Nicaragua: a Rosario Murillo la verità le fa male…
… e lo sa
di Bái Qiú’ēn
al tempo de li dei falsi e bugiardi. (Dante)
Sulla bugia, sulla falsificazione facilona non si costruiscono che castelli di vento (Antonio Gramsci, La conferenza e la verità, 19 febbraio 1916).
Appena detta la bugia, il suo naso, che era già lungo, gli crebbe subito due dita in più. (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio)
«La mentira tiene patitas cortas. El odio no pasa, el desamor no pasa, la difamación no pasa, la calumnia no pasa, pero sobre todo la mentira que enfrentada a la Verdad no tiene ninguna Fuerza y ningún Sentido. És precariedad total. Precariedad Espiritual. Es falta de Alma!».
Queste frasi senza capo né coda sono uscite dalla bocca dell’imperterrita Rosario Murillo, nel suo quotidiano sproloquio del 3 novembre u.s. Le riportiamo così come sono trascritte nel sito ufficiale El 19 Digital (compreso l’accento errato su «es» e le inutili maiuscole). A chi e a cosa si riferisca quando parla di menzogne, lo sa soltanto lei. Nessuna specificazione: «Le bugie hanno le gambette corte. Non passa l’odio, non passa la disperazione, non passa la diffamazione, non passa la calunnia, ma soprattutto la menzogna che, di fronte alla Verità, non ha Forza e non ha Significato. È precarietà totale. Precarietà Spirituale. È mancanza di Anima!». Frasi senza soggetto, però utili a mantenere una psicosi di scontro politico e sociale perpetuo: una vera e propria guerra guerreggiata da qui all’eternità. Le proteste popolari del 2018 furono affrontate come uno scontro bellico, non con strumenti politici e questa scelta continua a tutt’oggi. Si sa che fu Eschilo a sostenere che in una guerra, la prima a morire è la verità e Tucidide, riferendosi alla guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta affermò che «i contendenti cambiarono a piacimento il significato consueto delle parole in rapporto ai fatti».
È sotto gli occhi di tutti che dal 2018 a oggi l’ortego-chayismo ha preferito e preferisce lo scontro armato piuttosto che il confronto politico, anche aspro. Quelle proteste furono un fulmine a ciel sereno, che nessuno si aspettava in quelle dimensioni.
Proseguendo senza alcun freno: «Pero cuando uno ve además las publicaciones estúpidas, porque sólo un estúpido, una Persona que no tiene Inteligencia, ni sensibilidad, que no tiene Inteligencia emocional, o espiritual, que no tiene sensibilidad alguna, puede pretender que alguien les crea algo de lo que dicen».
Ha tranquillamente continuato senza specificare a chi e a quali «pubblicazioni stupide» si stava riferendo: «Ma quando si vedono anche le pubblicazioni stupide, perché solo una persona stupida, una Persona che non ha Intelligenza, né sensibilità, che non ha Intelligenza emotiva o spirituale, che non ha alcuna sensibilità, può aspettarsi che qualcuno creda a qualcosa che dicono».
Chi dice cosa? Mistero. Maliziosamente, Rosario lascia intendere che…
La classica maestra delle elementari avrebbe rilevato prontamente la mancanza del soggetto e sottolineato in blu la frase, come errore gravissimo. L’analisi logica, ragazzi! Soggetto, predicato verbale, complemento oggetto e via dicendo…
Il soggetto delle frasi è, in tutta evidenza, sottinteso. Del resto, secondo lei, è ben noto a tutti e non vale la pena richiamarlo con nome e cognome. L’omissione furbetta può però determinare una falsa rappresentazione della realtà e trasformarsi automaticamente in una menzogna, specialmente quando non si specifica a chi e a cosa ci si riferisce nello specifico.
La genericità di queste lapidarie affermazioni dell’eccentrica Rosario è tipica dei suoi discorsi telefonico-televisivi, tutti basati sul meccanismo dell’omissione, del dire e non dire, del “suggerire per allusioni”. Contestualizzare una “denuncia”, informando correttamente, è essenziale per una buona propaganda che colpisca nel segno e produca gli effetti desiderati: è l’ABC dell’agit-prop. A quanto pare, però, a lei ciò non interessa minimamente: l’importante, per lei, è mostrare al mondo intero che ha qualcosa da dire, sempre e comunque. Non le importa se qualcuno ritiene che le serva soltanto per «Volar lengua», che in Nicaragua ha il significato di parlare a vanvera, chiacchierare e soprattutto spettegolare. Cronaca Stop Novella Express, più che notizie spetteguless!
