Nicaragua: a ciascuno il suo complotto

Il complottismo si associa inevitabilmente a una visione integralista-negazionista, nazional-sovranista e, in buona sostanza, reazionaria (anche quando è ammantata con una fraseologia apparentemente di sinistra).

di Bái Qiú’ēn

Io ho sempre conosciuto persone che temevano il complotto di un qualche nemico occulto, gli ebrei per il nonno, i massoni per i gesuiti, i gesuiti per mio padre garibaldino, i carbonari per i re di mezza Europa, il re fomentato dai preti per i miei compagni mazziniani, gli Illuminati di Baviera per le polizie di mezzo mondo, e via, chissà quanta altra gente c’è ancora a questo mondo che pensa di essere minacciata da una cospirazione. Ecco qua la forma da riempire a piacere, a ciascuno il suo complotto. […] La gente crede solo a quello che sa già, e questa era la bellezza della Forma Universale del Complotto. (Umberto Eco, Il cimitero di Praga)

Il termine «complottista» è entrato a far parte del linguaggio comune italiano solo da una ventina d’anni o poco più e il dizionario Treccani lo definisce come «Chi o che ritiene che dietro molti accadimenti si nascondano cospirazioni, trame e complotti occulti».

La teoria del complotto, stando a recenti studi psicologici, «non è tanto la risposta a un singolo evento, quanto l’espressione di una visione del mondo complessiva». Il che significa che, dietro a qualsiasi evento si vuole vedere sempre e comunque una trama cospirativa, fino a trasformarsi in una sorta di credenza a prescindere, altrimenti definibile come fede cieca: non si muove foglia che X non voglia. Che questo X sia il governo di Washington, Bloomberg, Soros, la massoneria, i templari o chiunque altro, non fa alcuna differenza dato che il complottismo non ha un colore politico definito.

Un tratto distintivo di coloro che soffrono di tendenze complottiste è che tendono a essere patologicamente assai cinici e faticano ad accettare la reale complessità degli eventi del mondo contemporaneo, riducendo tutto allo schema «bianco/nero»: il complottista maniacale e paranoico vive in un perenne stato emotivo che mescola sfiducia, paura, mania di persecuzione. Per lui, nulla può cambiare, perché tutto è manovrato dalla CIA, dal KGB (quando esisteva), dal MOSSAD o da qualsiasi altro “soggetto” che, seppure intervenga realmente in varie situazioni, ciò non si verifica necessariamente in tutte.

Detto in altri termini, il complottismo si associa inevitabilmente a una visione integralista-negazionista, nazional-sovranista e, in buona sostanza, reazionaria (anche quando è ammantata con una fraseologia apparentemente di sinistra). La mentalità reazionaria non solo rifiuta infatti qualsiasi possibile “lettura” alternativa di un determinato evento o di una determinata situazione, anche se logicamente più credibile e attendibile, nega persino la realtà nella convinzione che ci sia sempre un non-detto, un qualcosa di nascosto, un segreto da scoprire e da smascherare.

Per quanto i complotti siano sempre esistiti nel corso dei secoli, al complottista non servono prove concrete e verificabili per sostenere i propri convincimenti e per propagandarli: «è così e basta, perché lo dico io». Lui sa tutto, ha la verità in tasca. Tutti gli altri sono servi del sistema o creduloni o venduti (in una parola: il cosiddetto mainstream tanto di moda proprio nel complottismo). È pertanto refrattario a qualunque ragionamento razionale e persino di fronte a prove certe e inconfutabili mantiene la propria visione negando qualsiasi altra spiegazione, anche se è più plausibile e logica. La teoria complottista più raffinata non inventa di sana pianta i fatti, bensì mescola e confonde i dati reali, tracciando connessioni pretestuose e non provate né provabili tra fatti realmente accaduti: è a tutti gli effetti un’esasperazione della realtà. Il complottista di più recente conio nel nostro Paese è colui che afferma che le numerose problematiche del Sud del mondo sono un’invenzione, mentre ciò che conta è il “complotto” della sostituzione etnica (come se noi italiani fossimo un popolo “puro” che non si è mai mescolato con altri).

