Nicaragua: l’antifemminismo di Rosario Murillo

A pochi giorni dall’8 marzo una riflessione sul femminismo nel paese centroamericano e sulle sue distorsioni e strumentalizzazioni ad opera della coppia presidenziale.

di Bái Qiú’ēn

 

Olorosa a tabaco y a ron / en un cuarto de una cuartería / llora la María, (ayayay) su melancolía / y en la rockonola se oye una canción / de la Sonora. (Luis Enrique Mejía Godoy, Pobre la María, 1993)

«Il femminismo voleva essere una proposta di Giustizia. La distorsione del femminismo, la manipolazione delle sue bandiere, la deformazione dei suoi contenuti, la disposizione dei suoi postulati a Causa del Male nel mondo, è, indiscutibilmente, un atto di tradimento, infido e crudele, dei veri interessi personali. e i gruppi femminili, sostituiti da ambizioni meschine e intenzioni politiche perverse». Questa “analisi” socio-politica appartiene a Rosario Murillo che in una sorta di “manifesto” intitolato La conexión feminista y las guerras de baja intensidad aveva aggiunto che il femminismo è un movimento di destra, poiché è «sessismo politicizzato, servito sui piatti d’argento dall’Impero. Perché è odio. Di sesso e classe. Perché è odio verso la vita. Perché è anche anticultura, distruzione personale e familiare. Perché è una cultura di annientamento» (pubblicato il 28 agosto 2008 nella pagina web ufficiale della Presidenza della Repubblica del Nicaragua).

Rosario attaccò frontalmente il femminismo nicaraguense, accusando le femministe di essere conservatrici e “false”. Neppure il più retrogrado patriarca oserebbe pronunciare parole come queste né avanzare l’accusa di praticare «una guerra di bassa intensità, prevalentemente mediatica». È la stessa persona che sproloquia ogni giorno di socialismo, cristianesimo e solidarietà. Tre parole che con il Nicaragua orteguista nulla hanno a che vedere: sono semplicemente una modernizzazione della neolingua orwelliana, utilizzate per rendere impossibile ogni altra forma di pensiero se non quella ufficiale.

Il contesto nel quale Rosario ha espresso queste idee machistas è quello immediatamente successivo alla penalizzazione dell’aborto anche terapeutico, decisa dall’orteguismo in accordo con la locale destra cavernicola e con la gerarchia ecclesiastica (non proprio progressista). Da allora a oggi si è verificato un elevato numero di decessi di donne povere con una gravidanza a rischio, per non aver potuto interromperla all’interno del servizio sanitario pubblico. Già in precedenza Rosario aveva affermato che la cultura locale (sottintendendo: machista) non consente la pratica dell’aborto o del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

È una conferma chiara e lampante del doppio discorso e della doppia morale che guidano le azioni dell’orteguismo. Con la sua evidente misoginia Rosario parla costantemente d’amore, ma ogni sua parola denota odio e risentimento.

Negli anni Ottanta, grazie alla solidarietà internazionale, fece il giro del mondo l’immagine fotografica della ventenne sorridente (Blanca del Socorro López Hernández) che allatta al seno un bebè e a tracolla porta un AK47, nella quale si fondono tenerezza, determinazione a lottare e speranza per il futuro. Un’immagine racconta sempre una storia e, spesso, è la Storia. Da quel 1984, da quando Orlando Valenzuela la scattò a Waswalito, quanta acqua è però passata sotto i ponti…

I primi “vagiti” femministi in Nicaragua furono emessi alla fine del XIX secolo, assai timidamente e collegati al suffragismo. Era un’epoca nella quale né i liberali né i conservatori erano disposti a riconoscerne il ruolo della donna oltre la sfera privata. Soltanto gli anni Cinquanta del XX secolo segneranno una trasformazione importante del movimento donne, le quali inizieranno ad organizzarsi all’interno dello Stato somozista quando nel 1955 si formerà l’Ala femminile del Partito Liberale Nazionalista (PLN) e nel 1957 verrà finalmente concesso il voto alle donne.

