Nicaragua: così è se vi pare e…

se non vi pare è così lo stesso

di Bái Qiú’ēn

Nonostante l’atavica mancanza di puntualità tipica dei latinoamericani (per i profani: mañana non significa «domani», bensì «non oggi»), martedì 30 aprile 2024 è puntualmente iniziato in tutto il Nicaragua il IX Censimento nazionale degli abitanti e V delle abitazioni. Fino al 30 maggio quasi novemila “inchiestatori” (8.729) con i loro tablet passeranno di casa in casa, visitando le famiglie in tutte le località grandi e piccole del Paese fino alle casette sperdute nella giungla della Costa Atlantica. Organizzati dal governativo Instituto Nicaragüense de Información de Desarrollo (Inide), gli addetti sono riconoscibili dal berretto e dal giubbetto con il logo di Inide, oltre che dal badge identificativo. A questi vanno aggiunti 160 informatici e 130 tecnici, per un totale di 9.019 lavoratori temporanei.

Il censimento precedente si svolse nel maggio-giugno 2005, quasi vent’anni fa, durante il governo di Enrique Churruco Bolaños. Stando alle motivazioni governative, nel 2016 non poteva svolgersi a causa delle elezioni, poi è arrivata la protesta popolare spontanea del 2018, seguita a ruota dal Covid-19 e dagli uragani Eta e Iota. Per la cronaca, fino al 2023 mai è stato annunciato lo svolgimento del censimento, per poi rinviarlo per causa di forza maggiore: «Questo aggiornamento, che non abbiamo effettuato dal 2005, avverrà l’anno prossimo» (Rosario Murillo, 4 luglio 2023).

Peccato che nel 2015 non accadde nulla di particolare (se non alcune manifestazioni dei contadini contro la realizzazione del Canale interoceanico) e poteva benissimo essere organizzato nei tempi previsti dalla legislazione (ogni dieci anni). Nulla impediva di realizzarlo, se non la volontà politica di rimandarlo il più possibile per ragioni non logicamente comprensibili. L’unica giustificazione, se così la si può definire, è nell’abitudine ormai incancrenita dell’orteguismo di formulare buoni propositi senza conoscere le reali condizioni del Paese e senza sapere se possano avere o meno un impatto positivo nella società. Le famose buone intenzioni delle quali è lastricata la strada per l’Inferno.

Del resto, la popolazione (o buona parte di essa) si è ormai abituata a considerare le promesse presidenziali e governative come semplici dichiarazioni d’intenti o addirittura come cuentos chinos*, più che effettive possibilità di realizzazione. E vede lo svolgimento del censimento con una notevole sfiducia rispetto all’uso che si farà delle informazioni raccolte. Nello sproloquio quotidiano dello stesso 30 aprile, Rosario Murillo ha insistito a lungo, con un inusuale tono dolce e soave, nell’invito rivolto alla popolazione di aprire le porte e rispondere alle domande, poiché il censimento è stato organizzato «con l’intenzione di continuare a cambiare il Nicaragua in bene, in meglio, per continuare a cambiare la vita, in bene, in meglio». Si sono sprecati gli inviti sui social: «Abramos las puertas al Censo Nacional de Población y de Vivienda. Facilita tu información. En Nicaragua todos contamos».

Dal 2007 a oggi le condizioni di vita delle masse popolari non sono sostanzialmente mutate: si continua a vivere alla giornata cercando di mettere in tavola los tres tiempos de comida, con il fatalismo atavico che pesa come un macigno sulla mentalità comune. Qualcuno tra i lettori forse ricorderà il film di Robert Redford Milagro (1988) e le parole dell’anziano che si alza al mattino e, davanti allo specchio, ringrazia Dio di avergli concesso un’altra giornata di vita.

Dal 2007 a oggi, grazie alla Neolingua, il neoliberismo sfrenato del 1990-2006 ha assunto la denominazione di «socialismo».

Nel 2015 la priorità dell’orteguismo non era conoscere la realtà del Paese per agire politicamente con cognizione di causa, quanto piuttosto verificare fino a che punto la base sandinista fosse “malleabile”. Dopo avere imposto nel 2007 come vicepresidente un fondatore della contra (Jaime René Morales Carazo) con la scusa della pacificazione e dell’unità nazionale, i militanti avrebbero accettato la poco apprezzata Rosario Murillo in quella carica?