Il che non significa che nel corso della Storia non vi siano stati complotti e che non ve ne saranno in avvenire. Il problema è avere a disposizione il massimo di informazioni disponibili e valutare con logica ogni singolo elemento, sia da solo sia in correlazione con gli altri. Questa analisi, però, richiede uno sforzo mentale di ragionamento, mentre il complottista di solito preferisce incasellare tutto nel suo schema predefinito e immutabile nel tempo e nello spazio. Come lo struzzo, nasconde la testa sotto la sabbia per non vedere qualcosa di sgradevole che può far scricchiolare la propria visione. Il meccanismo mentale tipico del complottista è quello della logica circolare: se i dati e le prove smentiscono la teoria, significa che sono state costruite a tavolino e, pertanto, confermano la verità del complotto stesso. Pare che il primo utilizzatore di questo meccanismo circolare di convalida sia stato nientemeno che Adolf Hitler in relazione ai Protocolli degli Anziani Savi di Sion, affermando che «Essi si fondano su una falsificazione, lamenta piagnucolando ogni settimana la Frankfurter Allgemeine Zeitung e in ciò sta la miglior prova che sono veri…» (Mein Kampf, 1925).

Sarebbe fin troppo facile ricordare che il nostro pensiero è abituato a collocare ogni nuovo elemento all’interno di schemi già formati (pre-formati): nella nostra mente, infatti, alle volte le nuvole formano immagini del tutto casuali che ci ricordano esseri od oggetti a noi già noti. Questo fenomeno illusorio creato nel nostro subcosciente è denominato pareidolia. La stessa cosa accade per i fatti reali, che leggiamo incasellandoli all’interno di schemi predefiniti (pre-giudizi), per dare loro un senso che ci soddisfi e consolidi la nostra visione del mondo. Usando questo meccanismo e manipolando le informazioni (distorcendole o nascondendole o ampliandole) il complottista risulta assai abile nel far credere ciò che non è. Sappiamo fin dall’inizio che un film o un romanzo non ci mostrano la realtà, mentre è assai facile cadere nella trappola di un’invenzione complottista.

Senza avventurarci nel terrapiattismo, basta pensare allo sbarco sul nostro satellite il 21 luglio 1969 e all’idea che non sia mai avvenuto, trattandosi di una messinscena hollywoodiana per ingannare il mondo intero. Riteniamo che siano stati proprio i sovietici i primi a verificare materialmente se in quella sassaia che chiamiamo Luna vi fosse davvero la bandiera USA piantata dagli astronauti dell’Apollo 11. Nel clima di guerra fredda imperante dell’epoca, la corsa allo spazio ne era parte integrante: dalla kazaka Baikonur avranno di certo inviato segretamente una navicella con tanto di macchina fotografica o cinepresa per verificare l’autenticità del fatto. Poiché da Mosca non è mai giunta una smentita dell’allunaggio… (a meno che, complottisticamente parlando, USA e URSS fossero d’accordo per ingannare l’intera popolazione mondiale, nonostante la loro sbandierata rivalità).

I complotti reali più noti sono senza dubbio quelli dell’assassinio di Giulio Cesare e di John F. Kennedy. Mentre per il primo la storia ci ha fornito ormai tutte le prove necessarie, per il secondo le teorie complottiste tuttora si sprecano e si rincorrono, essendo assai arduo credere che sia stato organizzato ed eseguito da un solo uomo (come stabilì l’insulsa e dilettantesca Commissione Warren): per cui ecco spuntare uno dopo l’altro la mafia, Fidel Castro, la CIA, gli esuli cubani a Miami, la destra statunitense, i petrolieri texani… e chi più ne ha più ne metta (ci pare che nell’elenco manchino soltanto gli extraterrestri). Tutte ipotesi credibili e tutte smentibili con la semplice logica.

Dalla serie “a ciascuno il suo gomblotto”, lanciamo a questo punto la nostra pietruzza nello stagno, per vedere se farà onde quadrate: se l’unico vero complotto fosse stato ordito proprio dallo stesso J.F.K., organizzando in accordo con il fratello Robert (ministro della Giustizia) una serie di “piste” sulle quali dirigere l’attenzione del grande pubblico? In fondo, fin dall’adolescenza era sofferente del morbo di Addison, una rara malattia autoimmune progressiva e invalidante che in lui era ormai cronica e lo costringeva a numerosi ricoveri ospedalieri (negli ultimi anni di vita assumeva una dozzina di medicinali al giorno) e probabilmente lo avrebbe condotto entro breve tempo non solo alla paralisi degli arti inferiori ma pure alla difficoltà nella formulazione delle parole e di tutti i movimenti volontari del corpo. Nel momento dell’attentato indossava un busto a causa dei continui e forti dolori alla schiena. L’uomo più potente al mondo è meglio che scompaia nel momento in cui è al culmine della popolarità piuttosto che quando non riesce più a deambulare né a parlare. (Sia chiaro che pure questa è una mera teoria e non abbiamo alcuna pretesa di spacciarla per unica e sola verità).