Da quel periodo e fino agli anni Settanta era infatti una donna l’organizzatrice delle manifestazioni e delle inaugurazioni di opere pubbliche, ma dirigeva pure gli assalti contro i contadini che chiedevano terra e giustizia, contro le assemblee studentesche e le attività sindacali. Essendo alla testa dei cosiddetti Fronti Popolari Somozisti, era infatti l’organizzatrice degli assalti e della distruzione delle tipografie dei giornali e delle emittenti radiofoniche dell’opposizione. Soprannominata La Colacha (traducibile in modo approssimato come: La Diavolessa), all’anagrafe risultava registrata con le generalità Nicolasa Sevilla Montes de Solórzano: in origine svolgeva il mestiere di prostituta ed era la tenutaria di uno dei più eleganti bordelli di Managua. Essendo di umili origini e semianalfabeta, all’interno del somozismo rappresentava le classi popolari (secondo la visione della dittatura).

Poco a poco la storia dell’incipiente femminismo fu riscritta dal somozismo grazie all’attività dell’Ala Liberal Femenina, operante in tutto il Paese, che valorizzava essenzialmente il ruolo materno e casalingo della donna, pur avviandone l’inserimento in attività lavorative.

Nata in una famiglia povera, La Colacha era illetterata, volgare e aggressiva, non aveva alcuna carica ufficiale nel Governo, ma era un ottimo cane da guardia utilizzato per diffamare, bullizzare e attaccare chiunque fosse in odore di antisomozismo. Fu un eccellente strumento per provocare disordini sociali e diffondere paura soprattutto nei quartieri poveri della capitale. Per la sua partecipazione a interrogatori e torture di militanti sandinisti, dopo il trionfo della Rivoluzione Popolare fu incarcerata, ma ben presto fu liberata ed espatriò in Venezuela, dove morì in data imprecisata.

Dal canto suo, Rosario è nata in una famiglia benestante e ha avuto la possibilità di studiare in scuole svizzere e britanniche, ma quanto all’uso della diffamazione e degli epiteti volgari nei confronti degli oppositori non è da meno: «puchitos, puchos, vandálicos, terroristas, minúsculos, vampiros, chingastes, comejenes, bacterias e plagas» (e svariati altri, spesso intraducibili in italiano). Un’altra diversità rispetto alla Colacha è che occupa una carica apicale nelle istituzioni, ma pure lei gradirebbe che le donne fossero e restassero gli angeli del focolare e si limitassero a proseguire la battaglia contro la polvere.

Sulla carta (ovvero in base alla legislazione) esiste la parità di genere in tutti i settori, ma la realtà che non si vuole vedere è che il Nicaragua negli ultimi anni (secondo l’OMS) è al primo posto nel continente ispanoamericano in quanto a gravidanze nelle adolescenti, causate sempre più di frequente dalle violenze sessuali. Oltre a ciò, sono in costante crescita i femminicidi e le brutalità domestiche (dovute spesso alla piaga dell’alcoolismo, mescolata all’atavico machismo).

Quando venne approvata la Legge n. 779 nel 2012 il testo definiva come femminicida chiunque «uccide una donna, sia nella sfera pubblica sia in quella privata». Dopo ben tre “riforme” negli anni successivi, oggi è riconosciuto come femminicidio soltanto quello che avviene all’interno di una coppia, ovvero di un nucleo familiare. Variazione che consente di considerare ufficialmente come femminicidi assai meno delitti di quelli che in realtà avvengono e consente all’orwelliano Ministero della Verità di mostrare al mondo dati statistici edulcorati.

Secondo le organizzazioni femministe nicaraguensi, nel 2023 si è verificata un’ottantina di femminicidi (nel 2022 furono una settantina). Non sono stati resi noti i dati ufficiali della polizia, ma il 2 ottobre 2017 nel suo quotidiano sproloquio Rosario parlò di 17 casi, mentre le organizzazioni femministe ne avevano già conteggiati 49. Da allora, evita accuratamente di dare i numeri.

Se però si ricercano i dati effettivi (sapendo dove trovarli), si può scoprire che, stando all’Istituto di Medicina Legale (dipendente dalla Corte Suprema), nel solo 2021 furono eseguite oltre 4mila perizie su donne vittime di violenza sessuale.