Senza l’indicazione di un soggetto determinato (identificabile) e di un’azione altrettanto specifica, l’accusa di mentire è talmente generica da rivelarsi persino assurda: può essere rivolta a chiunque, in qualsiasi parte del mondo e in qualunque momento. È un pensiero talmente irrazionale e generico che il mentitore potrebbe essere identificato in ciascuno degli otto miliardi di abitanti del globo terracqueo. Lo stesso dicasi per le pubblicazioni: può essere qualsiasi stampato o sito internet. Il messaggio essenziale, pertanto, è che esiste una sola persona che dice la verità: lei. È lei la Bocca della Verità, che ha persino il potere di pronunciare pseudo-divinazioni come l’oracolo di Delfi: «Aquí estamos, Compañer@s, también pendientes del disturbio que se estaba formando, hay que estar siempre pendientes, con estos eventos uno nunca sabe, pero hasta el momento todos los pronósticos nos dicen que habrá lluvias, que en el Caribe hay que trabajar para que tod@s reconozcamos que hay mal tiempo, que la navegación se verá comprometida» [Eccoci, compagni, anche in attesa della perturbazione che si sta formando, dobbiamo essere sempre consapevoli, con questi eventi non si sa mai, ma fino ad ora tutte le previsioni ci dicono che ci sarà pioggia, che nella Costa Atlantica dobbiamo lavorare affinché tutti riconosciamo che c’è brutto tempo, che la navigazione sarà compromessa]. Pure i sassi sanno che in Nicaragua la stagione delle piogge inizia in aprile e termina alla fine di novembre, ma «dobbiamo lavorare affinché tutti riconosciamo che c’è brutto tempo». Probabilmente in Nicaragua non ci sono stati e non ci sono i No-Vax, ma a quanto pare ci sono alcuni No-pioggia.
Peccato che la verità debba avere un minimo di coerenza con un dato oggettivo e verificabile. Ovvero, sebbene non esista probabilmente la verità assoluta, deve quanto meno essere logicamente coerente e accertabile. Le frasi che abbiamo riportato sono invece l’indice di un’evidente e congenita incoerenza logica. Esattamente come tutte le omelie che pronuncia quotidianamente.
Ripensando agli obiettivi della Fundación para la Promoción del Amor (FUNDAMOR), da lei stessa fondata e diretta dal 1998, l’incoerenza appare ancor più palese: «contribuire alla conoscenza umana di sé, allo sviluppo dell’autostima individuale e collettiva, al rispetto, all’amore, alla comprensione e alla tolleranza, all’armonia e alla solidarietà a tutti i livelli delle relazioni umane; rispetto, amore e armonia nei rapporti con la natura e l’universo; la salute fisica, mentale e spirituale degli esseri; la crescita e l’evoluzione culturale e spirituale delle persone e della società in generale» (La Gaceta. Diario Official, 29 aprile 1998).
Detto ciò, appare evidente che la Verità quotidianamente propagandata da Rosario è una pura e semplice espressione retorica, se non mistificatoria e manipolatrice.
Nel Vangelo di Giovanni, alla domanda di Pilato «Che cos’è la verità?», Gesù non ha il tempo di rispondergli poiché il Governatore romano si allontana (Gv 18, 37-38). Nell’apocrifo Vangelo di Nicodemo (contemporaneo a quello di Giovanni), afferma invece con chiarezza: «tu vedi come coloro che posseggono la verità sono giudicati da coloro che sulla terra posseggono la potenza [leggasi: il potere]». Ovvero: il potere propaganda una verità che sovrasta quella di chiunque altro.
In altre occasioni abbiamo rilevato che, in base alla Costituzione vigente, Rosario non potrebbe ricoprire la carica di Vicepresidente della Repubblica: «Non possono essere candidati alla presidenza o alla vicepresidenza della Repubblica: a) I parenti entro il quarto grado di consanguineità e coloro che sono o sono stati parenti entro il secondo grado di affinità di chi esercita o ha esercitato in qualsiasi momento la presidenza della Repubblica del periodo in cui si tengono le elezioni per il periodo successivo» (art. 147). Essendo la moglie del Presidente della Repubblica (primo grado di affinità), il ruolo politico-istituzionale che attualmente ricopre è pertanto fasullo, in quanto anticostituzionale. Di conseguenza, tutte le sue azioni e le sue parole sono nulle e false ab origine, come una moneta da un euro e mezzo.
Non è la prima volta nella storia che si realizza una palese violazione della Carta fondamentale di uno Stato: già nel 1926 il fascismo istituì i Tribunali Speciali per processare gli oppositori e comminare loro decenni di carcerazione o di confino, nonostante che il vigente Statuto albertino del marzo 1848 affermasse esplicitamente che «Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie» (art. 71).