La diffusione esponenziale del web e dei social negli ultimi decenni ha di certo contribuito alla propagazione dello schema complottista in relazione a svariati eventi, reali o del tutto fasulli (come le scie chimiche o i rettiliani), dando voce e spazio a una «legione di imbecilli». Negli Stati Uniti il complotto elettorale dei democratici ai danni di Trump è in realtà il complotto di Trump e soci ai danni degli Stati Uniti. Nel nostro Bel Paese, ultimo in ordine di tempo il negazionismo semplicista rispetto al cambiamento climatico: in fondo siamo in estate, quando di solito fa caldo nell’emisfero Nord (versione propagandata da Vittorio Feltri e dal marito di Giorgia Meloni, tra gli altri). Nulla di grave, pertanto, solo una temperatura più elevata del normale e chiunque sostiene l’esistenza di questo fenomeno globale è parte attiva di un complotto degli ecologisti catastrofisti, in modo cosciente o meno. A tutti gli effetti ci pare che il solo complotto individuabile sia quello dei negazionisti (che respingono persino ciò che è ormai sotto gli occhi di tutti). A nulla serve portare le prove che i pochissimi cosiddetti “scienziati” che negano il fenomeno non sono studiosi del clima, essendo invece legati strettamente alla lobby petrolifera o ad altre similari.

In taluni casi una teoria complottista modello Napalm51 (Crozza) può servire egregiamente per creare il nemico, non importa se singolo o collettivo ma ben individuato, che immediatamente diviene il capro espiatorio da sottoporre al giudizio della Santa Inquisizione come, secondo noi, è accaduto cinque anni fa in Nicaragua. Uno dei “pubblici ministeri” incaricati di accusare (senza prove) è Jorge Capelán, che già il 20 giugno 2018 nella sua arringa nel web scriveva: «Il golpe blando contro il governo sandinista in Nicaragua ha caratteristiche eminentemente fasciste. […] Il fascismo europeo, in particolare quello italiano degli anni ‘20, prometteva una sorta di restaurazione nazional-imperiale. Il golpe nicaraguense funziona sulla base di interessi imperiali criminali e colonizzatori. È una variante contemporanea del fascismo storico legato a fenomeni come Al Quaeda, allo Stato islamico e all’ascesa di movimenti razzisti e xenofobi nell’Europa occidentale e nel Nord America» («El fascismo del “golpe blando”»).

Naturalmente, oltre a ignorare che la «restaurazione nazional-imperiale» italiana iniziò già con la guerra in Abissinia voluta da Crispi nel 1895 e proseguì con Giolitti in Libia nel 1912, il buon Capelán se ne è ben guardato dal fornire le prove che i contestatori del 2018 avessero e abbiano legami con le organizzazioni da lui elencate (possibili, ma non provate). D’altro canto, sapeva benissimo che gettare nello stagno il sasso della «variante contemporanea del fascismo storico» sarebbe stato sufficiente per convincere qualcuno in giro per il mondo (pochi o molti non ha importanza), che la reazione spropositata da parte del Buon Governo del comandante y la compañera era più che legittima, anzi necessaria e opportuna.