Dall’aprile 2018 all’ottobre del 2022 sono state dichiarate illegali le quasi duecento ONG legate al movimento femminista che da quasi trent’anni fornivano alle donne una formazione essenziale sulla prevenzione delle violenze (tra queste: Colectivo de Mujeres de Matagalpa, Fundación Xochiquetzal, Colectivo de Mujeres 8 de Marzo, Asociación de Mujeres Trabajadoras y Desempleadas María Elena Cuadra, Asociación Programa Regional Feminista La Corriente, Fundación para la Promoción y Desarrollo de las Mujeres y la Niñez Blanca Aráuz, Asociación para la producción de la mujer de Waslala, Colectivo de Mujeres Itzá, Grupo Venancia). Sono pure state chiuse le clínicas de las mujeres e i centri di accoglienza per le abusate. In questi ultimi anni, con la scusa dell’inesistente golpe blando del 2018 tutte le associazioni femministe sono state soppresse e criminalizzate, costringendole ad operare praticamente in clandestinità. La battaglia contro il femminismo lanciata da Rosario è strettamente legata alla questione della supposta violenza che Daniel aveva ripetutamente compiuto nei confronti della figliastra: tutte le organizzazioni femminili sostennero Zoilamérica nel 1998. L’unica donna che difese Daniel da quell’accusa infamante fu proprio Rosario (sua moglie dal 1995), potendo in tal modo ricattarlo per raggiungere la sua aspirazione suprema: ricoprire la carica di presidente della Repubblica.

Non è un caso che l’ultima volta in cui le donne riuscirono a manifestare pubblicamente e tranquillamente fu l’8 marzo 2018, un mese e mezzo prima dell’inizio delle proteste popolari. In seguito, tutte le manifestazioni di qualunque tipo furono impedite, eccettuato quelle ufficiali.

Al di là della facile propaganda sulla parità di genere, che significa sostanzialmente assegnare a uomini e donne in egual misura i vari posti di potere e che sarà certamente ribadita da Rosario nel suo sproloquio del prossimo 8 marzo, i dati dell’Instituto de Medicina Legal forniscono un’immagine ben diversa del Nicaragua attuale:

2020 (pag. 20): 4.712 violenze sessuali

2021 (pag. 20): 4.803 violenze sessuali

2022 (pag. 26): 5.042 violenze sessuali

I dati relativi all’anno 2023 non sono ancora disponibili. Fino al mese di luglio erano 3.709, ossia quasi 530 ogni mese e se questa media è proseguita nei mesi successivi si sarebbe abbondantemente superata la cifra totale di 6.000 violenze.

Negli stessi annuari compaiono pure i dati relativi alle violenze intrafamiliari, in costante aumento come quelle sessuali (in special modo quelle sui minori).

La costante crescita del numero delle violenze sessuali in Nicaragua è perfettamente in linea con il resto del sub-continente, dove ne avviene una ogni due ore. Anzi, nel Paese socialista, cristiano e solidale la media è di un’ora e mezza. Se si aggiungono i dati del 2018 (4.085) e del 2019 (4.567) si nota un incremento annuale di quasi un migliaio di violenze nel corso di un quinquennio (5.042).

Nell’ormai lontano 1981, due anni dopo la cacciata dell’ultimo Somoza, il Nicaragua aveva ratificato la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Risultato raggiunto per ciò che concerne i vari ruoli di potere, come detto, ma di certo la società nel suo complesso fornisce una fotografia assai diversa. Lo stesso dicasi per quanto attiene alle violenze omofobe: per quanto nel 2008 sia stato cancellato il reato di omosessualità intodotto negli anni del neoliberismo, le discriminazioni e le violenze sono in costante crescita.

Per “combattere” l’incremento delle violenze di genere nel 2022 il Governo ha pubblicato e distribuito l’opuscolo Mujeres y Derechos, nel quale il lettore è trattato come un bambino che sta imparando a fare i primi passi. Chiunque abbia frequentato negli anni Ottanta una Casa de las Mujeres nota senza fatica un regresso notevole sia nel linguaggio sia nel modo di affrontare la specificità del tema.

