Never Again: essere antirazzisti nella Polonia della destra clericale

L’associazione Never Again, che monitora gli episodi di xenofobia e anti-semitismo, denuncia l’escalation degli ultimi anni: «È molto difficile contrastare il razzismo negli stadi quando le stesse autorità sportive sostengono certi atteggiamenti. Vedi il caso Zbigniew Boniek»

di Max Mauro (*)

La questione rifugiati è lo specchio della crisi culturale delle democrazie europee. Mentre l’Italia del centro-sinistra inaugura la criminalizzazione delle ong impegnate nel Mediterrano nel salvataggio di vite, alcuni paesi dell’ex blocco sovietico si rifiutano di accogliere anche un solo rifugiato. Capofila è la Polonia, dove il governo guidato dal partito Legge e Giustizia promuove apertamente ostilità verso gli immigrati e le minoranze, mentre porta avanti riforme che compromettono le basi democratiche, come la recente legge approvata dalla camera bassa che mira ad assoggettare la corte suprema all’esecutivo.

Secondo Eurostat, la società polacca è la più “omogenea” tra i 28 membri della UE, con appena il 0.3 per cento di stranieri sul proprio territorio. Eppure, proprio qui si segnala una recrudescenza di attacchi razzisti e manifestazioni pubbliche dell’estrema destra. Sono spesso gli stadi di calcio a dare visibilità ai gruppi neo-nazisti. Dal 1992, l’associazione Never Again monitora gli episodi di xenofobia e anti-semitismo e porta avanti campagne di sensibilizzazione. Per questo viene spesso attaccata dagli esponenti della destra. A una recente manifestazione contro la UE e le “ingerenze straniere” tenutasi a Varsavia, il deputato dell’estrema destra Robert Winnicki ha indicato tre organizzazioni che rappresentano un pericolo per il paese, per i valori che rappresentano: la rivista di sinistra Krytyka Polityczna, la fondazione Batory, legata a George Soros, e Never Again. Per capire meglio le tensioni che attraversano la società polacca abbiamo posto alcune domande ad Anna Tatar, una dei rappresentanti di Never Again.

Che tipi di incidenti vengono monitorati dalla vostra associazione?

Attraverso una rete di volontari e contatti continui con comunità e gruppi di minoranze, negli anni abbiamo raccolto la più completa documentazione di episodi razzisti e di xenofobia in Polonia. Si tratta di attacchi fisici verso le persone, di eventi di organizzazioni neofasciste, ma anche di graffiti e scritte che incitano all’odio. Dobbiamo considerare che dal 1989 più di settanta persone hanno perso la vita per mano di neofascisti in Polonia.

Come è cambiata la situazione negli anni?

Per molti anni registravamo una dozzina di episodi al mese, ma negli ultimi due anni ne registriamo molti al giorno. La definirei un’escalation, ed è collegata alla crisi umanitaria dei rifugiati in Europa. Questo problema è stato sfruttato strumentalmente nelle due elezioni politiche del 2015. La figura del “rifugiato” è stata usata per creare e intensificare pregiudizi xenofobi e anti-Islam.

Quali sono gli incidenti più frequenti?

Abbiamo documentato molti attacchi violenti contro chi viene considerato “straniero”. Gli attacchi sono motivati solo dal colore della pelle, dalla lingua usata dalla vittima, o anche solo dall’accento o dal modo di vestire (per esempio se uno porta il turbante). Gli autori non hanno idea di chi attaccano, se è un mussulmano oppure no, un cittadino polacco o meno.

Qual è l’atteggiamento delle autorità verso questo problema?

Purtroppo, quando si tratta di razzismo e xenofobia c’è un problema di applicazione della legge. La maggior parte di questi casi non viene perseguita. La costituzione proibisce le attività neo-fasciste e neo-naziste (una delle nostre campagne negli anni novanta), ma nonostante ciò ci sono molti gruppi di estrema destra che operano alla luce del sole e sono apertamente razzisti e violenti. Organizzano perfino eventi pubblici con il permesso delle autorità.

Il razzismo è particolarmente visibile negli stadi di calcio, dove la vostra associazione è da tempo impegnata con la campagna “Let’s kick racism out of the stadiums”.

E’ vero. Abbiamo documentato molti episodi di striscioni anti-immigrati e anti-islam in stadi di livelli diversi, soprattutto dalla fine del 2015. Purtroppo il razzismo negli stadi non è contrastato seriamente dalla federazione calcio, che fino ad oggi ha comminato solo delle multe simboliche ad alcune società. D’altra parte, è molto difficile contrastare il razzismo negli stadi quando le stesse autorità sportive sostengono certi atteggiamenti e perfino usano linguaggio xenofobico pubblicamente.

Ti riferisci a Zbigniew Boniek, leggenda del calcio polacco e presidente della federazione, che tra l’altro è anche cittadino italiano?

Sì. Nel 2016, dal suo account personale di Twitter, ha attaccato un membro di Never Again in seguito alla squalifica di una squadra polacca comminata dalla UEFA per il razzismo dei suoi tifosi. Molti giornalisti e personaggi pubblici, non solo in Polonia, hanno condannato l’iniziativa di Boniek, ma la UEFA non ha preso alcun provvedimento contro di lui. Recentemente, nel marzo 2017, ha fatto un commento sessista contro la portavoce della sua stessa federazione. Rispondendo ad un invito per un meeting ufficiale, ha scritto: “Non abbiamo bisogno di una baba (un termine spregiativo delle donne) per discutere di calcio”. Nonostante questo, poche settimane dopo è stato eletto nell’organo esecutivo della UEFA.

Puoi dirci qualcosa del Woodstock Festival Poland, organizzato da Never Again?

Da sempre la nostra attività è mirata soprattutto ai giovani, promuovendo attività educative contro i pregiudizi etnici e razziali. Il Woodstock Festival Poland è probabilmente il più grande festival gratuito in Europa, si tiene ogni anno ad agosto in una località al confine con la Germania, e combina musica e sport. Hanno partecipato molti gruppi musicali coinvolti nella campagna “Musica contro il razzismo”, avviata dal fondatore di Never Again, Marcin Kornak, morto nel 2014. Durante le giornate del festival si svolge un torneo antirazzista che quest’anno è stato inaugurato dal Ombudsman nazionale per i diritti civili, Adam Bodnar, che ha anche partecipato alla partita inaugurale. Abbiamo anche organizzato dibattiti sul problema della discriminazione e della violenza.

(*) uscito il 10 agosto sul quotidiano “il manifesto” con il titolo “Never Again, la ong più odiata di Polonia”

 

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