Il Nicaragua, come tutti i Paesi del continente americano, è una repubblica presidenziale e l’esperienza storica dimostra che i pericoli maggiori per un sistema democratico (quale è quello “disegnato” sulla carta dalla Costituzione del Nicaragua) risiedono maggiormente nella durata del periodo presidenziale più che nell’ampiezza dei poteri e nel controllo degli apparati statali con la connessa eliminazione della divisione dei poteri. Sono sufficienti due esempi: il messicano Porfirio Díaz riuscì a dare una parvenza di costituzionalità alla propria presidenza dal 1878 al 1911 e l’argentino Juan Domingo Perón nel 1946 introdusse nella Costituzione il principio della rieleggibilità infinita. Non a caso, dopo il lungo periodo delle dittature, in tutte o quasi le Costituzioni fu posto il limite di un solo mandato presidenziale: anche il miglior presidente possibile, sapendo di poter ricoprire in eterno la carica, si assuefà al ruolo e pensa al Paese che governa in base a ciò che gli dicono funzionari, burocrati, deputati e ministri che temono di perdere le sedie che occupano. Negli ultimi mesi del 2009 cadde il limite previsto nella Costituzione del Nicaragua e, nella sostanza, attualmente per Daniel è in vigore la possibilità della rielezione infinita, con la moglie come successore.

Nell’ormai lontano 1966 Jacques Lambert, docente alla Sorbona, pubblicò lo studio assai approfondito e documentato Amérique latine (tradotto in italiano lo stesso anno con il titolo L’America latina, Editori Riuniti). Nella sua analisi sulla fragilità degli istituti democratici e sulla cronica instabilità politica del subcontinente americano, scrisse fra l’altro: «Capo carismatico al quale tutti gli altri hanno accettato di sottomettersi soltanto per rovesciare il governo, il caudillo è dunque assai di rado onnipotente nelle prime fasi del suo potere nazionale. Il suo regno è infatti travagliato da intrighi sino a quando coloro che l’hanno aiutato a impadronirsi del potere siano stati eliminati, oppure si sono rassegnati alla sottomissione, paghi della loro parte di bottino» (p. 230). Per quanto siano trascorsi quasi sessant’anni, questo meccanismo non è molto mutato né, tanto meno, decaduto dall’uso.

Daniel nel 2015 non aveva però a che fare soltanto con i funzionari pubblici, i deputati e i ministri, bensì con una base che non gradiva Rosario né punto né poco. Era perciò necessario un buon periodo di tempo per convincere i militanti sandinisti a votare la coppia nelle elezioni del 2016 per avviare se non proprio la successione dinastica, quanto meno un possibile «continuismo». E al diavolo il censimento!

La mancanza di una conoscenza della realtà effettiva, sostituita da una “immagine” del tutto teorica del Paese, ha provocato inevitabilmente se non il fallimento, quanto meno un parziale insuccesso di molti progetti governativi miranti a mitigare le tragiche condizioni di vita di buona parte della popolazione. Per fare un esempio tra i tanti possibili: il programma «Usura cero» lanciato già nel 2007, in quasi vent’anni non ha estirpato la piaga dell’usura e nemmeno ha contribuito a diminuirla. Nel 1994 fu approvata una legge (la n. 176) che richiedeva ai prestatori privati la registrazione in un apposito elenco e il prestito doveva essere registrato con un regolare atto notarile. Il 16 aprile 2011 con la Legge n. 374 fu sostanzialmente confermata quella legge approvata dal governo di Violeta Chamorro. Nella sostanza, il prestito tra privati è regolamentato pur essendo l’usura considerata un reato dal vigente Codice Penale. Chi ha necessità di cento dollari non può certo sborsarne altrettanti (o più) per pagare un notaio e chiedere un ulteriore prestito per l’atto e le pratiche burocratiche: sarebbe il classico serpente che si morde la coda. Per cui si rivolge all’usuraio che consegna pronta cassa i 100 dollari, ma con un interesse assai più elevato rispetto a quello praticato dalle banche, che non prestano se non dietro garanzia.

Tornando al censimento, il responsabile delle Pubbliche relazioni di Inide, Carlos Martínez, nel corso di un’intervista televisiva ha affermato che «Queste informazioni che l’Inide raccoglierà sono importanti per i progetti sociali, per prendere decisioni e anche per le aziende private, e a livello locale, nei territori, nelle città, queste informazioni sono importanti» (15 aprile 2024). Soltanto dopo diciannove anni ci si è resi conto che è necessario conoscere la realtà del Paese e non soltanto immaginarla. Meglio tardi che mai!