Un particolare non secondario e da tenere in considerazione è che, non a caso, questi suoi sproloqui trasmessi in TV sono solo in audio, tramite telefono. In tal modo evita accuratamente di poter essere smentita dalla sua stessa Comunicazione Non Verbale (CNV), ossia dal linguaggio del corpo e soprattutto dalle espressioni e microespressioni facciali che non possono essere controllate e, assai spesso, contraddicono le parole pronunciate. Secondo gli esperti, proprio queste incontrollabili espressioni facciali sono uno dei principali e più affidabili indizi non verbali nella comunicazione.
Essendo involontaria e non razionalmente controllabile, la CNV indica le emozioni vere del parlante e, secondo studi recenti, costituisce il 93% del messaggio. Ovvero è la parte più significativa del discorso: quello che si comunica non verbalmente è assai più di ciò che si dice a parole. Essendo soltanto vocali, i messaggi di Rosario trasmettono le parole che pronuncia (con la relativa intonazione), ovvero il 7% della comunicazione. Estremizzando, possiamo affermare senza tema di smentita che la sua “verità” equivale alla suddetta percentuale, come massimo.
Riteniamo improbabile che la “poetessa” Rosario sia cosciente di questo limite, ma ciò che più conta per lei è la ripetizione martellante degli stessi concetti, espressi in varie forme senza mai mutare la sostanza. Questa ossessiva reiterazione, tipica della pubblicità commerciale per vendere un prodotto, è a tutti gli effetti identificabile nel meccanismo noto come «lavaggio del cervello», diretto a indebolire sempre più il pensiero e il ragionamento autonomo degli ascoltatori, manipolandoli e dirigendoli verso un ben specifico conformismo, consistente nell’accettazione passiva dello statu quo. Il meccanismo principale per ottenere questo risultato è fare leva sulle originarie motivazioni politiche e ideologiche già presenti negli ascoltatori, però fornendo loro meno informazioni possibili, per cui avranno poche o nessuna alternativa tra cui scegliere.
Parecchi anni fa, a proposito della propaganda, qualcuno scrisse che «i suoi effetti devono sempre essere rivolti al sentimento, e solo limitatamente alla cosiddetta ragione. […] La ricettività della grande massa è molto limitata, la sua intelligenza mediocre e grande la sua smemoratezza. Da ciò ne segue che una propaganda efficace deve limitarsi a pochissimi punti, ma questi deve poi ribatterli continuamente, finché anche i più tapini siano capaci di raffigurarsi, mediante quelle parole implacabilmente ripetute, i concetti che si voleva restassero loro impressi». Quel qualcuno era un certo Adolf Hitler, nelle pagine del suo Mein Kampf e la storia ci insegna che il meccanismo funziona alla perfezione.
Lo stretto rapporto tra il linguaggio e il totalitarismo non è una novità. Lasciando da parte Orwell e il suo distopico 1984 con l’agghiacciante Neolingua imposta dal Grande Fratello per annientare il pensiero autonomo, basta riflettere sulle parole che alcuni secoli prima Shakespeare fa pronunciare a Marco Antonio nell’orazione funebre per Giulio Cesare, con l’ossessiva ripetizione che «Bruto è un uomo d’onore», sempre seguito da un «ma», da un «però» o da un «tuttavia», fino a convincere il popolo romano dell’esatto contrario. Il discorso procede in una voluta ambiguità della parola (antifrasi), fino all’invito finale a ribellarsi contro il più autorevole dei congiurati: «Perché se io fossi Bruto e Bruto Antonio, qui ora ci sarebbe un Antonio che squasserebbe i vostri spiriti e che ad ognuna delle ferite di Cesare donerebbe una lingua così eloquente da spingere fin le pietre di Roma a sollevarsi, a rivoltarsi».
Rosario Antonio, dal canto suo, prosegue nel proprio sproloquio del 3 novembre: «Imagínense, los criminales de los tranques ahora son “ángeles”, dicen ellos, dicho por ellos mismos… Nadie les cree, nadie les cree nada… Gracias a Dios!». [Immaginate, i criminali delle barricate (del 2018) ora sono “angeli”, dicono loro, con le loro stesse parole… Nessuno ci crede, nessuno crede loro niente… Grazie a Dio!]
Ecco finalmente il soggetto a lungo sottinteso, al quale sono rivolti i suoi strali! Meglio tardi che mai!