Per essere più sicuro di convincere chi era già convinto («La gente crede solo a quello che sa già») bastava lanciare sul mercato una teoria complottista della quale fidarsi, elencando alcune caratteristiche distintive del fascismo storico, secondo lui trapassate nell’opposizione nicaraguense (peraltro da lui descritta come monolitica e non, come era ed è nella realtà, con svariate sfaccettature e contraddizioni). Senza rendersi conto della “logica” circolare del suo discorso (oppure sì): i protestatari sono una «variante del fascismo storico» perché legati a «politici stranieri [a loro volta] legati ai narcos e a partiti fascisti». La “prova” circolare è proprio che questa variante del fascismo è legata a partiti fascisti (non ci risultano rapporti con Fratelli d’Italia, Vox, Rassemblement National ecc.). Scorda opportunisticamente di rilevare gli stretti rapporti del Buon Governo con i vari Erdogan turchi (con relativo silenzio sulla questione curda), agli eterni Lukashenko bielorussi, agli al-Sisi egiziani, agli ayatollah iraniani… Capelán non fornisce alcuna prova di ciò che afferma, insistendo ed elencando genericamente i temi della diversità sessuale e del liberalismo come “armi” politiche usate contro il sistema: «La versione postmoderna del fascismo golpista nicaraguense adotta tutte le posizioni e allo stesso tempo nessuna, purché ciò serva a porre fine al presunto “tiranno” e ai suoi “rospi”» (in realtà ciò è la prova di un’opposizione variegata e non monolitica). La stessa cosa si potrebbe dire del Buon Governo, le cui posizioni sono a parole contro il neoliberismo, ma nei fatti ne applicano alla lettera i dettami a partire dall’estrattivismo sfrenato che spoglia il Paese delle sue risorse e al tempo stesso progetta opere faraoniche che lo indebitano per l’eternità con i prestiti internazionali (la famosa «deuda externa-eterna» che qualche buontempone riesce a definire «solidarietà indiretta»).

Naturalmente non manca il riferimento all’appoggio che l’opposizione riceve da parte della gerarchia ecclesiastica: «come nell’Italia di Mussolini o nella Spagna di Franco» (strano che abbia scordato la più recente Polonia di Wałęsa). Pure in questo caso dimenticando che numerosi alti prelati a partire dai monsignori Miguel Obando y Bravo (fino al suo decesso nel giugno dello stesso 2018) e Bismark Carballo, in origine ultradestri seguaci di Reagan e sostenitori della contra, dal 2007 fiancheggiavano il Buon Governo. Tace pure sul fatto che fino al 2017 l’attuale cardinale Leopoldo Brenes partecipava attivamente alle celebrazioni del 19 luglio e che la Chiesa non è mai stata un monolite, nonostante tutte le indiscutibili malefatte compiute nel corso dei secoli.

La conclusione di Capelán è che l’opposizione aveva come obiettivo «il genocidio politico. Minacciando chiunque difenda il governo sandinista, in realtà sta promuovendo l’eliminazione fisica di gran parte della popolazione nicaraguense». Come se con la morte civile decretata per gli oppositori all’inizio di questo 2023, il Buon Governo avesse fatto un’opera di carità cristiana e di solidarietà socialista.

Tra le caratteristiche storiche del fascismo del tutto ignorate da Capelán si possono annoverare: il culto della tradizione del passato interpretata a proprio uso e consumo; il rifiuto assoluto della critica e dello spirito critico; l’ossessione paranoica per i complotti anche di tipo internazionale; l’eroismo di massa con il connesso desiderio di immolare i propri seguaci (e non solo) per la causa comune; la negazione dei diritti individuali, per cui il “popolo” è considerato un insieme unico la cui volontà deve essere interpretata dal leader (al quale va reso un vero e proprio culto, come a un Dio in terra). Guarda caso, tutte caratteristiche che si ritrovano senza fatica nel Buon Governo del Comandante y la compañera, «una leadership di altissimo profilo e inespugnabile» («I 41 anni della rivoluzione Sandinista e le sue sfide impossibili», 19 luglio 2020).

Se a questo aggiungiamo la descrizione che Violeta Murillo, sorella di Rosario e cognata di Daniel, fornì nel dicembre del 2018 dal suo esilio in Costa Rica (il secondo, dopo quello negli anni del somozismo), il quadro si completa: fin da piccola, la Chayo era «viziata, arrogante, invidiosa e ingiuriosa». La sua visione del mondo era: «se questo non è mio, non è di nessun altro!». Una descrizione ben diversa da quella edulcorata fornita dal solito megafono nostrano in cambio dell’ennesimo viaggio con soggiorno gratuito in hotel di lusso: «Rosario Murillo è l’energia viva del governo e del partito e che dirige come un direttore d’orchestra la musica, i musicisti e anche chi sa solo cantare» («44 veces Sandinismo», 17 luglio 2023). Che sia lei la direttrice dell’orchestra (o la Grande Vecchia, per parafrasare una non recente definizione nostrana) è indubitabile, peccato però che chi stona nel coro rischi di essere appeso con la lingua inchiodata a un portone, o qualcosa di simile: «Atento te! Che mi te tegno d’ögio. Léngua, ciòdo, purtún… tum, tum, tum».