L’abitudine orteguista di non preoccuparsi se le condizioni del Paese consentono la concreta realizzazione dei “buoni propositi” di progresso sociale ed economico, conduce inevitabilmente al malcontento e persino alle proteste più o meno partecipate, fino a quella strabordante del 2018.

Sei anni fa era materialmente possibile svolgere il censimento, proprio a causa delle proteste popolari che proseguirono da metà aprile a metà luglio. Affrontate militarmente, poiché, come afferma ancora Lambert, «la natura stessa del loro potere costringe inevitabilmente i caudillos a ricorrere alla violenza più per mantenersi al potere che per conquistarlo: di conseguenza anche i migliori tendono a trasformarsi in tiranni, col tempo» (p. 231).

L’organizzazione del censimento, ammesso e non concesso che riesca davvero a “fotografare” la realtà del Paese, potrebbe indurre finalmente l’orteguismo a rimettere i piedi sulla Terra e affrontare con cognizione di causa le problematiche effettive, cercando soluzioni concretizzabili al di là della propaganda.

Il “questionario” è composto da alcune centinaia di domande (38 pagine) e Daniel Ortega lo ha definito di «interesse nazionale» ma alcune informazioni richieste fanno riflettere. Soprattutto quelle inerenti alle entrate familiari e alle condizioni dell’abitazione.

Per quanto riguarda i componenti del nucleo familiare, oltre ai classici sesso, età, stato civile e livello di scolarizzazione, le informazioni richieste sono spesso assurde. Defunti nel nucleo familiare (come se l’anagrafe non esistesse). Occupazione e luogo di lavoro (come se l’INSS non esistesse, quanto meno per i lavori formali). Si chiede persino quali siano le entrate economiche e se qualche componente viva attualmente all’estero per lavoro o per studio. In caso affermativo, oltre all’attività svolta dal familiare all’estero si richiede l’informazione aggiuntiva se l’emigrato invia denaro per il sostegno della famiglia. Ufficialmente questo censimento «tiene el objetivo de conocer cómo viven los ciudadanos, y de esta forma tomar decisiones encaminadas a la lucha contra la pobreza». Se nel nucleo familiare esiste un emigrato che invia denaro dall’estero, come sarà valutato il reddito di coloro che sono restati in Nicaragua?

Poiché in tutto il mondo i censimenti servono per “fotografare” la situazione in uno specifico giorno, che qualche componente della famiglia sia emigrato e per quale motivo (e se contribuisca economicamente alla sua sopravvivenza) sarebbe del tutto irrilevante, a meno che il dato non serva per altri scopi.

Nel 2005 i migranti stimati dall’ONU erano lo 0,64% della popolazione, ossia circa 35mila persone (5.483.000 abitanti). Alla fine del 2023 si calcola che un milione e mezzo di nicaraguensi viva all’estero (1.519.043, circa il 20% della popolazione stimata in 6.850.540 persone) e nel corso dello stesso 2023 le loro rimesse hanno raggiunto la ragguardevole cifra di US$ 4.633.320.000 (dato ufficiale del Banco Nacional). Anche senza attendere i risultati del censimento, è facile calcolare che il 60% dei nuclei familiari (oltre 850mila su 1 milione e 600mila) sopravvive proprio grazie alle rimesse dei migranti: spesso equivale al 70% delle entrate familiari. Poiché il Banco Nacional conosce perfettamente, fino all’ultimo centesimo, quanto denaro entra in Nicaragua, chi lo invia e chi lo riceve, questo semplice conteggio dovrebbe evitare la domanda prevista nel censimento. A cosa serve chiedere informazioni che si posseggono già?

È richiesto pure di indicare se la famiglia ha beneficiato di qualche progetto statale di sostegno. Neppure ha molto senso chiedere questo dato, poiché dovrebbe già essere in possesso delle autorità, ammesso che sia stato registrato da qualche annoiato funzionario e non si sia disperso nei meandri di una burocrazia ottusa e farraginosa.

Poiché il censimento dovrebbe servire per pianificare lo sviluppo del Paese, vale la pena ripetere la domanda: a cosa serve richiedere informazioni già in possesso delle istituzioni governative?