Ciò non toglie che la funzione comunicativa del discorso sia quanto meno distante da un messaggio chiaro e immediatamente percepibile. Invece di comunicare semplicemente che «Qualcuno sta bussando alla porta», Rosario fa prima la storia della piantina collocata nel terreno, per poi passare al taglio dell’albero cresciuto e alla lavorazione del legno, alla messa in opera dell’oggetto ecc. Soltanto alla fine compare il «qualcuno» che compie l’azione di bussare alla porta. Senza però specificare chi sia questo «qualcuno». È assai probabile che, inconsciamente o automaticamente, abbia utilizzato un meccanismo tipico della mentalità nicaraguense: quello del «si sa».
A questo proposito, per chiarire al lettore a cosa ci stiamo riferendo, ricordiamo un episodio di tantissimi anni fa. Dovendo recarci per la prima volta da Managua a Matagalpa, arrivati in quel di Sébaco e oltrepassato il ponte sul fiume (il Río Nuevo), non sapevamo se andare dritti o svoltare a sinistra. Nessuna indicazione era presente, fermammo il veicolo per domandare a una persona quale fosse la strada giusta: «Se sabe», si sa, fu la risposta. Certo, i nicaraguensi lo sapevano, ma uno straniero che per la prima volta in vita sua percorreva quella strada? Oggi sappiamo perfettamente che per andare a Matagalpa occorre proseguire, mentre per recarsi a Estelí si deve svoltare a sinistra. Soltanto dopo il terribile uragano Mitch del 1998 e la ricostruzione del ponte hanno provveduto a posizionare la segnaletica.
Che cosa fareste se vi trovaste a Managua per la prima volta nella vostra vita, dove i nomi delle strade non esistono (meglio: non sono utilizzati), e vi dessero un’indicazione che parte da un punto di riferimento che è scomparso da decenni (tipo: «de donde fue la Pepsi…», «de donde fue el restaurante Terraza», «de donde fue el Cine Dorado…»)? Per non parlare di «de donde fue la Numero Uno», ovvero l’abitazione del presidente liberale José Santos Zelaya, rasa al suolo dal terremoto del 1931.
Per rapportarli al nostro bel Paese, a tutti gli effetti i discorsi di Rosario sono omologhi alle indicazioni stradali di Ravenna. Qualunque forestiero che vi si sia recato in auto conosce bene la difficoltà di orientarsi per uscire dalla città romagnola. In pratica esistono soltanto due segnalazioni collocate a ogni bivio: «Tutte le direzioni» e «Altre direzioni». Con una logica parificabile a quella di Rosario: se a sinistra si va in tutte le direzioni, quali sarebbero le altre? In buona sostanza questa segnaletica ravennate equivale a «Di qua» e «Di là». Oggi esiste il navigatore satellitare che può aiutarvi, ma fino a qualche anno fa avreste girato in tondo per ore, prima di riuscire a imboccare del tutto casualmente la strada giusta e con il serbatoio ormai agli sgoccioli.
A questo punto, la maestra elementare di cui sopra ci avrebbe redarguito per essere andati fuori tema. Forse, però, non è proprio così: basta leggere altre frasi di Rosario che, sempre in modo generico ha affermato: «Cuándo a través de la Historia hemos conocido gente con esos apellidos que se volvieron infames en la Historia, queriendo servir o amar al Prójimo…? Bueno, todavía no lo hemos visto». Quali sarebbero questi cognomi infami? Si sa! «Quando nel corso della Storia abbiamo incontrato persone con quei cognomi diventati famigerati nella Storia, desiderose di servire o amare il Prossimo…? Beh, non li abbiamo ancora visti». Uno di questi cognomi è senza dubbio quello della famiglia oligarchica dei Chamorro… se sabe.
Mentendo sapendo di mentire, Rosario omette dalla sua stessa biografia il fatto di essere stata dal 1967 al 1977 la segretaria di Pedro Joaquín Chamorro Cardenal (PJCh), proprietario e direttore de La Prensa. Assassinato dalla dittatura somozista il 10 gennaio 1978. Il 4 novembre 1980 con il decreto n. 566 fu dichiarato «Martire delle libertà pubbliche» dalla Giunta di Governo per la Ricostruzione Nazionale coordinata da Daniel Ortega, della quale facevano parte anche Sergio Ramírez Mercado e Moisés Hassán Morales (oggi privati della loro nazionalità ed esuli). Nel 2012, con la Legge n. 813, all’art. 3 il presidente della Repubblica (ancora Daniel) stabiliva che «Le istituzioni pubbliche e private devono rispettare il nome del dottor Pedro Joaquín Chamorro». Fino a prova contraria, la vicepresidenza della Repubblica è una di queste istituzioni, ma oggi Rosario preferisce catalogare PJCh tra i famigerati, pur senza nominarlo poiché… se sabe.
Così si scrive la Storia e se sabe che nell’attuale Nicaragua le leggi sono fatte per essere violate dallo stesso potere che le promulga.