Nel romanzo di Umberto Eco il cinico e ultrareazionario protagonista (unico personaggio di fantasia, ma non troppo: «ripensandoci bene, […] gli sono state attribuite cose fatte in realtà da persone diverse, è in qualche modo esistito. Anzi, a dirla tutta, egli è ancora tra noi») è un abilissimo falsario e un bugiardo incallito, oltreché un agente segreto al soldo di vari Paesi. L’ex combattente storico sandinista ed ex militare Augusto, danielista convinto e nostro vicino di casa a Managua (nome altrettanto di fantasia, ma persona realmente esistente) ci confermò in varie occasioni che all’interno dei gruppi dell’opposizione v’erano senza dubbio infiltrati e confidenti del Buon Governo («figurati se non li tenevamo d’occhio!»). I quali, a quanto pare, non avevano “sentito” nulla a proposito della preparazione del supposto «golpe blando». Ragionando logicamente, questi informatori o erano sordi o inutili o inefficienti. La possibilità di scelta è ampia, ma comunque risultarono del tutto incapaci di svolgere le delicate mansioni loro affidate, pertanto risultarono del tutto infruttuosi. O erano dei novellini o, come riteniamo più probabile, le proteste furono del tutto spontanee (per cui questi infiltrati non avevano alcun complotto da poter scoprire) e solo in seguito, tentando di manovrare quella massa imponente, vi si sovrapposero gli esponenti dell’opposizione (estremamente divisa pure in un frangente di quasi sommossa).

Il buon Capelán, che non ha la “fantasia storica” di Umberto Eco e conosce solo l’esteriorità di ciò che fu il fascismo in Italia (avendo probabilmente consultato un manuale scolastico curato da un sodale di Valditara), non sa o non vuole sapere che all’epoca lo spionaggio funzionava nei due sensi: v’erano antifascisti infiltrati nelle organizzazioni governative e paragovernative e v’erano fascisti infiltrati tra gli oppositori. Il che avvenne in numerosi altri Paesi del mondo e in varie epoche (anche più recenti). Per quale motivo il Nicaragua orteguista dovrebbe fare eccezione? A suo tempo, Tomás Borge aveva dichiarato che il FSLN non solo era riuscito a infiltrare la contra, ma persino la CIA per un quindicennio (con María Lourdeas Pallais Checa, nipote di Anastasio Somoza Debayle).

Affermare che il mitologizzato “popolo” si era stancato di vivere come sempre nella miseria e non ne poteva più di sentir raccontare favole sulle «magnifiche sorti e progressive» significava che quel sogno nato il 19 luglio 1979 non solo si era spezzato ma era stato ormai stato sepolto da chi regnava dal 2007. Più semplice, perciò, parlare di «golpe blando» dietro al quale stavano soprattutto i “traditori sandinisti” lautamente pagati dall’Impero, sebbene già il 28 settembre 2010 lo stesso Umberto Eco, in un’intervista con lo scrittore triestino Claudio Magris avesse affermato che «la gente (compresi i capi dei servizi segreti) crede solo a quello che ha già sentito affabulare da qualche parte». E aggiunse «La paranoia del complotto esclude dalla storia la complessità, l’imprevisto, la serendipità, la libertà del caso, le astuzie della ragione, l’eterogenesi dei fini. Per questo è paranoia». («Menzogna. Come costruire un falso e diffonderlo nel mondo», Corriere della Sera).

Nel Cimitero di Praga fa dire a Rachkovskij, il capo dell’Ochrana zarista: «Il nemico per essere riconoscibile e temibile deve essere in casa, o sulla soglia di casa. […] Occorre un nemico per dare al popolo una speranza. […] chi non ha princìpi morali si avvolge di solito in una bandiera, e i bastardi si richiamano sempre alla purezza della loro razza. L’identità nazionale è l’ultima risorsa dei diseredati. Ora il senso dell’identità si fonda sull’odio, sull’odio per chi non è identico. Bisogna coltivare l’odio come passione civile. […] Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L’odio è la vera passione primordiale».