Per ciò che concerne l’abitazione, oltre alla vetustà e ad altre caratteristiche, si chiede in quale modo ci si rifornisce di acqua (rete pubblica, pozzo, ruscello o altro [pioggia?]), quale tipo di energia si utilizza (rete pubblica, generatore, pannello solare privato o altro [accensione di resinosi rami di ocote?]). Si tratta di dati ricavabili semplicemente dagli elenchi dei clienti, poiché entrambi i fornitori sono pubblici e, stando alla propaganda, oltre il 99% della popolazione è connesso alla rete elettrica e circa la stessa percentuale all’acquedotto.

Domande che indicano, per chi non abbia il paraocchi, che sia l’acquedotto sia la rete elettrica non raggiungono l’intera popolazione, al di là della propaganda. Che l’ente pubblico incaricato di portare il liquido vitale nelle abitazioni (Enacal) faccia acqua da tutte le parti, è risaputo (tanto che non è raro vedere autobotti in vari barrios). Che l’energia elettrica (DisNorte-DisSur) non raggiunga tutte le abitazioni, altrettanto. Per non parlare dei frequenti apagones e delle zone (persino di Managua) in cui l’acqua arriva solo alla sera e se ne va al mattino, 7 giorni su 7.

Come inevitabile corollario, la mancanza di acqua obbliga le famiglie a immagazzinare alla meno peggio ciò che possono, creando innumerevoli punti nei quali le zanzare possono deporre le loro uova. Perché poi meravigliarsi del costante incremento dei casi di malaria, dengue, zica e chikungunya? Nessuno ha mai calcolato il costo sanitario e sociale di queste epidemie, assai superiore alla sistemazione dell’acquedotto (primo scalino della prevenzione).

Unificando le persone, l’attività economica e le abitazioni si chiede pure se nella casa si svolge un’attività economica. Domanda del tutto inutile, poiché nella pratica tutti vendono qualcosa: giaccio, nacatamales, frijoles cocidos, sigarette, gaseosas (leggasi: Coca Cola) ecc. Domanda inutile in un Paese normale ma in Nicaragua servirà per affermare che la Popolazione economicamente attiva è ai massimi storici e non ci sono quasi disoccupati: in fondo, persino un limosnero riesce spesso a sopravvivere in qualche modo con le elemosine, per cui è possibile considerarlo economicamente attivo. Oltre, naturalmente a essere diminuita la povertà, grazie alle rimesse dei migranti (che corrispondono a circa un terzo del Prodotto interno lordo).

Ci sarebbe da ridere su un’altra richiesta, se non fosse che la dice lunga sulla realtà nella quale vive concretamente la popolazione: in famiglia ci sono figli piccoli non registrati all’anagrafe? Come in tutti i Paesi nei quali la mortalità infantile è assai elevata (soprattutto in Africa e in Asia), spesso e volentieri anche in Nicaragua non si registrano i figli fino a una certa età (in genere fino al momento in cui iniziano il percorso scolastico). Pur ammettendo che i numeri ufficiali corrispondano alla realtà, nel 1993 era di 58,9 (tra gli 0 e i 5 anni di vita) ogni mille nati vivi, nel 2012 calò a 22,7 e nel 2018 a 12,7. Se, però, molti genitori non registrano le nascite e buona parte delle donne continuano a partorire nelle loro abitazioni, quale attendibilità possono avere questi dati ufficiali?

Inide ha ripetuto fino alla noia che i dati raccolti servono «esclusivamente per fini statistici» e «ci impegniamo a non trasferire a nessuno questi dati», ma nella popolazione sono assai diffusi i dubbi sul loro utilizzo effettivo. Poiché, alle volte, pure in Nicaragua 1 + 1 fa 2, i nuclei familiari che hanno un componente all’estero saranno catalogati automaticamente tra gli oppositori? Il meccanismo del «chi non è con me, è contro di me» regna sovrano nell’oteguismo. Se così fosse, l’opposizione corrisponderebbe al 60% delle famiglie, pure se l’orteguismo ottiene percentuali quasi bulgare alle elezioni.