Nell’ultimo triennio si sono aperte varie Comisarías de la Mujer, quasi trecento posti di polizia che dovrebbero svolgere un’opera specifica di prevenzione, attenzione e contenimento del fenomeno delle violenze domestiche e dell’abuso sessuale. Dovrebbero, ma molte donne non sporgono denuncia (lo ha ammesso pubblicamente una delle dirigenti di questa istituzione: Vilma Rosa González Morales, responsabile delle Pubbliche Relazioni della Policía Nacional. Eppure, le denunce possono essere fatte anche sulla pagina web della stessa Policía Nacional (che all’estero non si apre).

Se le donne non denunciano, qualche problema ci dovrà pure essere. O no?

***

Il 25 novembre 2008, la polizia impedì a circa quattrocento attiviste di marciare a Managua durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Immediatamente fu organizzata una sorta di processione religiosa, con alla testa Rosario Murillo, che inneggiò al Governo e al Comandante Daniel. Nell’ottobre precedente, fu organizzata una retata negli uffici del Centro de Investigaciones de la Comunicación y del Movimiento Autónomo de Mujer, confiscando gli archivi e i computer.

Secondo uno studio dello stesso 2008 metà delle donne nel corso della loro vita erano state vittime di violenza fisica, psicologica o sessuale da parte del loro partner o ex partner. Questa realtà era stata fotografata e confermata in precedenza da altre indagini.

A Walpa Siksa, località caribeña nella zona di Prinzapolka immersa tra le paludi di mangrovie e la selva tropicale, fu violentata una ragazzina di dodici anni e, in base alla legislazione antiabortista vigente, fu obbligata a partorire. La nascita avvenne all’ospedale Materno-Infantile Bertha Calderón di Managua proprio alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2011 e la femminista rivoluzionaria Rosario Murillo dichiarò: «Es un milagro, es un signo de Dios». La ragazzina sottoalimentata, stando alle perizie mediche, aveva rischiato di morire a causa di preclampsia e di continue convulsioni, ma quel bebè era un miracolo, un segno di Dio che «derrama más bendiciones para Nicaragua», diffonde più benedizioni per il Nicaragua. Tanto per non farsi mancare nulla, il violentatore tuttora sconosciuto non fu neppure ricercato dalla polizia.

Sorge qualche dubbio che possa esservi stato un intervento divino nel fatto che uno stupratore ha realizzato il proprio scopo di imporre la maternità a una bambina. All’epoca, però, la Chiesa cattolica e le sette evangeliche erano alleate dell’orteguismo e tutto fa brodo per qualche voto in più.

In precedenza si ebbero altri quattro casi assai simili ma soltanto quello di Walpa Siksa fu utilizzato da Rosario per conquistare i voti dei conservatori retrogradi e machisti.

Dal 2007 al 2017 ben 16mila ragazzine furono violentate e costrette a partorire: un triste primato per coloro che continuano a dichiararsi rivoluzionari.

La stampa locale (ancora esistente) si occupò del caso e Rosario parlò di «circo mediatico».

Già da parecchi anni la Nueva Radio Ya, affine al Governo, organizza un concorso annuale nel quale è premiata la madre con il ventre più voluminoso («La madre panza»). In quello celebrato il 30 maggio 2017 una delle vincitrici fu una ragazzina incinta di soli 14 anni (Kathy de los Ángeles Méndez).

In base al Codice dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Legge n. 287 del 1998) ogni gravidanza di una minorenne deve essere considerata il prodotto di una violenza, per cui lo Stato aveva l’obbligo di investigare su questi due casi (non unici, ma paradigmatici). Eppure, ancora oggi il 40% delle gravidanze corrispondono a ragazze minorenni.

Altre decine di esempi si potrebbero ancora fare, oltre alla già ricordata faccenda della figliastra ripetutamente violentata da Daniel negli anni Ottanta (Zoilamérica Narváez Murillo), ma davvero c’è ancora qualcuno/a che si chiede il motivo per cui le donne nicaraguensi non denunciano alle istituzioni le violenze che subiscono?

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *