenti, in gran parte dai quaranta in su, con più di un sessantenne.
TRA SIENA E PROVINCIA
Solo pochi giorni prima, sempre in novembre, la Digos di Firenze aveva perquisito dodici persone, tra Siena e provincia, con l’accusa di associazione per sovvertire l’ordine democratico, trovando armi ed esplosivi, elmetti e divise tedesche. Durante le intercettazioni era anche emerso che alcuni degli indagati avessero l’intenzione di far saltare in aria la moschea di Colle Val d’Elsa. Il gruppo era, per altro, in procinto di costituire una sorta di «Guardia nazionale repubblicana» chiamata a intervenire «arma alla mano». Il capo, un bancario sessantenne, che amava farsi ritrarre in divisa da SS, a cui è stata contestata anche l’aggravante di terrorismo, proveniva dal Movimento idea sociale, il partitino fondato da Pino Rauti nel 2004. Si erano nel frattempo accumulate un centinaio di armi, migliaia di munizioni e parti di ordigni bellici della Seconda Guerra Mondiale da cui si estraevano chili di tritolo.
DI RITORNO DALL’UCRAINA
A seguito della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina si è assistito a una “chiamata alle armi”. In questo quadro il «Washington Post» ha riportato le conclusioni di un’indagine di un gruppo di intelligence internazionale, secondo la quale 20mila volontari da 52 Paesi si sarebbero mobilitati per andare a combattere a fianco dell’Ucraina, tra loro gruppi di neonazisti e suprematisti. Un’opportunità per fare esperienza, addestrarsi e combattere. Negli anni passati fenomeni analoghi si erano verificati nel campo delle milizie filorusse del Donbass, dove erano stati arruolati volontari di diverse nazioni. Anche in questo caso, tra loro, come testimoniato da alcuni procedimenti giudiziari, esponenti di estrema destra. Il caso più eclatante quello di Andrea Palmeri di Forza nuova, condannato a cinque anni dal tribunale di Genova proprio per «aver reclutato e istruito più persone». Più di una domanda si impone: una volta che la guerra sarà finita, dove finiranno le armi con cui hanno combattuto, e quando costoro saranno tornati nei rispettivi Paesi, Italia compresa, che realtà ci ritroveremo?
(*) pubblicato la settimana scorsa sul settimanale «Left». In “bottega” abbiamo scritto più volte sui neonazisti in Ucraina e nel Donbass e su chi si è gemellato con loro. In particolare vedi Donbass: mercenari neonazisti e “rosso-bruni” (del 7 ottobre 2018) di Saverio Ferrari e due articoli più recenti: Kiev, capitale del neonazismo europeo (30 gennaio 2019) e Donbass: neonazisti, mercenari, jihadisti e… (12 giugno 2020) entrambi di Enrico Vigna da dove abbiamo tratto le immagini..