Trasportato nel Nicaragua del 2018, il «nemico in casa» era chiunque non sostenesse ciecamente il Buon Governo, a partire da quei sandinisti che nei decenni precedenti avevano rischiato la vita per combattere contro il somozismo e nel 2018 non solo erano contro il Buon Governo del Comandante y la compañera, ma tramavano il supposto «golpe blando». Insistendo ossessivamente su questo argomento con un martellante lavaggio del cervello (a partire però da giugno, non da aprile), è sicuro che sia all’interno sia all’estero qualcuno si sarebbe convinto. Non a caso, la credenza cieca nell’impersonale «si dice che…» è il primo livello per entrare nella spirale del complottismo a ogni costo, anche di fronte all’evidenza e alla logica della ragione. Se ciò non bastasse, non è difficile realizzare alcune operazioni sotto falsa bandiera (qualcuno ricorda i falsi black-block al G8 di Genova nel 2001?).

Poiché nella storia ci sono stati complotti riusciti e altri solo organizzati e tentati ma in ogni caso scoperti e denunciati pubblicamente, mettendoci nei panni del complottista di turno a questo punto ci domandiamo: se tutto ciò che è avvenuto dal 2018 a oggi in Nicaragua fosse una macchinazione complottarda del potere ortego-chayista con ‘obiettivo dell’eliminazione di ogni possibile oppositore (vero o presunto) e poter controllare in modo più efficace il Paese? Ovvero, per stabilizzare e rafforzare quello che un certo Gramsci definì «sovversivismo dall’alto» («una politica di arbitrii e di cricca personale e di gruppo»).

E se quegli informatori invece di impedire avessero invece ricevuto il compito di agire come provocatori? In tal caso, il vero complotto di chi gridava al complotto sarebbe stato servito su un piatto d’argento: chapeau! Al tempo stesso si spiegherebbero le decine di video postati in rete con i crimini compiuti dagli oppositori nel periodo dei tranques: con quale logica chi commette un misfatto lo riprende con il telefonino e lo rende di pubblico dominio, sapendo di darsi la zappa sui piedi?

Peccato che Umberto Eco avesse già indicato questa possibilità: «Soltanto un autocrate può concepire vasti piani, assegnando la sua parte a ciascun ente del meccanismo della macchina statale…» (op. cit.) e in altre occasioni aveva rilevato come i complotti possano essere uno strumento utilizzato dal potere per eliminare gli avversari politici. Dopo un quinquennio abbondante dall’inizio di quelle proteste, possiamo solo constatare che risulta il «golpe blando» strisciante più lungo della storia, che prosegue a tutt’oggi e pare continuare senza interruzioni (ogni giorno sono chiuse ONG e Università, arrestate persone o espulse dal Paese… confermando indirettamente che buona parte della cosiddetta società civile era ed è parte integrante del piano di destabilizzazione. Peccato che i veri golpes si realizzino tragicamente in tempi brevi, poiché funzionano i complotti che ne stanno alla base, essendo studiati e organizzati fin nei minimi dettagli in circoli ristretti (ultimo esempio, il Niger).

Rifacendoci alla nostra storia nazionale dagli anni Sessanta in poi e riflettendo con attenzione e senza pregiudizi, si può verificare che persino i cosiddetti “tentativi di golpe” (tipo il «Piano Solo» o quello di Junio Valerio Borghese, per non parlare delle stragi da Piazza Fontana a Bologna) abbiano a tutti gli effetti ottenuto il risultato voluto di rafforzare lo Stato e di spostare sempre più a destra l’asse politico del nostro Paese: alle volte è sufficiente minacciare o tentare un golpe per raggiungere il proprio scopo. Altre volte, però, può ottenere l’effetto opposto, come nel caso della congiura di Catilina nel 63 a.C., che regalò a Catone Uticense i pieni poteri.

È innegabile che il supposto «golpe blando» in Nicaragua, invece di abbattere l’ortego-chayismo, lo abbia rafforzato e reso «inespugnabile», ottenendo l’effetto contrario a quello desiderato. Al tempo stesso e nonostante il proverbio nicaraguense «Como dijo Sor Juana Inés, lo que parece es», questo semplice ma verosimile ribaltamento della lettura complottista ha esattamente lo stesso valore di quella ufficiale: zero assoluto.

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