Nel 2021, tre anni dopo le proteste, Inide calcolava 6.610.226 abitanti, dei quali 4.478.334 avevano diritto al voto. Secondo i dati ufficiali, soltanto 2.860.559 di questi si erano recati alle urne (65,23%). Già da questo dato ufficiale si poteva ricavare che 1.617.775 nicaraguensi (34,77%) avevano ritenuto inutile votare, per le ragioni più varie (non ultima quella che si sapevano già i risultati). Un terzo della popolazione ha preferito disertare le urne, indice come minimo di disaffezione.

Nota di colore: per realizzare il censimento del 2005 furono necessarie 12mila persone, oggi sono sufficienti 9mila. Probabilmente si ipotizza una maggiore rapidità nella compilazione del “questionario” grazie ai moderni tablet, invece dei vetusti carta e penna. Inide calcola infatti una media di mezzora per la compilazione completa di un questionario. Ogni “inchiestatore” dovrà recarsi in circa 800 abitazioni (1.600mila diviso 2.000), dedicando a ciascuna circa mezzora. Se la matematica non è un’opinione, significa che, lavorando otto ore al giorno, ci vorranno almeno 50 giorni per completare la raccolta dei dati. Il che significa che è materialmente impossibile realizzarlo entro il mese di maggio, a meno che non lavorino sedici ore al giorno, senza soste neppure per il pranzo. Considerando che di certo dovranno tornare in alcune abitazioni più di una volta, nel caso in cui siano momentaneamente disabitate, gli “inchiestatori” saranno impegnati anche tutto il mese di giugno.

In teoria, essendo il procedimento completamente informatizzato, pure i risultati complessivi dovrebbero essere elaborati in breve tempo.

Come ulteriore nota di colore occorre aggiungere che, per la prima volta, gli “inchiestatori” sono accompagnati (per quanto a una certa distanza) da drappelli di poliziotti e spesso pure dal segretario locale del FSLN (ortego-chayista). Il che non è di certo un buon viatico affinché i cittadini forniscano informazioni veritiere ed esaustive. Ufficialmente le forze dell’ordine e i rappresentanti politici della coppia regnante dovrebbero servire per convincere i restii ad aprire la porta di casa e a rispondere alle domande.

Che dire, infine, del fatto che non si sa con quali fondi si realizza questo censimento, mentre di solito era finanziato dall’ONU (quello del 2005 ricevette un notevole contributo economico dal Giappone). Il bello (o il brutto) è che non si conoscono le cifre complessive se non il costo per i salari dei temporanei “inchiestatori” (oltre ai tecnici e agli informatici): 92,9 milioni di córdobas (quasi 2 milioni e 600mila dollari). Non risulta alcuno stanziamento specifico nella legge di bilancio e neppure nei conti di Inide. A questa cifra si dovrebbe aggiungere il costo dei tablet, dei berretti e giacchetti con il logo di Inide, dei trasporti, ecc. Facendo un conto a spanne e stando bassi: 200 dollari per un tablet, 5 dollari per un berretto, 60 dollari per un giubbetto, 5 dollari per il badge corredato di foto: totale almeno 270 dollari ogni “inchiestatore”.

Poiché nella legge di bilancio non è stata prevista alcuna voce di spesa relativa al censimento, pare logico dedurre che la decisione di svolgerlo effettivamente sia successiva alla sua approvazione. Ossia tra gennaio e marzo, forse rendendosi conto che non era possibile rimandarlo ulteriormente, soprattutto dopo averlo annunciato nel luglio dell’anno precedente.

La domanda che sorge spontanea è: da dove uscirà il denaro necessario per portarlo a compimento?

C’è chi è pronto a mettere la mano sul fuoco, come Muzio Scevola, che i risultati ufficiali confermeranno i successi eclatanti del governo orteguista, nascondendo sotto il classico tappeto la realtà effettiva.

Alcune malelingue sospettano invece che mai sarà portato a conclusione, non per mancanza o esaurimento dei fondi (che però potrà essere la scusa ufficiale), quanto piuttosto per i risultati negativi che offrirà la “fotografia”. Chissà?

In ogni caso, poiché le informazioni saranno raccolte in modo informatico, i tempi per le elaborazioni statistiche non dovrebbero essere eccessivamente lunghi (qualche settimana o pochi mesi al massimo). Chi vivrà, vedrà.

* Con la locuzione cuento chino si indica che un racconto o una notizia è pura invenzione, falsa e inventata, per cui non è possibile crederla vera né verosimile.

Redazione
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